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sabato, aprile 16, 2011

Cos'è l'Arte

Contravvenendo alla mia intenzione di non entrare in questioni filosofiche, mi pare corretto, dopo circa 5 anni di blog, di fare almeno un accenno a una questione centrale per chi segue o intende seguire un cammino artistico, e cioè addentrarsi nel nocciolo di cos'è l'Arte, come si esplica, perché...
Le definizioni in questo campo sono non solo difficili, ma spesso limitate e limitanti, per cui bisogna vedere la questione da più parti. La definizione che più spesso il M° Antonietti adottava era la seguente: "l'Arte è la sublimazione del gesto che la determina". Ritengo sia illuminante e abbia una sua completezza, però dobbiamo esplicitarla meglio se no credo possa risultare ancora troppo "interpretabile".
Partiamo dalla considerazione che in ogni cosa esiste una materia e uno spirito. Non mi addentrerò su cos'è, perché c'è questo spirito, ognuno creda quel che vuole. Lo spirito però può anche definirsi diversamente, e cioè "conoscenza" o, meglio ancora, "livello conoscitivo". Spesso con questo termine si intende ciò che l'uomo impara nel tempo, ma non è corretto. La conoscenza è come un "marchio" che ciascuno di noi possiede, indelebile e immodificabile (ma non solo uomini, ma anche animali, insetti, piante, e anche oggetti inanimati). Ciò che la vita porta con sé, è la possibilità o meno che questa conoscenza possa rivelarsi, svilupparsi a pieno, oppure rimanere allo stato potenziale. Se una persona si trova a crescere in un ambiente ricco di stimoli, con buone possibilità di conoscere persone colte, maestri, artisti, avere a disposizione libri e altri sussidi, avrà molte probabilità di sviluppare interamente il proprio livello conoscitivo. Una persona, pur in possesso di un livello molto elevato, che si trova in un luogo arretrato, povero, avrà minori possibilità, però è da valutare la sua "spinta", che è una vera e propria esigenza, a sviluppare questo sua impellenza, per cui può spingersi in altri luoghi dove trovare le possibilità, o addirittura può riuscire a sviluppare da solo, ma in quest'ultimo caso deve trattarsi di una spinta davvero fuori del comune, da parte di una personalità straordinaria.

Lo spirito, nel caso dell'uomo, si trova relegato in un corpo "animale" piuttosto rozzo, legnoso, limitato. Se io guardo, ad es., Benedetti Michelangeli che suona, vedo un uomo tranquillo, seduto al pianoforte, che, con una calma serafica, muove appena le proprie dita sullo strumento facendone scaturire una cascata di suoni meravigliosi. Se la mia mente è in grado di leggere le note scritte sullo spartito, e conosce bene la tastiera del pianoforte, cosa impedisce di replicare allo stesso livello? Si dirà la genialità, lo studio indefesso, la volontà, ecc., il che è vero, ma questo studio e questa volontà, consciamente o meno, sono finalizzati a "rompere" tutte quelle resistenze che il mio corpo oppone ad essere piegato ai voleri della mente e della mia conoscenza. Il corpo umano è un organismo cui sovrintende, come tutti gli esseri viventi sulla terra, l'istinto di conservazione e perpetuazione. Per esso conta vivere, per cui è necessario cibarsi e riposarsi, con l'unico fine di riprodursi e portare avanti la specie. Pensiamo alle piante, che dopo aver fruttificato, cioè aver prodotto frutti con il seme, in brevissimo tempo muoiono o vanno in "letargo" per riprendere l'anno successivo. Lo spirito, che nell'uomo è più sviluppato che in qualunque altro essere, cerca lo sviluppo concreto di sé stessa, cioè la rivelazione, perché, e qui veniamo a un secondo concetto, l'Arte è il "non oltre" della conoscenza. Però devo fare un po' d'ordine se no rischio di mettere troppa carne al fuoco senza aver spiegato accuratamente i vari passaggi.

