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venerdì, marzo 11, 2011

La maschera lasciamola al carnevale

Il carnevale mi riconduce al concetto di maschera. Si è già più volte insistito sulla inopportunità nell'uso di questo termine soprattutto nel corso dell'educazione vocale, in quanto soggettivo e dunque non trasmissibile e addirittura fuorviante. Ma volevo fare un'aggiunta. Proprio il concetto di maschera, inteso normalmente, cioè come "guscio" o sovrapposizione di un manufatto di diversi possibili materiali al nostro volto, ci dà una chiara immagine del limite di questo termine; la maschera è un filtro, una barriera che viene posta alle espressioni. La maschera può essere atteggiata a sorriso, a dolore o ad altri sentimenti, oppure neutra, e non può mutare tale espressione finché viene indossata. Questo da un lato serve per nascondere i veri segnali che vengono comunicati tramite i mille movimenti facciali, e/o dall'altro canto per mandarne solo uno (allegria, tristezza, ecc.) indipendentemente da quanto uno prova veramente. Questo è esattamente il contrario di quanto può esserci di artistico nel canto. La voce si plasma e si colora grazie a quella "tastiera" che è il nostro volto, grazie alla quale possiamo perfettamente calibrare la pronuncia e dare espressione e colore a ogni inflessione. Non è solo il concetto di maschera da ritenersi come limitante e rigido, ma anche altri termini, come "canto sul sorriso" che indicando una stereotipata e fissa posizione della muscolatura del volto, non farà che appiattire e devitalizzare suoni e intenzioni del cantante.

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