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lunedì, gennaio 25, 2010

Il tubo dritto

Se prendete un palloncino oblungo con poca aria dentro, esso potrà assumere una forma assai volubile, e potrà restare anche piegato a L. Se la pressione all'interno del palloncino aumenta (ad es, schiacciandolo ad un estremo), esso assumerà una forma ad I e piegarlo risulterà sempre più difficile. Ora vediamo le implicazioni nell'uomo. Nel canto, come sappiamo, la pressione del fiato aumenta, rispetto alla vita di relazione, e l'aumento è proporzionale all'altezza del suono e all'intensità. Ciò significa che man mano che si sale nella scala verso i suoni acuti, il nostro "tubo" vocale, costituito nella parte superiore dal faringe, tenderà a "raddrizzarsi", cioè la piega, formata dal palato molle e quindi da quello osseo, tenderà a far alzare la testa fino al punto, all'estremo, di portare la bocca esattamente allo zenit (sono le discutibili "sensazioni" che descrive la Lehmann nel suo trattato). Siccome ciò normalmente non avviene, e non dovrebbe avvenire, è evidente che si produce una pressione elevata nella zona retroboccale, quella forza, per l'appunto, che spinge il cranio a piegarsi all'indietro per raddrizzare il tubo. Si può fare un esperimento per avere cognizione di questa forza. Prendete fiato e riempite le gote, spingendo con forza verso l'esterno. Immediatamente sentirete una forza che vi spinge a piegare la testa all'indietro. Nel canto questa forza è molto meno evidente, ma c'è. Dunque due sono gli aspetti da considerare: la pressione, che non deve mai essere eccessiva, e il punto di convergenza o proiezione del fiato. L'eccesso di pressione è dato dalla spinta e dalla reazione istintiva. Anche quando si esce dalla zona del parlato relazionale, una certa spinta si produce, e questo porta subito il suono verso il palato molle, dunque indietro; pertanto occorre far diminuire la pressione, scendendo quando basta, e focalizzando il più possibile il suono in zona boccale (labbra-denti-lingua) affinché si educhi al giusto percorso. Anche il tenere chiusa la bocca può fare aumentare la pressione a livello faringeo, spingendo il fiato verso il velopendolo, e quindi impedendo il percorso corretto.

Possiamo dire che il suono nasale sia un difetto derivante da questa situazione (oltre al fatto che toglie peso...); il tubo cerca di "raddrizzarsi" e punta prima verso il naso, poi sempre più su. Sono quelle tipiche sensazioni che vengono descritte anche in testi di canto, e purtroppo vengono anche considerate positivamente e da seguire. E' vero che questa è una condizione naturale, ma in questo caso è una natura che non ci aiuta, anzi, limita o ci impedisce il raggiungimento di un risultato artistico, in quanto il "raddrizzamento" del tubo (chiedo scusa per questo brutto termine) di fatto impedirebbe la realizzazione del polo superiore, e il fiato sarebbe totalmente spoggiato, quindi la conformazione del tubo a L è un elemento fondamentale per il raggiungimento del controllo del diaframma e quindi di un canto esemplare.

PS: l'esercizio col fiato va eseguito rigorosamente in respirazione diaframmatica, altrimenti c'è il rischio di accentuare la risalita diaframmatica, cioè il contrario di quanto vorremmo ottenere.

Il cantante "spinto"

