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venerdì, luglio 29, 2011

Io... siamo

Già, un plurale majestatis. Torno a parlare e ad approfondire il tema dell'ego, che è fondamentale nell'approccio artistico. Esistono più aspetti legati all'ego, ecco perché ho usato il plurale. Aspetto legato al suono, alla proiezione di sé e alla fruizione artistica nel suo complesso. L'aspetto più negativo nel primo momento, quello dell'educazione del fiato, è il primo, quello relativo al suono: suono potente, suono ricco di squillo ed esteso il più possibile. Sappiamo che la voce è un portato della propria personalità, del proprio intimo; se noi pensiamo in termini narcisistici, il suono sarà lo specchio di questa indole. Questa scuola sa e diffonde la disciplina basata sullo sviluppo del fiato e della voce parlata; una voce che, come hanno detto più volte i grandi del passato, è "piccola", "sottile", "leggera". Tutto il contrario, dunque, di "potente", "grande", "grossa". Quello che può anche essere un risultato, cioè una voce che corre, che riempie ogni spazio, che rapisce l'ascoltatore con la qualità, il fascino e l'intensità, non potrà rivelarsi se ricercata; essa darà i suoi frutti quando tutti gli apparati saranno messi in condizione di dare il meglio, cioè quando non saranno "violentati", strapazzati, sforzati, ecc. Dunque, il primo ego si può sconfiggere o meglio superare, solo se si accetta di produrre suoni non apocalittici, ma giusti, relativi alle nostre possibilità contingenti. Se abbiamo un fiato sviluppato a 50/100, dobbiamo accettare anche un suono 50/100. Se ci mettiamo a spingere, schiacciare, tirare, affondare, può darsi anche che tiriamo fuori 80 e se abbiamo il fisico giusto persino 90, ma non arriveremo mai a 100, e potremmo anche piombare a zero se il nostro corpo e anche il nostro spirito non si trovano nelle condizioni di accedere a quella misura. La strada dell'Arte sarà sempre consona ai nostri mezzi; può darsi che ci si fermi a 50 o a 60, ma è un livello da cui non si torna indietro, e che ha sempre come possibilità di traguardo il 100. Dunque, il primo sacrificio è non chiedere al proprio corpo qualcosa che non può dare; se si accetta il suo limite, lo si imparerà anche a superare.
Il secondo ego riguarda la proiezione di sé: immaginarsi celebri, famosi, perennemente al top, fino al mito. E' l'immagine del narciso che mette sé stesso al centro, e di cui arriva anche a innamorarsi. E' fatale, ma anche virtuale, effimera, superficiale. E' una strada che è andata allargandosi a causa delle forme sempre più diffuse di spettacolo. Sono state fatte anche inchieste: cosa faresti per apparire in tv? Questo ha poi generato invidie, violenze, gelosie che sfociano in autentici delitti, che ci paiono assurdi, quando li sentiamo raccontare, ma che non sono affatto assurdi quando realizziamo che ci sono persone che non hanno altra ragione di vita se non il proiettarsi in un mondo di pura immagine di sé. Persone che non danno alcun valore alla propria vita, che muoiono prima dei 30 anni, per tante cause possibili: salute, suicidio, omicidio, incidente... sono cause e metodi di poca importanza; il coronamento del sogno di raggiungere la fama, ha di fatto rese vane tutte le altre ragioni di vita; hanno "colto l'attimo", e sembrano anche consapevoli che la morte è la sublimazione di quel gesto che non può spingersi oltre, rischia di diventare routine, e dunque la perpetuazione storica non potrà avvenire continuando ad apparire, ma sparendo! Questa è la più forte contrapposizione tra Arte e spettacolo, e quello che può spaventare, e ingannare, è che questa forza può essere da molti scambiata per Arte. Se il proprio ego è incamminato in questa direzione, non sarà facile accettare di cambiarla; è un dialogo interiore e occorre una disciplina feroce, dolorosa, per uscirne, e non è detto che ci si riesca. In questo senso droga psicologica (ego) e fisica è abbastanza logico che si associno.
Terzo piano dell'ego è quello artistico complessivo. Può coesistere o meno con i primi due descritti, ma può anche avere un suo ambito specifico. Si avverte a livello esecutivo, quando chi canta, o suona ecc., non esprime altro che sé stesso. Per quanti sforzi faccia per immedesimare, impersonare, trascendere un certo ambito superficiale, in realtà continua a recitare sé stesso. E' la forma di ego più comune e più facilmente smascherabile; anche istintivamente molti cantanti o attori hanno ricevuto critiche anche forti per non essere riusciti a passare a ruoli che esprimessero condizioni diverse da quelle tipiche del personaggio.
In questo senso, anche il cantante di grande e importante carriera può non dare reali ed efficaci insegnamenti neanche su un piano scenico e interpretativo, perché non sa comunicare realmente gli affetti, i sentimenti e le emozioni del personaggio, continuerà ad affermare i propri, dunque chi va a cercare la strada del perfezionamento da costoro, rischia di diventare un clone, specie se è della stessa corda vocale. Questa è la dimensione da cui ci si può difendere più facilmente, se si ha una personalità sufficientemente forte e autonoma, e lo studio, l'approfondimento, è la strada più semplice da usare per proteggersi.
Quanto ho scritto sia chiaro che rientra a pieno titolo nel discorso sulla libertà che sto portando avanti. Alimentare il proprio ego è una schiavitù, una resa alle forze più basse e materiali della nostra esistenza. Così come i cibi che ci piacciono di più spesso sono i più dannosi, anche le idee più piacevoli sono quelle che ci fanno più male.

