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giovedì, aprile 07, 2011

Del sorriso

Torno ancora una volta su una questione che mi sta molto a cuore, perché vedo troppo poco presa in considerazione sopratutto dai docenti di canto, che riguarda la suddivisione in almeno tre fasi del percorso educativo. Come ho più volte esposto, non si può pensare che un allievo compia nei suoi primi mesi di studio ciò che è destinato a chi è nelle fasi più avanzate. In questo abbiamo criticato anche un trattatista esperto come il Garcia e altri "scienziati" come il Mandl o il McKenzie, sul tipo di respirazione più idonea al belcanto, e non ripeto ora ma rimando ai vari post in merito. Ciò di cui mi occupo ora riguarda il cosiddetto "sorriso", di cui parla lo stesso Garcia e molti insegnanti. Anche questo è un argomento che riguarda le fasi educative. Ho già scritto che i muscoli e le parti mobili del viso, diversamente da quelli interne al cavo oro-faringeo che vanno lasciate accuratamente stare, rappresentano un po' la "tastiera" del cantante, e sono fondamentali nel guidare il fiato-suono alla migliore proiezione possibile. Tra le varie forme-chiave che si studiano nei primi tempi, una importante è rappresentata dalla forma della I chiara, che per l'appunto ci richiama la postura del sorriso. Ora, possiamo dire che sia possibile emettere anche altre vocali su questa stessa forma? Sì, possiamo anche affermare ciò: la E chiara, stretta, la A, e persino la O e la U sono possibili. Occorre però fare alcune precisazioni importanti. Prima di tutto è da notare che sempre di canto CHIARO parliamo, perché quella forma non permette altri colori; questo ci induce a ricordare che il canto chiaro può essere eccellente e anche importante ai fini educativi, ma sempre da utilizzare con attenzione sulle vocali diverse da I ed é, perché nel portare a un sollevamento della laringe è possibile anche uno spoggio. Quando può essere utile questo atteggiamento? Intanto possono esistere esempi di canto chiaro persino nell'opera, ma in fase educativa il sorriso può aiutare a indirizzare meglio il fiato nella parte alta del palato quando l'apertura della mandibola provoca abbandono e caduta del suono. Lo potremmo definire un escamotage per risolvere un problema contingente, dunque non è da ripetere a lungo, ma solo per il breve tempo necessario a far sentire e percepire il fiato più correttamente indirizzato, dopodiché lo si potrà lentamente modificare in favore della giusta ampiezza orale. Quando una vocale ampia, come una A, una O o anche una U si trovano tra I ed E chiara, con svariate consonanti, all'interno di una frase globalmente chiara, può essere conveniente mantenere anche la vocale intermedia di colore chiaro, e dunque atteggiata a sorriso. Queste sono forme che vanno benissimo sia in tempo di studio che per tempi successivi, però quando si arriva a un canto sul fiato consolidato, si potrà lasciare, perché comunque una forma rigida precostituita non è mai favorevole. Però esiste un altro punto importante e poco conosciuto di cui occorre parlare. Il cosiddetto sorriso è possibile mantenerlo e utilizzarlo anche sulle vocali ampie e verticalizzate, e non escludo, anzi lo ritengo assai plausibile, fosse il discorso degli antichi maestri del belcanto. Se si mette in tensione quella linea muscolare che va da zigomo a zigomo passando attraverso il labbro superiore, noi otteniamo sempre una sorta di sorriso che però non obbliga a mantenere anche la parte inferiore della mandibola in posizione chiusa. Quindi pur mantenendo in tensione la muscolatura alta del viso (ma io quando parlo di muscolatura alta del viso arrivo sempre al massimo agli occhi, MAI sopra di essi, anzi, ricordo e sollecito tutti a verificare con lo specchio che la fronte sia sempre distesa e rilassata, e anche le sopracciglia) noi possiamo tranquillamente dire la A, la O e la U con piena apertura della bocca. Nel fare ciò, che è consigliabile nei primi anni di studio, noi non andiamo incontro a pericoli di spoggio, in quanto l'ampiezza orale contrasta il possibile sollevamento del fiato, ma allo stesso tempo riusciamo a indirizzare più efficacemente il fiato verso il cupolino del palato, quindi a dare migliore ampiezza e pienezza di suono con minori probabilità di perdere appoggio.

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