Naturalmente il titolo è ironico, non mi riferisco alla classe dei lirico-spinti, bensì a errori di impostazione. Facciamo una premessa. La scuola esemplare di canto mira a ridurre pressoché a zero la cosiddetta compressione sottoglottica, che è quella spinta che il diaframma-fiato esercita naturalmente sotto la laringe per compiere alcuni movimenti necessari alla vita vegetativa, cioè per l'equilibrio del corpo e altre funzioni fisiologiche che richiedono l'impiego del fiato anche al di fuori della funzione ossigenante. In genere questo legame tra diaframma e laringe viene in buona parte eliminato, anche in scuole modeste, in quanto risulta difficile avere una vocalità sonora e piena con questo "chiodo" in gola. Esistono però numerosi esempi di cantanti dalla vocalità gradevolissima, e piuttosto facile. Più che i tenori, noto la diffusione di baritoni con questa caratteristica, che svettano in zona acuta con una certa facilità, tale da creare persino dubbi di classificazione. Al di là di questa, che in alcuni casi può effettivamente essere errata, questo commento riguarda il fatto che un grado leggero di ingolamento, cioè lo sfruttamento della pressione sottoglottica con una leggera controspinta dall'alto (diciamo affondo per capirci) può creare una situazione anomala, e cioè la riduzione della portata (limitazione dell'apertura glottica) e l'appoggio in gola, rende: meno pesante la voce, quindi più agevole da manovrare, leggermente più acuta, quindi più facilità a raggiungere le note alte (con spostamento del punto di passaggio), abbastanza ricca, in quanto gli armonici fondamentali possono essere conservati. A questo punto mi si può ragionevolmente chiedere perché non impariamo tutti questa tecnica! Intanto dobbiamo dire che anche per questo modo di cantare, pur essendo difettoso, bisogna avere una predisposizione. La maggior parte dei cantanti se si volessero condurre a questa tecnica si troverebbero con grossi problemi un po' diffusi. Non è infatti facile riuscire a cantare con un appoggio glottico senza avere anche un timbro gutturale. Anche riuscendoci, inoltre, la voce rischia di avere suoni fissi, indietro in maniera evidente e sgradevole. Comunque, ammettendo di riuscirci, risulta evidente che una limitazione della "canna" o tubo, renderà assai meno efficace il supporto diaframmatico e l'energia da esso profusa, per cui può addirittura succedere che un baritono acuto possa cantare ruoli tenorili non troppo acuti, ma soprattutto un tenore o un baritono possano cantare su tessiture acute con una certa facilità, ma con una diffusione del suono decisamente più modesta. Oltre a ciò il tempo non lavorerà a favore, perché il fisico a una certa età si ribellerà allo sforzo, e tutto l'impianto se ne andrà piano piano all'aria. Resta poi sottinteso che un orecchio buono capterà tutta la vocalità come "bloccata", trattenuta, e dunque difficilmente sopportabile. In campo femminile può anche avvenire lo stesso procedimento, ma non si può portare alle note più acute del registro di testa, perché è impossibile emetterle senza la maggiore ampiezza di gola; alcune che ci provano arrivano a suoni stridenti e spesso stonati, e durano pochissimo. Nel mezzosoprano è, disgraziatamente, più comune, e peggio ancora con i presunti contralti.

lunedì, gennaio 18, 2010

Del vibrato

Per questo argomento dobbiamo riferirci sia a questioni tecniche che stilistiche e storiche.
Anticamente un suono molto vibrato era considerato un fattore amplificante, e quindi accessorio al suono stesso, e quindi rientrava tra gli abbellimenti, e poteva anche essere prodotto dall'esecutore grazie a una tecnica che possiamo definire di ribattuto o trillo su una nota. In genere, per il canto antico, si parte da una vocalità meno ricca, e quindi con suoni meno voluminosi e pertanto anche meno vibranti naturalmente. Per mettere in luce, quando occorre (note lunghe), il ribattuto, si può attaccare la nota tenendola artificialmente fissa per qualche istante, e quindi lasciarla spandere e vibrare, dopodiché, se è il caso, ribatterla ulteriormente. E' una questione specialistica e particolare, ma può avere la sua importanza. Nella musica leggera moderna, sono molti insegnanti e seguaci che vogliono dai cantanti il "vibrato" (lo sentii dire anche da Nilla Pizzi) e cercano il maestro che lo insegni. Indubbiamente dobbiamo partire dalla considerazione che nella musica leggera la voce è meno impegnata e appoggiata, e questo può rendere il suono più fisso e monotono, per cui è comprensibile che si opti per un escamotage che lo renda più elastico e vivace. In genere in una buona scuola il problema non si pone, in quanto anche il cantante di musica leggera arriva ad appoggiare, seppur con leggerezza, il suono, e l'elasticità delle pareti creerà una sufficiente riverberazione e armonici tali da rendere il suono più brillante; produrre volontariamente il vibrato, anche in voci leggere, può comunque, a lungo andare, creare oscillazioni diaframmatiche e quindi della lingua e della mandibola, che oltreché antiestetiche, indeboliscono sempre più la base di appoggio del suono, con evidenti ripercussioni.
Non è neanche il caso di dire che nella musica lirica (dal 700 in avanti) è tassativamente fuori luogo parlare di vibrato inteso come prodotto volontario dell'esecutore. Naturalmente il problema potrebbe sollevarsi per quei cantanti avvezzi al canto lirico romantico che si trovino a dover affrontare musiche antiche solistiche o in gruppi polifonici. Il problema opposto, cioè il "non vibrato" a cosa fa riferimento? A niente; nel senso che chi canta bene, con una diminuzione (semplicissima da dosare) di volume/appoggio/intensità, produrrà automaticamente meno vibrazione, pur rimanendo un suono bello, rotondo e pieno, mentre incontreranno difficoltà quei cantanti che sanno cantare solo molto forte, che appoggiano sul fisico (vedi: rumore) e che quindi non hanno un reale dominio sul fiato e sul suono stesso. Per costoro si porrà la necessità di contenere (strozzare/trattenere) il suono, che ovviamente risulterà brutto, alquanto difettoso e quindi ancor peggiore del suono pieno.
A proposito di questo argomento, accenno al fatto che una cantante presunta specialista, Nella Anfuso, ritiene che la musica antica vada cantata "senza impostazione". L'idea si basa sempre sul grosso equivoco che l'impostazione sia il canto di gola; è del tutto fuori luogo in ogni senso: impostare significa educare, e non si può cantare bene niente senza impostazione, a patto che sia fatta bene. Appare ovvio che la Anfuso è inascoltabile.