5 commenti:

  1. salvo8:37 AM

    Trovo questo post uno dei più belli che abbia mai letto. Intenso, carico di emozioni, vero.
    Grazie per le parole così sincere ed i valori così umanamente e significamente riscontrabili.
    La voce e l'ego. L'anima e la psiche, l'egoismo e la vanità, il non rispetto dei propri limiti e questa corsa assurda verso l'effimero che ci trascina giorno dopo giorno in una gabbia vuota dove la voce non è più voce, l'arte non ha nessun significato e la libertà è un'illusione.
    Oggi è sempre più difficile essere educati, rispettosi sia verso gli altri che verso se stessi e la "voce" è solo un'affermazione del proprio ego... esisto quindi ti sparo le note, sentirai chi sono! Sapessi quanti ne sento così... in un mare di "applausi".

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  2. Grazie, Salvo, grazie a te per i commenti sempre puntuali e confortanti! Hai proprio detto bene, spesso i cantanti vorrebbero "spostarci" con la potenza delle loro note, che come giustamente hai appuntato altro non sono che la tracotanza del loro immenso e irriducibile ego. E quello non è quasi possibile "guarirlo".

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  3. Salvo_Baritono11:31 PM

    Molto interessante... (anche se io il discorso lo conosco bene!)
    Però Fabio vorrei chiederti una cosa riguardante non tanto il primo, ma il terzo punto che cmq come dici tu è anche parente del primo.
    Quando un allievo pieno di ego capisce e inizia la "terapia della mortificazione del proprio IO" può accadere che perda le proprie sicurezze morali(penso sia normale), fondamentali o quantomeno utili all'affermazione della propria carriera,(se quell'allievo vuole cantare nei teatri e non per forza per appagare il proprio ego). Noto infatti (su me stesso, ma anche su altri) come si vincano i concorsi canori o le audizioni in generale (e sono questi i passaggi obbligati se si vuol far carriera...) solo allorquando il cantante si appropria della sicurezza necessaria, che come diresti tu, l'arte conquistata non può fare a meno di dartela, ma quello che ti chiedo particolarmente è come si può risolvere il problema per un allievo che è ancora "in lotta" col proprio ego e che tal lotta gliha fatto perdere momentaneamente le proprie sicurezze utili per convincere chi ti ascolta.
    Grazie.

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  4. Cominciamo con il dire che la perdita o attuenuazione dell'ego niente ha a che fare con la personalità, la determinazione, la volontà, il carisma... L'ego è quella condizione che forma come un velo, più o meno spesso, sulla nostra coscienza, impedendo a questa di emergere, rivelarsi, e limpidamente mostrarsi a noi. L'affermazione della personalità è esterna all'azione artistica. Pensa a una pietra di granito che chiude un pozzo, completamente; eliminare la componente narcisistica, è come ritagliare un foro nel centro di questa pietra, sicché la canna del pozzo apparirà e potrò osservarlo e conoscerlo, ma la corona esterna continuerà ad esistere, senza aver perso forza e robustezza. La sicurezza dell'irresponsabile, privo di coscienza, è basata sulle sue convinzioni mentali: ricordarsi che SAPERE NON E' CREDERE DI SAPERE, MA SAPERE DI SAPERE!!!. Naturalmente c'è l'insicuro che semplicemente si rende conto di non riuscire, anche se ci sono persone talmente semplici che credono di far bene anche quando combinano disastri totali; pensa a persone stonatissime che cantano come nulla fosse! Beati loro!! La scuola, lo studio, accresce le condizioni di conoscenza (non LA conoscenza, ma solo le condizioni perché essa si riveli), ma può incidere negativamente sull'autostima, perché uno si rende sempre più conto delle proprie carenze, però quando questo avviene c'è anche l'apertura di un primo forellino nella pietra sul pozzo, dunque si aprono le possibilità di accesso al risultato artistico. In conclusione, però... non c'è altra strada, non ci sono scorciatoie nè trucchi. Se si vuole migliorare l'autostima e la sicurezza, non c'è che da seguire la strada della consapevolezza, quindi la disciplina tendente a far eliminare la "crosta" dalla coscienza e prendere atto di sé. Ricordarsi che un grave ostacolo in questo processo è determinato dal riflesso degli altri su di sé. Lasciarsi condizionare dal pensiero, vero o presunto (di solito è presunto) che le persone (o certe persone, non necessariamente più competenti di noi) possono avere sulle nostre prestazioni, è uno dei limiti più grandi per la conquista della limpida coscienza.

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  5. Salvo_Baritono3:15 PM

    Allora è un passaggio obbligato ed è solamante una questione di tempo.

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