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lunedì, agosto 17, 2009

Falsetto ieri e oggi

Quanti hanno nozioni di storia del canto sanno che intorno alla metà dell'800 si verificò una sorta di rivoluzione che partì dal registro tenorile (Boucardè quindi Tamberlich), quando note molto acute, do e do#4, vennero emesse, si dice, di petto e nacque dunque il mito del do di petto. Alcuni storici, sempre pronti a interpretare, dicono che non fossero di petto ma semplicemente a voce piena, laddove prima si cantava in falsetto. Un giornalista celebre del passato, Eugenio Gara, che è stato un po' il padre della critica vocale del dopoguerra (e segnatamente Rodolfo Celletti, Angelo Sguerzi e Giorgio Gualerzi), interpretò subito questa dicotomia facendo riferimento al falsetto inteso come vocetta femminea. Pensate che già in passato esistevano dei bari-tenori, come Domenico Donzelli, primo Pollione, e provate a pensare a una specie di Domingo che canta fino al Sol3 in piena voce scura, e poi improvvisamente passa a un falsettino senza timbro, senza peso... come si sarebbe potuta accettare una simile disuguaglianza nel canto!? (ovviamente la questione non era legata solo ai tenori, ma a tutte le voci, alcune delle quali, sempre secondo la critica imperante, sarebbero saliti di petto fino agli acuti - pensate un po' un basso che emette un fa o un fa# di petto, che urlo micidiale - oppure, per l'appunto, in falsetto). A rincarare la dose, Giorgio Gualerzi in una trasmissione radiofonica, avvalorò la tesi dicendo che "infatti" nelle prime recite del Guglielmo Tell, Nourrit, che cantava alla vecchia maniera - e si suicidò poi pare a causa della divergenza che si trovò a vivere tra la propria emissione e quella che prese piede successivamente - non eseguiva la cabaletta in quanto non poteva passare agevolmente dal petto al falsetto, essendo due registri staccati. Ovviamente un'occhiata al trattato del Garcia chiarisce subito, senza tanti equivoci, che le cose stavano diversamente. E del resto quando mai Rossini avrebbe potuto scrivere della musica ineseguibile dai cantanti dell'epoca (egli stesso competente cantante e tenore per giunta) e che avrebbe favorito un canto ancora da scoprire, e che lui detesterà al punto di smettere di comporre opere! La soluzione è presto detta: il cosiddetto falsetto ieri e oggi sono esattamente la stessa cosa, cioè il registro acuto di tutte le voci maschili (e il tratto centrale di quelle femminili); l'unica differenza, certo non di poco conto, è che il "PESO" vocale, cioè l'intensità da somministrare in quel tratto, è di molto aumentata. Reputo probabile che i primi cantanti a voce piena, che probabilmente erano contraltini, abbiano emesso effettivamente dei do di petto, che Rossini descrisse come "grido di cappone sgozzato", e in seguito si sia trovato quello che alcuni insegnanti di canto, più competenti di quei giornalisti superficiali, hanno battezzato "falsetto rinforzato", che rende certamente meglio l'idea del tipo di emissione. Oggi potremmo definire il registro acuto dei cantanti di un tempo "falsettone", che infatti tutti accettano come un tipo di canto più leggero ma del tutto omogeneo e fuso con la voce piena di petto. La cosa abbastanza strana è che lo stesso Gualerzi presentò in quella trasmissione alcune registrazioni di Alfredo Kraus come un esempio di come si cantava un tempo! Dunque con eccellente fusione dei registri! mah...!!

2 commenti:

  1. se i cantanti di un tempo utilizzavano il falsettone nel registro di voce gridata, quelli di adesso che usano se dici che comunque ora nel settore di voce gridata viene messo un maggior peso?

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  2. Il registro acuto, che Garçia, riprendendo le più antiche scuole italiane, chiama Falsetto, E' il registro che noi definiamo di voce gridata; la differenza tra il passato ante e post 1850 sta solo nel peso che si mette nella voce, la corda continua a vibrare nello stesso modo, anche se un maggior peso comporta, solitamente, una corda leggermente più spessa e quindi una posizione un po' più bassa della laringe. La differenza, invece, tra i cantanti attuali e quelli di un passato più recente, prima della II Guerra diciamo, sta nel fatto che sapevano e potevano cantare con entrambi gli atteggiamenti, come sosteniamo noi, mentre negli ultimi 50 anni non mi pare ci sia più stato nessuno, almeno tra i grandi, che abbia sfruttato questa possibilità, ma non solo per un fatto di stile e di gusto, ma proprio perché non ne avevano più la possibilità, non avendo la voce pienamente appoggiata sul fiato.

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