giovedì, gennaio 14, 2010

L'aperto coperto

E' questo un argomento estremamente delicato, di cui lo stesso M° Antonietti parlava e scriveva poco, ed è da considerare elemento di perfezionamento, quindi nessuno provi a mettere in pratica da solo quanto vado ad esporre.
E' noto che il cosiddetto passaggio di registro si produce più efficacemente oscurando i suoni, in quanto la laringe scende leggermente e il suono oscuro produce un appoggio più solido (sempre che si abbiano le sufficienti risorse e disposizioni fisiche). Ovviamente se la disciplina di apprendimento è valida e tesa al raggiungimento di una perfetta emissione, è evidente che questa "manovra" meramente meccanica a un certo punto non sarà più necessaria, e anche nel registro di falsetto si potrà usare il colore chiaro (cosa che le donne fanno più abitualmente). Il colore chiaro, come noto, laddove è richiesto più impegno e appoggio, quindi nei suoni forti, voluminosi, rischia di sollevare laringe e diaframma, ecco perché si potrà affrontare questo argomento quando le reazioni istintive saranno fortemente ridotte. Resta un interrogativo e un problema per quasi tutti: come si fa a riconoscere quando si è in petto o in falsetto chiaro? Diciamo pure che il riconoscimento man mano che il perfezionamento migliora, sarà sempre meno possibile. La differenza resta nel carattere del suono: meno teso e gridato in falsetto, più maschile e teso all'urlo, il petto. Ma non finisce qui. Giustamente si potrebbe chiedere: ma come si differenzia esecutivamente il petto dal falsetto? Noi dobbiamo considerare sempre il risultato voluto: la fusione, o ancor meglio l'annullamento dei registri. Pertanto ciò che si vuole, e ciò che risulterà da una eccellente disciplina artistica, è che automaticamente laringe e corde nel salire si porteranno verso il falsetto, senza alcun particolare intervento (gradualità). Per poter emettere correttamente un falsetto chiaro, che si può anche definire (così faceva il M° Antonietti) Aperto-Coperto, occore una notevole apertura orale che accolga la considerevole quantità e intensità d'aria necessaria. Quindi è importante che il passaggio dal petto al falsetto non provochi una diminuzione dello spazio e un "abbassamento" della proiezione del suono nel palato. Nel caso delle donne il fatto che il falsetto sia piuttosto leggero nelle prime note, porta ad abbassare, se non addirittura schiacciare i suoni in bocca. Il passaggio al falsetto deve avvenire mantenendo una notevole ampiezza orale.

mercoledì, gennaio 13, 2010

I volumi equivalenti

Questo intervento è teso a chiarire un paio di cose legate al rapporto fiato/apertura orale.
Prima questione: Quando il suono aumenta di volume/intensità e/o di altezza, la bocca si deve aprire per forza, sempre. Un acuto o una nota anche centrale molto forte necessitano di ampiezza orale per contenere la quantità di fiato necessaria a far vibrare corde molto spesse e tese. Questa legge non è detto che debba essere applicata anche all'opposto, cioè una nota piano o in centro non è detto che debba essere emessa a bocca semichiusa, anzi, è bene, nel corso dell'apprendimento, emettere spesso suoni in piano e pianissimo con la bocca molto aperta, e questo soprattutto per rendere più indipendente il gioco mandibolare, ed evitare che si crei un legame univoco tra volume e apertura. Questo, in particolare, riguarda l'emissione delle mezzevoci, che richiedono sempre ampiezza orale. Il suono piano con bocca aperta richiederà un po' più fiato ma può essere suggestivo e bello.

