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venerdì, gennaio 05, 2007

primi esercizi (II)

Se il parlato costituisce un "passaporto" verso la conquista della vocalità libera da impedimenti e resistenze, ciò non toglie che uscendo dai limiti della gamma abituale del parlato, una certa ostilità la si incontri ugualmente, oltre che per i motivi già esposti, anche per un altro tipo di reazione istintiva, e cioè quella verso i pesi e le fatiche. Come ho già avuto modo di esporre, il diaframma, come tutti i muscoli del nostro corpo, ha una certa tolleranza al lavoro, dopodiché reagisce. La prima reazione di cui abbiamo parlato era dovuta a una permanenza eccessiva dell'anidride carbonica nei polmoni, la seconda reazione è dovuta al carico pressorio che si genera quando la tensione delle corde aumenta considerevolmente, per l'altezza o altri parametri del suono. Ma questa reazione ha anche una radice automatica; siccome i polmoni supportano la muscolatura della schiena e del busto in genere in alcuni movimenti posturali, una chiusura glottica forte, che si genera appunto nei suoni acuti, può indurre il nostro istinto a mettere in pratica lo stesso tipo di meccanica, con un rialzamento considerevole del diaframma. Dunque l'esercizio parlato, eccellente nella fascia medio-grave, può incontrare difficoltà nel settore acuto, dove occorrerà integrare con altro genere di esercizi. E quali esercizi possono evitare la reazione istintiva? Quelli "senza peso", ovvero esercizi con volume e appoggio scarsissimi. In pratica la voce "sospirata". Se i registri, dal punto di vista iniziale, sono i "pezzi" in un cui è suddivisa orizzontalmente la voce, cioè nel senso dell'estensione, esistono anche "strati" verticali, che vanno dalla voce sospirata alla voce fortissima, potente, timbratissima. Se possiamo dire che la voce perfettamente educata potrà giungere alla "corda unica", o registro unico, così l'educazione esemplare potrà raccogliere i suoni dal pianissimo più lieve al suono più potente senza alcuno scalino e senza alcun mutamento significativo di qualità ed omogeneità. Alcuni effetti, che a seconda delle scuole e dei teorici, prendono varie nomenclature, quali falsettino, testa, falsetto, ecc., si fonderanno in un unico suono di cui il cantante potrà servirsi a suo piacimento per tutti gli effetti che vorrà, senza fratture rispetto alla voce piena, cioè potrà passare dal pianissimo al mezzoforte al forte al fortissimo, al chiaro, allo scuro, ecc. e combinazioni varie, senza dover "uscire" e "entrare" dal suono pieno, con spezzamenti e interruzioni. Molti cantanti, più o meno abili, sfruttano spesso il falsettino per simulare mezzevoci, mentre solo pochi cantanti abilissimi, come Gigli, riuscivano a utilizzare voce piena e falsettone con continuità, senza rotture. Alcuni tenori ad esempio riescono a entrare in falsetto piccolo negli acuti, per simulare un suono filato, ma poi non riescono più a rientrare in voce se non con una "rottura" evidentissima del flusso sonoro; questo è paragonabile ai registri, cioè è come possedere "più corde" di diverso spessore, mentre una discplinata educazione del fiato può creare una sorta di "corda unica" plasmabile, che permetterà in ogni settore, grave, medio e acuto, e per ogni gradazione di colore, timbro, intensità, volume, di ampliarsi e ritrarsi in modo del tutto proporzionato e graduale. Se gli esercizi in voce sospirata non comportano reazioni istintive, sarà relativamente facile trovare la posizione e l'omogenità del flusso. Qual è lo scopo di questi esercizi, dunque? 1°) esercizio e sviluppo del fiato; 2) esercizio di articolazione di tutte le parti componenti lo strumento senza interferenze, 3) presa di coscienza del percorso e della posizione del suono perfetto. La mancanza di reazione istintiva, infatti, permette all'allievo di rendersi conto della sensazione di facilità di emissione; raffrontato con un suono pieno, si potrà prendere maggiore coscienza di cos'è il peso e l'appoggio e delle difficoltà che questi generano. Però è anche l'obiettivo: arrivare a cantare a voce piena con "la" facilità e "la" mancanza di ostacoli e resistenze della voce sospirata. Allora ecco l'esercizio semplice, utile e, secondo me, anche piacevole e interessante: su una nota centrale, facile, pronunciare una frase di semplice memorizzazione (dicevamo, per es.: "fra Martino campanaro"), piano, magari non proprio pianissimo, un paio di volte, quindi ripeterla decisamente più forte, ritornare in piano. Continuare, prendendo fiato quando occorre, senza mai trovarsi in riserva, magari passando gradualmente dal piano al forte all'interno della frase. L'esercizio, al di là delle utilità pratiche, deve avere soprattutto una utilità di apprendimento intellettivo, quindi occorre analizzare ciò che avviene durante un tipo di emissione, poi nell'altro, ciò che avviene quando si passa gradualmente, e non ultimo imparare ad ascoltarsi, chiudendo gli occhi, magari, attraverso le orecchie esterne, per capire se la pronuncia rimane la stessa o se qualcosa muta.