Dunque, si parlava, all'inizio, di "sublimazione del gesto". Allora spiego questi termini. In primo luogo il termine "gesto". In ogni Arte c'è un gesto, ovvero un elemento necessariamente fisico, quindi che si fa con uno o più arti o qualunque altro organo del corpo, alla base di un risultato che possiamo definire non comune, cioè non alla portata di essere eseguito con la stessa facilità da qualunque altro essere umano. Per la verità dobbiamo anche aggiungere: "di non essere 'compreso' con la stessa facilità da qualunque altro essere umano". Se infatti noi consideriamo i diversi livelli conoscitivi, dobbiamo pure ammettere che sono disposti piramidalmente, quindi alla presenza di una quantità straordinaria di livelli bassi, che formano la base della piramide, seguirà una quantità un po' più ridotta di livelli più elevati, e così via a descrescere fino ai livelli massimi, diciamo i livelli prossimi a 100, se poniamo 100 come livello massimo, che saranno sempre pochissimi in un tempo lunghissimo. Il problema, piuttosto serio, è che i livelli più bassi hanno difficoltà a comprendere, e spesso anche ad accettare, i livelli più alti, considerati "impossibili", e questo scatena vere e proprie battaglie, non facilmente superabili dai livelli alti, che possono "solo" contrapporre qualità a quantità. Però, fortunamente, esiste la fede ed esiste lo stupore, l'onestà, la genuinità, e altre doti che la Natura ha elargito ai livelli più bassi, per cui l'Arte non è solo appannaggio delle conoscenze elevate, ma anche di quelle più basse, con la difficoltà, però, che la accettano e arrivano fino a venerarla, come un dono, ma senza comprenderla del tutto. Non potendo sviluppare una conoscenza che non hanno, le cosiddette "persone semplici", possono amare, anche con passione e trasporto, le Arti, ma valuteranno i risultati in modo istintivo, cioè non artistico, e potranno decretare il successo di non artisti, ovvero di artisti di basso livello. Questo spiega il perché del successo, nel nostro campo, di cantanti assai modesti. In questo non ci sono mezzi per cambiare le cose: è vero che spesso i giudizi sono anche determinati da ignoranza, che si può elevare, ma il problema insormontabile è che non si può elevare un livello conoscitivo basso, per cui la persona con bassa conoscenza, non accetterà di essere istruita, ritenendosi indegna o incapace, o, pur nel caso accettasse, dimostrerà poi nei fatti di non poter comunque superare un determinato "scalino" di competenza.

Dunque, tornando al gesto: se io voglio suonare il pianoforte, e ho visto un grande pianista e voglio diventare come lui, una volta compresa la lettura dello spartito e il funzionamento del pianoforte, io dovrò rendere braccia, mani, dita (anche piedi) funzionali alla richiesta della mia mente, che avrà mille idee su come suonare un determinato brano, ma non può farlo perché impedita dalla "legnosità" dei muscoli. Perché devo esercitarmi per molto tempo, continuativamente, per raggiungere un elevato grado di scioltezza dei muscoli? perché l'istinto lavora in senso opposto: io rendo plastici, docili, i miei muscoli, pronti alle richieste della mente/spirito, il mio istinto appena smetto tende a riportarli al proprio stato animalesco, cioè "pinze" per afferrare e maneggiare, grossolanamente, oggetti che secondo lui servono per procurarsi il cibo e provvedere alla propria difesa e vita di relazione. Questa è una dura legge, pressoché incontrovertibile. Detta così, potremmo chiederci a che serve saperlo, visto che non sembra esserci via d'uscita? Ma per la verità uno spiraglio c'è. Ma dobbiamo completare prima il ragionamento. Si diceva di "sublimazione" del gesto.