Seconda questione: i rapporti. Quando noi emettiamo una nota qualsiasi con uno stesso colore, indipendentemente dalla vocale, la corda vibra con lo stesso spessore e tensione (grossomodo, non è così matematico questo assunto); ciò significa che richiede (suppergiù) la stessa quantità di fiato. Orbene, detto ciò, se io passo da una I a una E, a una A a una O, la mia forma orale cambierà, ma la quantità di fiato no (con piccole tolleranze). Dunque quando emetto una A la mia bocca avrà un'ampiezza in altezza e in larghezza piuttosto significativa; quando emetto la O, dovendo (DOVENDO) stringere in orizzontale, cioè dai lati, la bocca, per contenere la stessa quantità di fiato io dovrò leggermente aumentare (compensare) l'ampiezza in verticale (abbassando un pochino la mandibola). Quando dalla O passerò alla E, dipendentemente se è una E larga o stretta, dovrò fare un lavoro analogo, quindi se è larga si tornerà ad ampliare leggermente in orizzontale (e qui devo anche compensare in parte lo spazio occupato dalla lingua), se è stretta dovrò portare sul sorriso in modo da guadagnare spazio nelle guance sotto gli zigomi (lo stesso dicasi, ancor più accentuato, nella I). Nella U dovrò abbassare alquanto la mandibola.
PS: Scendendo verso le note gravi (in ciascuna classe vocale), la bocca dovrà necessariamente sempre aprirsi, in quanto le corde assumono una maggiore massa e richiederanno più fiato vibratorio.

lunedì, gennaio 11, 2010

Altri esercizi

Possono essere veramente molti, variegati e divertenti gli esercizi per sciogliere la muscolatura, aiutare il rilassamento e "fare" fiato. Oh, sia chiara una cosa: gli esercizi per rilassare vanno sempre bene; ovviamente se poi non si sanno fare adeguati esercizi con la voce, quelli precedenti finiscono per non servire a niente!
Usando un poco la voce si possono fare dei "popopopo..." gonfiando molto le gote, piano e sempre su note comodissime. Un esercizio divertente consiste nel fare un brrrrrr non con la lingua ma con le labbra. Siccome è difficile durare a lungo, va bene fare: B_B_B_ brrrrr (sempre a gote gonfie). Tutti gli esercizi possono anche essere fatti in falsettino (per gli uomini). Si può anche fare la R facendo vibrare la lingua ma senza voce (sospirata). Anche questo va fatto solo per pochi secondi.

sabato, gennaio 09, 2010

Esercizi muti

Sia ben chiaro che esercizi muti non significa "a bocca chiusa". Muti significa senza voce!
Esercizi senza voce possono essercene tanti e molto utili.
Iniziamo con alcuni esercizi preliminari: prima di affrontare lezioni di canto, prove o concerti, è bene fare una breve attività per sciogliere i muscoli del viso, della bocca, del collo. Attenzione: tutto ciò che proponiamo deve essere eseguito dolcemente, facendo attenzione che nessun muscolo possa risultare eccessivamente tirato. Al termine delle attività non si devono avere dolori, ma solo un piacevole senso di freschezza. Aprire e chiudere ripetutamente la bocca come se si pronunciasse in modo esasperato la A, la O, la I e la E chiare. Pronunciare scioglilingua in totale assenza di suono. Estromettere la lingua e muoverla nelle 4 direzioni. Muovere la testa in ogni modo possibile, torcere il collo ed eseguire qualche piegamento. Attendere qualche minuto prima di iniziare il canto. Ovviamente questi esercizi possono essere svolti anche nei giorni in cui non si canta, anzi, quando non si può cantare, è la cosa migliore. Si possono eseguire ovunque, anche in automobile. Stare attenti solo a non procurarsi strappi (specie alla lingua).