primi esercizi

Dunque, sulla base di quanto detto, noi vorremmo cantare riducendo al minimo la reazione istintiva. Sia chiaro un fatto: anche quando avremo dominato al 100% questa natura "ribelle", non possiamo mai pensare di aver totalmente vinto, perché è evidente che il nostro corpo e le nostre esigenze vitali hanno sempre la precedenza rispetto a qualsivoglia esigenza artistica, quindi non dobbiamo mai abusare della conquista realizzata. Dunque, altra premessa: non esiste IL sistema per "domare" la reazione istintiva, perché sono numerose le azioni che stimolano la reazione, e quindi dobbiamo ricorrere a diversi sistemi. Ma partiamo, altrimenti sembra che stia girando intorno senza mai decidermi. La prima considerazione è che il parlato, come ho già detto anche rispondendo a domande, è accettato dall'istinto, e non genera ribellione. Quindi il primo obiettivo dovrà essere quello di ottimizzare il parlato e identificare la gamma più naturale e propria di questo micro-registro; è una cosa relativamente semplice. Saranno poche note, solitamente meno di una quinta, ove si parla con buon volume e omogeneità. Ora qualcuno si porrà già delle domande: "ma il parlato non è intonato". La qual cosa è vera fino a un certo punto; nel parlato quotidiano non si rimane mai fissi su una nota, e le varie note hanno distanze tra di loro non consuete, cioè non si rispettano semitoni e toni, ma si sfrutta qualsiasi frequenza. Inoltre alcune note già appoggeranno naturalmente altre tenderanno a nasaleggiare, a ingolare, ecc. dando impressioni acustiche molto variabili. Un esercizio non facile, ma utilissimo e anche divertente, è quello di pronunciare ripetutamente una frase dicendola con un parlato "normale", quindi passare a una intonazione fissa. Questo esercizio rivela i "buchi", cioè le vocali che appoggiano meno, le consonanti poco sonore, ecc. Provando su diversi semitoni, a un certo punto ci si accorgerà di qual è la nota più simile o vicina al nostro parlato naturale. Allora si prenda una frase nota e memorizzata, come "fra martino campanaro", la si dica per un po' di volte di seguito, senza interruzioni, curando la perfetta dizione. Si cerchi quindi su uno strumento una nota nel registro centrale, di petto, che può essere un do2 per un basso, un re2 per un baritono, un mi2 per un tenore, un si2 per un mezzo/contralto, un re3 per un soprano (sono tutte note del tutto orientative, che possono cambiare da soggetto a soggetto), e mentre si pronuncia la frase suddetta, si provi a intonarla, verificando la diversità. Si torni quindi al parlato, e si provi nuovamente a intonarla su una nota di un semitono più basso o più alto, a seconda che si sia avvertito una differenza tra parlato e intonato in una direzione o nell'altra. Spero di aver spiegato decentemente l'esercizio. Quando si saranno trovati alcuni semitoni ove si riesce a pronunciare con assoluta libertà e facilità la frase indicata, si potrà rimanere intonati e ci si potrà muovere verso l'alto e il basso, variando, magari, anche la velocità di esecuzione. Ciò che si potrà notare è che salendo, il volume, affinché la frase rimanga ben pronunciata, dovrà leggermente aumentare, mentre scendendo tenderà a diminuire. Adesso qualche donna giustamente dirà: ma se parlo di petto su un re3, salendo mi troverò subito in difficoltà. Giusto. A meno che non siate cantanti interessate alla musica leggera, per cui questo esercizio dovrete estenderlo fino a un do-do#4 (ma in realtà saltuariamente anche chi fa lirica dovrà esercitarlo), dal fa3 occorre passare in falsetto/testa. Il che va benissimo, non c'è alcun problema, salvo che il fiato durerà molto meno. La cosa anche difficile è l'equiparazione tra il petto e il falsetto/testa, che all'inizio risulterà piuttosto eterogeneo. Questo esercizio, nella sua apparente semplicità, svilupperà enormemente il fiato in quantità ma soprattutto qualità. Il nostro istinto non reagisce e anzi troveremo in breve tempo un considerevole miglioramento nel sostegno vocale. Quando si sarà raggiunto un buon livello in questo piccolo registro comodo, ecco che potremmo trovarci di fronte a quelli che alcuni teorici definiscono i "passaggi di registro secondari". Ovviamente non ci sono, ma il fiato, uscendo dai confini del registro proprio della voce parlata, troverà maggiori difficoltà a mettere in vibrazione le corde. E' un po' come suonare gli acuti o i bassi su un pianoforte che è stato usato per anni da allievi, che avranno una sonorità molto diversa dalle note centrali che sono state usate intensamente. Quindi ecco che dovremo abiturare il fiato a sostenere queste note impegnandolo maggiormente, quindi con accenti più marcati, aumenti di volume ed eventualmente anche leggeri "oscuramenti" del suono che provocheranno un certo aumento nella forza e nella quantità di fiato. E' evidente che quanto detto ha una durata molto limitata, anche poche lezioni, perché il fiato si abitua rapidamente alla situazione, quindi questi "falsi passaggi" in breve tempo spariranno. Potenzialmente gli esercizi su frasi non hanno limiti all'interno della gamma standard di ciascuna voce, ma in realtà la fatica che si fa a sostenerli induce a ridurli a tutto il centro e i 3/4 della zona acuta, anche se saltuariamente è bene percorrerla tutta, sempre dietro assistenza di un valido maestro che possa cogliere la validità o meno dell'esecuzione; la presenza di errori imporrà l'immediata interruzione dell'esercizio, perché oltre che molto faticoso può indurre reazioni molto violente dell'istinto e quindi si rischia di doversi fermare definitivamente. Se non si commettono errori gravi fin dall'inizio, tipo ingolamenti, ma che anche un orecchio inesperto scopre con molta facilità, perché deve sempre essere somigliantissimo al parlato naturale, questo esercizio difficilmente può creare veri problemi; al massimo, come si diceva, stanchezza fisica e, in caso di errori, anche vocale, ma talmente evidente che è pressoché impossibile insistervi. Anche per gli uomini, a un certo punto, subentrerà il problema del passaggio. Tolto che anche per loro è possibile proseguire in registro pieno di petto per alcuni semitoni, e quando il fiato sarà sviluppatissimo anche fino a un la/si3, a partire dalla nota di equilibrio per ciascuna classe vocale, già individuata dal Garcia, e cioè reb3 per i bassi, mib3 per i baritoni, fa3 per i tenori e fa#3 per i contraltini, si potrà continuare l'esercizio oscurando leggerissimamente il colore. Ovviamente l'esercizio risulterà più breve, in quanto il fiato verrà consumato più rapidamente e con maggior fatica fisica. E' evidente che quando ci si avventura nelle zone più difficili della gamma vocale occorre sempre una guida attenta e vigile, perché ogni semitono conquistato può marcare un progresso nella conquista della vocalità, ma ogni errore non corretto è un regresso e può costare molto tempo in più per raggiungere l'obiettivo.