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martedì, luglio 26, 2011

Liberté, liberté...

Sono le parole pronunciate da Guillaume Tell in quello che forse è il più meraviglioso ed esaltante finale d'opera, quello, ovviamente, dell'omonima opera musicata dal genio pesarese Gioachino Rossini.
In cosa può consistere la libertà di un cantante? Come per qualunque esecutore, egli deve aver superato la "schiavitù" del proprio corpo, potendo fare ciò che la mente chiede. In questo assunto ci sono anche delle limitazioni. Come ripeto, il concetto "far ciò che si vuole" è assurdo, oltre che impossibile. Si può fare ciò che si vuole nel quadro di un'esecuzione artistica. Allora, ad esempio, avere una estensione straordinaria non è di per sé il segnale di una voce esemplare. Può essere un fatto rilevante, notevole, impressionante, ma basta, non c'entra direttamente con l'Arte canora o vocale; in questo siamo al livello 1: percezione. Una voce umana mediamente può arrivare ad eseguire in modo perfetto due ottave, nota più nota meno, e gli autori classici si sono conformati a questa caratteristica. Quei ragazzi che vanno in cerca della scuola che permetta di avere quattro o cinque ottave, non sono sulla strada dell'Arte ma dello spettacolo, del "circo"; niente di male, basta capirsi. Rendere perfette queste due ottave è già di per sé un traguardo che rasenta l'impossibile, e non destinato a chiunque, anche pieno di volontà e determinazione. Ci vuole un "sacro fuoco" interiore, oltre che caratteristiche fisiche, temperamentali, psicologiche certamente non comuni. Qualcuno potrebbe chiedere legittimamente come mai impieghiamo tanto tempo, tanto spazio, parole, energie, per qualcosa che forse nessuno dei nostri lettori e allievi sarà mai in grado di raggiungere. Ma questo è un "dovere" imposto dalla nostra stessa condizione. Se c'è un giovane che ha in sé quella scintilla, noi dobbiamo far di tutto perché non vada persa. Ma c'è di più. Riteniamo che anche senza arrivare ad avere cantanti perfetti, il nostro compito di cercare di migliorare il livello di quest'Arte è comunque importante, e cerchiamo di lasciar tracce utili affinché i falsi insegnanti, i ciarlatani, i disonesti, i presuntuosi, possano essere riconosciuti e possano cessare di far danni. E' un obiettivo anch'esso impossibile, lo so, ma almeno spero che qualcuno, caduto in loro mani, possa salvarsi.
Dunque, un canto libero è un canto che permette all'esecutore di cantare con "verità", pronunciare le parole affinché il loro significato (e non il significante, cioè il suono "anonimo") possa raggiungere l'ascoltatore e muovere la sua coscienza, vale a dire indurre in lui quei sentimenti e quei moti dell'anima che una parola, o frase, vera può indurre. Quindi anche nell'insegnamento si seguono due strade: da un lato la "liberazione" del suono vocale dalle maglie dell'istinto, che non vuole lasciarlo andare, e quindi tutto il lavoro immenso di educazione del fiato sempre con l'orecchio attento a ciò che la mente "animale" crea in ogni momento per impedire questo processo, dall'altro la guida verso il vero. Parola o vocalizzo che sia, l'insegnante deve sempre insistere affinché ogni cosa pronunciata appartenga al vero. Esistono centinaia di sfumature di ogni vocale, ma, ad es., di vera O ce n'è una, e quella bisogna arrivare a pronunciare, con convinzione e fermezza. Potranno esserci momenti in cui si chiedono cose diverse, e il Maestro deve sempre spiegarne le motivazioni importanti che stanno alla base di questa scelta, che sarà e dovrà sempre essere transitoria. Nessun cantante artista può modificare la pronuncia delle parole; chi non sa o pensa che non sia importante pronunciare in modo perfetto il testo cantato, è lontano anni luce da qualunque conquista artistica. Quindi, per concludere, la prima e fondamentale conquista di libertà di un cantante, deve essere quella di poter pronunciare perfettamente entro la gamma di note che gli apparati vocali umani consentono.

2 commenti:

  1. salvo2:19 PM

    Osservando i "grandi", la cosa che mi ha sempre affascinato è da una parte la pronuncia consapevole e perfetta del canto e del parlato e dalll'altra la disinvoltura, la facilità e la "non volontà apparente" a produrre detrminati suoni... sulla scia di un fraseggio sorretto dal fiato ed incasellato tutto al proprio posto.
    La volontà a vincere l'istinto sicuramente conta tantissimo, ma quanto conta la consapevolezza della formazione di quei suoni?

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  2. Ciò che ha spostato il "mirino" del buon canto dalla parola al suono "vuoto", è stata la presunzione di voler fare suoni immensi. Una sorta di punizione divina. Aver perso questa familiarità ha reso tutto più problematico, complicato, difficile. Tornare a quel giusto intendimento, rende assai meno importante il concetto di "consapevolezza di formazione dei suoni". Quando si parla non esiste questa necessità, e quando si sa cantare ad un livello elevato, idem. Dunque il voler capire come si forma un suono esemplare è una complicazione piuttosto inutile; è semplicemente il risultato di un percorso "naturale". Quando dici: "fra martino", quella A, quella I, quella O, sono giuste. Dunque devi "solo" fermare quell'"attimo" di pronuncia e farlo diventare canto. Ovviamente non deve essere... fuggente!

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