Il termine sublimazione per il M° Celibidache, derivando dalla filosofia fenomenologica, era il trascendimento. E' un termine che nella scuola Antonietti risulta discutibile, perché può far pensare a un essere trascendentale, cioè non appartenente al regno fisico, e qui finiremmo in un ambito religioso da cui invece vogliamo tenere le distanze. Se però si intende, come Celibidache intendeva, il passaggio dallo stato materiale allo stato spirituale comprensibile all'uomo, allora si può accettare. Abbiamo già parlato di "non oltre", e in questo sta il senso di questo discorso. Lo spirito o conoscenza che è nell'uomo, per potersi esprimere in totale libertà senza impedimenti, dovrebbe, per l'appunto, "trascendere", cioè superare la barriera del fisico umano, dovrebbe annullare il corpo. Questo però è impossibile, perché lo spirito non possiede gli strumenti, per l'appunto, fisici, che gli consentono di rivelarsi, di esprimersi. Dunque necessita del corpo, ma, in quanto corpo con esigenze e bisogni, il fisico non può raggiungere quella condizione assoluta che sarebbe prerogativa dello spirito, ma, se disciplinata secondo un ideale di perfezione, può raggungere quello "stop" che definiamo "non oltre", cioè quella condizione oltre la quale il corpo dovrebbe annullarsi, o meglio "sublimarsi" (che come sappiamo è quel processo fisico secondo cui un corpo passa dallo stato solido a quello aeriforme). E' una condizione rarissima, ma possibile. "Non oltre", per un artista, significa aver raggiunto quella condizione di annullamento della resistenza istintiva, perché assunta a livello di "senso".

I sensi si originano, e si modificano nel tempo, in base alle condizioni ambientali della specie. Ciascun essere, e in particolare l'uomo, che è l'ultimo anello della catena, possiede una quantità inversomile di "potenzialità", cioè di capacità che non si esplicano, ma si trovano allo stato nativo, non sviluppato. Questo, in casi straordinari, può anche accadere in singole persone, e allora li definiamo "paranormali", perché riescono a fare cose inspiegabili, tipo piegare gli oggetti, percipire pensieri, ecc. Quando i caratteri dell'ambiente mutano, anche i sensi, o le stesse proporzioni fisiche, si adattano al mutare delle condizioni, tipo sviluppare un dito della mano, modificare la forma degli occhi o il colore della pelle, ecc. Quando avviene questo, il mutamento viene accettato e "incamerato" dall'istinto come necessario alla sopravvivenza. Avvenne, ad es., nella specie "homo sapiens" l'accettazione della parola verbale, inesistente nelle altre specie umane allora esistenti, e ne determinò la vittoria nella selezione. Ma la parola non è il canto, inteso come massima espressione musicale. Il canto necessita di un complesso di impegni fisici, dal diaframma alla laringe al faringe a molti altri organi, più o meno direttamente, che non sono utili alla vita, e anzi confliggono con le esigenze fisiologiche. Dunque, l'unico mezzo per poter arrivare alla massima espressione vocale, superare le resistenze dell'istinto al punto di poter annullare l'allenamento quotidiano, in quanto superfluo, è quello di far assurgere il canto, in quanto Arte, a senso, nuovo senso fonico.

Per far questo non abbiamo bisogno di "tecnica", che è un insieme di regole meccaniche senza un orientamento spirituale, che, se frutto di buoni insegnamenti, riuscirà a tenere "a bada" la reazione istintiva, ma a costo di un esercizio costante, bensì di una disciplina, cioè di esercizi che puntino sempre costantemente al raggiungimento di uno scopo superiore, che è quello di far assurgere la voce cantata a nuovo senso. E' vero che le due cose possono essere simili, ma, per l'appunto, è il punto di arrivo e il punto cui si mira, che divergono. L'Arte punta alla perfezione, intesa come raggiungimento di un "non oltre" del proprio fisico; la tecnica punta a un costante miglioramento, o mantenimento, non considerando (considerando impossibile), il raggiungimento di un punto di arrivo insuperabile.
Per correttezza, è giusto spiegare che due persone che si ritrovino a conquistare il non oltre fonico, non saranno "identiche", ma avranno lo stesso concetto di perfezione, riconosceranno l'una la perfezione dell'altra, ma possono essere alquanto diverse: chi con voce più grande, chi più piccola, più bella, più brutta, ecc. ecc. Ma entrambe avranno sviluppato, con i propri limiti umani, la capacità di rendere sublime, perfetto, il proprio "gesto" sonoro.

