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mercoledì, agosto 24, 2011

Il ribelle

C'è un luogo comune che forse non ho mai affrontato direttamente, pur essendo implicito in tutti gli scritti del m° Antonietti e miei. Ritengo di dover far chiarezza in merito.
Quando un cantante perde la voce dopo pochi anni di carriera, o va comunque incontro a un declino prematuro, il primo giudizio che viene dato comunemente è: "non aveva tecnica", oppure "aveva una tecnica sbagliata". Devo dire che essenzialmente questo giudizio è sbagliato, e vado a dimostrarlo.
Prendiamo due cantanti: il primo è un o una cantante che a 16/18 anni ha scoperto il mondo del canto, ha aperto bocca e ha cantato come un usignolo; è andato/a un po' di tempo a studiare musica, brani e stile, dopodiché ha debuttato e fatto carriera. Poi il declino, più o meno rapido. Il secondo cantante è un o una cantante che, pur in possesso di una voce ragguardervole, non aveva i requisiti per poter cantare subito, per cui ha studiato canto con qualche insegnante per 4 o 5 anni, imparando contemporaneamente le materie affini e quindi vincendo qualche concorso e iniziando una carriera, anch'essa entrata in crisi più o meno rapidamente. Allora noi potremmo dire che nel primo caso non c'era "tecnica", nel secondo caso la tecnica era sbagliata. Per la precisione ripeterò che si accomuna, con il termine "tecnica" un processo composto da due apprendimenti ben distinti e profondamente diversi: il primo, che chiamiamo anche "imposto", è legato ad una corretta emissione e educazione del fiato, il secondo è l'insieme di nozioni musicali e stilistiche relative al genere che andrà a realizzare: canto leggero, jazz, rock, operistico romantico, barocco, classico, ecc. Allora dobbiamo riconoscere che una tecnica erronea non fa perdere la voce; tutt'al più chi ci ascolta ci criticherà perché eseguiamo il nostro genere con uno stile impreciso (ad es. una coloratura "sbrodolata", l'incapacità di fraseggiare correttamente, ecc.) o commettendo errori ritmici e/o melodici... Quindi ciò che ci può portare a una fine prematura della carriera è un imposto sbagliato. Ma il mio intervento non vuol essere di tipo terminologico; anch'io spesso ho definito "tecnica" l'imposto vocale, anche se cerco sempre di precisare e non creare ambiguità in merito. Se il primo cantante esemplificato è in grado istintivamente o naturalmente di cantare, è giusto che acquisisca una tecnica, nel senso "stretto" del termine, ma l' "imposto" ce l'ha già, gliel'ha dato la natura. Allora cosa c'è di "sbagliato", cosa "non ha", qual è la carenza oggetto della fine prematura della voce? In realtà non c'è, non si può dire. Ciò che sappiamo è che minuscole "crepe" presenti nell'emissione di qualunque cantante "naturale", che spesso riesce a notare solo un autentico maestro di canto, col tempo si aprono, si amplificano e portano verso l'abisso ampi tratti della voce, spezzandola in più tronconi o creando vibrazioni, venature, opacità e infiniti altri difetti che rendono sempre meno piacevole, ampia, estesa e fluida quella voce. Ma perché? Non perchè "manca" qualcosa, e che sarebbe la misteriosa tecnica, ma perché "il ribelle", che ovviamente chi ci segue sa benissimo trattarsi dell'istinto di difesa, si accanisce contro ogni tentativo di rendere "naturale" qualcosa di non utile all'esistenza animale. Nel caso del secondo cantante, quello che ha dovuto studiare, cosa ha prodotto il danno che si è poi diffuso fino a rendere inefficace quella voce? Mettiamo, come quasi sempre è, che si tratti di una voce già bella, pastosa, risonante, e che sia carente solo di omogeneità in alcuni tratti e di una autonoma compiutezza esecutiva. L'errore non sta tanto o solo nel dare consigli sbagliati o di "non dare" i consigli giusti, ma nel sottovalutare o, peggio, non valutare affatto le reazioni istintive. Preciso ulteriormente: la seconda cantante, anch'essa, come il primo caso, dotato di bella voce, talento e qualità, nell'affrontare un'aria o un qualsivoglia esercizio, a un certo punto incontra un ostacolo, sente che "qualcosa" impedisce di eseguire una nota, una serie di note, una vocale, ecc., con la stessa facilità, omogeneità o precisione di altre. Quindi un punto problematico. A questo punto un insegnante, o autonomamente, cercherà di superare quell'ostacolo. Non si può dire realmente che un bravo insegnante dia un consiglio buono mentre un cattivo insegnante dia un consiglio sbagliato! Noi potremmo dire che entrambi gli insegnanti danno consigli giusti, ma possono rivelarsi entrambi deleteri se non sanno o non immaginano che qualunque tentativo di superare quell'ostacolo scatenerà comunque l'opposizione dell'istinto che anziché far migliorare l'emissione, produrrà un peggioramento. E da qui inizia la reazione a catena, perché la necessità di superare comunque l'ostacolo produrrà negli insegnanti, o nel cantante stesso, la necessità di trovare soluzioni, ma siccome la vera causa del peggioramento non viene riconosciuta ed è quindi ignorata, sarà abbastanza fatale il ricorso a un peggioramento generale di tutta la vocalità, cioè una "omogeneizzazione" nel difetto, perché portando a un livello più basso anche la parte di voce naturalmente buona, si va a togliere una percentuale di reazione da parte dell'istinto, e quindi anche il precedente punto di difficoltà risulterà meno evidente e sarà più facilmente aggirabile.
Non so se, nonostante gli esempi e i particolari, sono riuscito a spiegare il concetto, che ritengo molto importante da acquisire come abito mentale quando si educa una voce. Se ci sono zone buie, chiedo cortesemente di segnalarle e interverrò ulteriormente. Rileggendo mi rendo conto che la frase meno luminosa sia proprio l'ultima, e proverò a dipanarla prossimamente.

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