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mercoledì, dicembre 08, 2010

Tempi moderni

Mi viene spesso rivolta la domanda: come mai c'è questa crisi di voci importanti? Come mai una volta c'erano tanti grandi cantanti, oggi è difficile trovarne uno discreto? In genere la risposta è: non ci sono più le scuole di canto. Questa è una verità inoppugnabile, ma forse non è l'unica risposta. L'uomo fa fatica a relazionarsi; non solo c'è lo stress per una vita assurda: traffico, input di ogni tipo da ogni dove, tasse, telefoni, tv, burocrazia, politica, ingiustizie, ecc. ecc. ecc., ma anche sul piano sociale le cose sono davvero cambiate. Nel relazionarsi col prossimo manca la genuinità, la spontaneità, l'essere sé stessi. Troppi modelli, troppo narcisismo, troppa voglia di avere, di essere qualcuno, poco piacere nel dare per il gusto di dare, ma sempre o quasi per ottenere qualcosa in cambio, per diventare "qualcuno", per la fama, la gloria, sia pur per un giorno. Allora, qui non è solo questione di Arte, che per potersi esprimere, come già ho scritto, richiede la purezza, la limpidezza della coscienza, ma di qualcosa di più grave. Il canto, anche a un livello semplicemente buono o discreto, richiede comunque che la persona si esprima, cioè "tiri fuori" ciò che ha dentro, e il canto è lo specchio più profondo di espressione dell'interiorità. Se la comunicazione è difficile, nel senso che la persona non esprime sé stessa, ma al contrario vuol dare una certa idea, irreale, superiore, di sé, il canto avrà due possibilità: o bloccato, con tutte le classiche difficoltà: stecche, disomogeneità, ingolamenti tremendi, oppure,esattamente all'opposto, voci stentoree indomabili, urlatori, fabbri ferrai dell'ugola, perché quel "blocco" o lo si accetta e se ne paga le conseguenze, o lo si vuole sfondare, con le conseguenze opposte. In termini psicologici però i primi saranno frustrati perché subiranno il blocco, i secondi vivranno "eroicamente" la forza con cui si sono liberati (secondo loro) delle catene. Da un punto di vista qualitativo la differenza è minima. Ma ascoltiamo Gigli; nel bene e nel male, noi sentiamo la vera voce di un uomo, non di un divo, non di un superuomo. E lo stesso io percepisco con Caruso e tanti altri cantanti di un tempo, con diverse sfumature, ma sempre di voce "vera" parliamo. Questo non riesco più a sentirlo in quasi nessuna voce degli ultimi decenni. Credo che sotto sotto Bruson l'avesse, io lo sentii cantare in modo spontaneo, e c'era quella voce, ma poi quando andava in scena è come se la voce venisse "filtrata" da un altro sé stesso, meno vero. Discorso analogo per Kraus. Secondo me era questa umanità così diretta e palpabile che faceva andar pazze le generazioni passate, e quindi reputo che anche una scuola straordinaria come la nostra avrà sempre difficoltà a produrre autentici e grandi artisti del canto, perché per superare quella barriera occorre un percorso non solo di apprendimento dell'Arte vocale, ma anche di tipo psicologico, sociologico e soprattutto filosofico, che, comunque, non si sa, nella società attuale, che tipo di risultato possa conseguire. Comunque non perdiamoci d'animo!

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