Qualcuno, ragionevolmente, può chiedere: ma se io non appartengo a un livello conoscitivo molto elevato, avrò giovamento da questo insegnamento, o serve solo per pochi "eletti"? Partendo dalla considerazione che comunque le conoscenze "100" sono e saranno sempre e comunque pochissime e rarissime, sarebbe quasi assurdo istituire una scuola riservata a costoro; la scuola disciplina ed eleva il fiato di ciascun soggetto quanto nessuna tecnica è in grado di fare; disciplina le forme e mette in relazione i tre apparati (sintonizzazione la chiama il m° Juvarra) come ben pochi riescono; quindi è una scuola che permette a ciascuno di dare il meglio di sè, anche se non raggiungerà la perfezione o "non oltre"; ognuno certamente prenderà quanto ritiene sufficiente per rivelare il proprio coefficiente artistico, ma nessuno mai potrà ritrovarsi con la voce "a pezzi", con difficoltà superiori a quelle iniziali, con disturbi o patologie di vario genere, ma troverà sempre e comunque miglioramenti, e anche il tempo di "messa a punto", non sarà mai particolarmente superiore a quello di norma impiegato da altre scuole, anzi, qui il tempo viene impiegato con tale efficacia che spesso i risultati arrivano ben prima dell'atteso.

5 commenti:

  1. della cronoca...siamo tutti uguali :-D hi hi.
    A parte le battute, oggi l'ho letto 4 volte questo post, e penso che per un pò di giorni rileggerò a lungo prima di dire le miei impressioni.
    fatto sta ricordo benissimo quando nei primi anni di liceo pensavo a questi livelli. E avevo già allora intuito non si potessero smuovere...
    ma ti dirò per bene su e-mail approfondita...
    Proverò a spingerti Maestro a scrivere un trattato solo su ste cose, un giorno, anche se so a te non piace parlarne..
    cioa A.

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  2. toglimi una curiosità Fabio.
    Come ho detto devo razionalizzare e ordinare le mie idee prima di rispondere.
    ma come possiamo spiegare che uno stesso artista anche nello stesso periodo di tempo caschi da Arte a Campagna? Evidententemente non avevo raggiunto quel grado 100 di conoscenza che gli avrebbe permesso di cancellare qualsiasi malsano pensiero sul canto? Peccato perchè nel primo file era bel girato la boa dei 50 :-D

    Arte:
    http://www.youtube.com/watch?v=UwkAECRdih4

    Campagna:
    http://www.youtube.com/watch?v=PBmHyRqSo8k

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  3. Perché dici "campagna"?
    Comunque è evidente che Gobbi a quota 100 non c'è mai arrivato, e un certo modo di cantare garbato, che a lui non piaceva (glielo sentii dire in diretta alla radio in un'intervista) era nelle sue doti, ma non nella sua coscienza.

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  4. fafalio12:27 AM

    boh, in veneto si dice che una cosa è "di campagna" quando è fatta con cialtroneria e senza cognizione di causa e effetto.
    comunque si avevo intuito fosse piu una questione di doti che di coscienza.
    Certo che sarebbe da capire il nesso a questo punto tra conoscenza (quella innata e immodificabile) e coscienza e doti.
    le doti sono la conoscenza latente e la coscienza la conoscenza svelata credo..
    ciao.

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  5. Ah, ho capito, una cosa locale.
    Le doti sono una espressione evidente, non latente, del proprio stato conoscitivo, ma incoscia. Una persona con buone doti canore, canta! La coscienza è il ri-conoscimento delle doti, cioè, per l'appunto, il prendere coscienza di come si canta. Chi ha poche doti, non è detto che non possa cantare allo stesso modo, ma deve fare anche un percorso, solitamente non breve, per farle emergere e quindi sublimarle.

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