Gli esercizi muti di carattere più impegnativo non sono facili da spiegare, quindi è bene iniziarli sotto osservazione dell'insegnante.
Prendere fiato e riempire le gote. Premere l'aria contro le labbra senza troppa forza. Rilassare il busto, stare in respirazione diaframmatica. L'aria non deve assolutamente premere sulla laringe. Dopo qualche secondo aprire un microscopico forellino tra le labbra e iniziare a far uscire l'aria (che produrrà un piccolo rumore sulle labbra stesse). E' indispensabile non trattenere l'aria con la gola, la glottide, o qualunque altro muscolo. Lasciar uscire l'aria lentissimamente e costantemente. Dopo un po' inizierete a sentire il diaframma che preme. Potete aumentare un po' il foro di uscita. E' meglio evitare poi di farla uscire tutta di colpo. Se l'esercizio è fatto bene, facendo rientrare un po' le gote, si sente il diaframma che si abbassa. Se invece si sentono pressioni sulla gola o non si avverte niente, vuol dire che non si sta eseguendo correttamente.
Lo stesso esercizio lo si può fare immaginando di eseguire delle note (do-re-mi-re-do ad es.), salendo e scendendo. Volendo questo esercizio può essere fatto anche con un suono leggerissimo sulle labbra, ma in questo caso è necessario che l'insegnante valuti quando lo si può eseguire da soli.
Un buon esercizio semi-muto si può fare per pochi minuti, eseguendo una S molto appoggiata, oppure con la parola SASSO in voce sospirata. Non si può fare a lungo perché provoca iperventilazione.

venerdì, gennaio 08, 2010

Annullamento dei registri

Mi si chiede di precisare meglio in cosa consiste l'annullamento dei registri, cui si accenna spesso. In particolare mi si chiede se l'annullamento dei registri elimina anche la meccanica. La risposta, in quest'ultimo caso, è no; è indispensabile, per l'emissione corretta del registro acuto, che entrino in azione i muscoli estrinseci della laringe, che inclinino leggermente la cartilagine tiroide che tende le corde. Quindi la meccanica è quella e non può e non deve essere annullata, soltanto che la sua azione non è improvvisa, a partire dalla nota di passaggio, ma è graduale. Come si è già scritto, creare questa gradualità non è per niente facile; è errato e fonte di molti difetti pensare di omogeneizzare la gamma anticipando il passaggio fin dai primi tempi di studio. I registri vanno esercitati "puri" per molto tempo, dopodiché si potrà cominciare a esercitare l'omogeneizzazione che, ribadiamo sempre, consiste nell'esercitare IL FIATO ad alimentare una corda non più del tutto convessa o del tutto tesa, ma una corda che si tende gradualmente. Quindi è importante sempre ricordare che la meccanica non è indipendente ma è interattiva col fiato; se non si è sviluppato un fiato adeguato, la meccanica non potrà mai gradualizzarsi. Per molto tempo, il sistema più semplice ed efficace, anche sul piano esecutivo, per iniziare ad omogeneizzare i registri, consiste nel ritorno oscurato. Mettiamo, ad es. di fare un esercizio sulla O sulle note: la2, do3, mi3,do3,la2, e di essere baritoni. Ovviamente il mi3 andrà eseguito di falsetto, essendo successivo al passaggio, e il do3 di petto, però solo all'andata, nell'arpeggio di ritorno (mi3-do3-la2) il do andrà mantenuto con lo stesso colore e con la corrispondente gradualità del mi3, quindi in falsetto. Addirittura si può, ed è buona cosa farlo saltuariamente, oscurare e mantenere il falsetto anche sul la2. Gli esercizi eseguiti in questo modo evitano che il suono possa andare indietro anticipando il passaggio, e contribuiscono alla creazione della corda unica.

Intanto che ci sono affronto un argomento legato sempre ai registri. Capita, soprattutto nelle donne, che quando si irrobustisce il falsetto (nella zona fa3-do4), si caschi ancora di petto, nonostante magari si faccia difficoltà a mantenere il petto nella zona più propria (la2-mi3). Questo è in genere dovuto a una serie di concause, ma principalmente alla scarsa apertura orale. Se il fiato che alimenta la corda tesa (quindi più abbondante e denso) non trova adeguato spazio di sfogo, aumenta la pressione sottoglottica, spinge cioè sulla laringe, e si entra in quella meccanica che le scuole di canto moderno definiscono "belting", e cioè una corda convessa - quindi di petto - estremamente tesa. Quindi il falsetto è bene che le donne non lo esercitino mai da sole con colore oscuro e cercando la stessa intensità del petto, perché è abbastanza facile confondersi e quindi spingere con possibili conseguenze. Per la verità, anche se di gran di lunga con minori pericoli, qualcosa di analogo può avvenire anche negli uomini. Spesso nei primi tempi il registro di falsetto può risultare impegnativo e difficile da emettere, e quindi ci si mette una forza notevole. Col tempo questa forza è sempre meno necessaria (ricordiamo che la meta dello studio è rendere il registro acuto come se fosse il centro), altrimenti anche gli uomini spingono e, anche se più difficilmente possono ricadere nel petto, possono dar luogo a difetti e stanchezza vocale.