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sabato, ottobre 01, 2011

Il suono esterno

Accontentandoci del disegnino, concentriamoci sulla O esterna. Il discorso, come dico nel titolo, è riferibile a ogni vocale, ma preferisco limitarmi al momento alla O per il motivo che è una vocale "immagine", cioè possiamo identificarla propriamente come una piccola sfera, oppure, riferendoci alle labbra, come un tondo. Non sono un amante delle immagini, come delle sensazioni, e in genere preferisco evitarle, ma temporaneamente penso che, senza farne una questione capitale, possa avere qualche utilità. Quando, grazie alla disciplina, riusciamo a piazzare la O esternamente, come quando parliamo, avremo la sensazione di una pronuncia "piccola", vale a dire tendenzialmente "stretta", come "órso". Questo fatto non sempre corrisponde alla verità, ma contrasta semplicemente con la nostra tendenza a fare suoni larghi e "gonfi". Rimpicciolire la pronuncia (non solo in larghezza ma anche in profondità, cioè evitare di fare arretrare il suono verso l'interno) è un fatto importante (come ripeteva Schipa), perché favorisce la posizione avanzata. Se noi eseguiamo vocali larghe, è fatale che per poterle realizzare si vada a cercare una maggiore larghezza e quindi un arretramento verso la parte posteriore della bocca, con quanto ne consegue. La voce si realizza nell'aria fuori della bocca come se l'interno non esistesse più, questo è il tipo di risultato che vivrete. Si perderà completamente la sensazione fisica dell'interno di bocca e gola; il fiato, incidendo sull'arco alveolare in una condizione di rilassatezza e corretta pressione, ci darà l'impressione che attraversi l'osso e vada a formare la vocale davanti ad esso, però l'idea di fare volontariamente quest'azione è controproducente. La conditio sine qua non per realizzare questo risultato meraviglioso, è l'assoluta mancanza di spinta. Si deve avere l'impressione che la vocale nasca da sola in quella posizione, senza spinta, senza alcuna azione volontaria di pressione esterna o interna, concepita solo dalla nostra mente. In questa situazione anche le labbra non devono muoversi troppo, e devono giusto atteggiarsi, morbidamente, ad O, con una libera, morbida e accennata apertura della bocca in verticale. Dal punto di vista del fiato, la O esterna è come se si alimentasse autonomamente dell'aria di cui ha bisogno, senza necessità di aiuti da parte nostra, che sarebbero controproducenti. Checché se ne possa pensare, giacché non credo che nessuno misuri la pressione dell'aria durante l'emissione (giusta) e giacché ritengo che nessuno possa sapere quanta pressione è necessaria per muovere le pareti interne del faringe in condizioni di giusta rilassatezza, garantisco che quando l'emissione è perfetta il fiato ha la capacità di modellare le forme interne della cavità faringea (compreso il velo pendolo) in rapporto univoco con la vocale che si sta producendo, in termini di colore, intensità, altezza. Al variare di ognuno di questi parametri, o più parametri, le forme si "acconceranno" opportunamente senza alcuna nostra volontà, grazie all'opportuna modifica, sempre automatica, della quantità e qualità del fiato. L'emissione corretta della O esterna, così come ci darà l'impressione che sia sparito l'osso mandibolare, ci darà anche l'impressione di una emissione "alta" e priva di un "tetto", cioè non avremo più l'impressione che in bocca abbiamo un palato che divide la cavità orale da quella nasale. Questo fatto, che può spaventare le prime volte che si realizzerà, è naturalmente ben diverso dall'emettere un suono nasale. Da questa esperienza si possono capire i cantanti, anche importanti, che avendo doti vocali innate individuano delle sensazioni nel momento in cui si rendono conto di fare suoni eccellenti, e ritengono che trasmettere queste sensazioni sia il metodo più giusto per insegnare il canto. Purtroppo è quasi impossibile, a meno che non ci si trovi di fronte a un allievo con analoghe doti, che la sensazione di un vocalista già molto avanti nella qualità dell'emissione, per quanto inconsapevole, possa avere corrispondenti vantaggi nell'allievo alle prime armi, e anzi il più delle volte genererà ripercussioni negative, e da qui il nervoso dell'insegnante che di solito si scaglia contro gli allievi "negligenti", "privi di talento", ecc. ecc. Chi ha girato un po' di scuole e corsi, avrà vissuto prima o poi questa situazione. Quindi, come ho già scritto in passato, non dico che molti consigli e sensazioni di grandi cantanti siano sbagliati, anche perché sarei un presuntuoso a voler negare a qualcuno che ha fatto una carriera splendida, la correttezza delle sue impressioni riguardanti il processo vocale; il fatto è solo che quelle impressioni potranno servire solo quando ci si troverà in una condizione analoga, cioè quando si sarà pronti per cantare. Quindi il fatto di avere la percezione di una vocale che può risultare molto alta, addirittura davanti agli occhi, o al naso e fin sopra la testa, è severamente sconsigliato di ricercarla, perché produrrà solo danni!!! Quando tutti i pezzi del mosaico andranno al loro posto, noi potremo vivere con una tale libertà la nostra voce, da viverla veramente come "in paradiso", cioè svincolata dal nostro corpo, dai nostri muscoli, da lotte, contrasti, spinte, sollevamenti, ecc. Naturalmente non posso nemmeno illudere che il canto sia "puro spirito", perché per quanto si possa raggiungere la perfezione assoluta, la voce è e sarà sempre un prodotto (minimamente) materiale, pur se l'azione artistica riesce a ridurre al minimo ogni contributo della materia; risulterà però operativa solo una condizione di atteggiamento nobile, cioè quella condizione di respirazione galleggiante artistica, priva di appoggi, grazie a una giusta tensione della muscolatura del busto che eviti la caduta del petto. Praticamente a un certo punto anche il "bipolo", cioè il controllo del diaframma tramite l'appoggio superiore, risulterà così lieve e delicato da non essere più percepito. Il canto, una volta fuoriuscito dalla bocca, ci apparirà come proiettato non solo in avanti, ma anche verso l'alto, producendo una sorta di gittata balistica (attenzione che con proiezione non si intenda "spinta"). Senza farci prendere troppo dai voli pindarici, esercitiamoci a concepire questo risultato, prima di tutto con azioni rilassanti. Provare a immaginare la nostra O fuori della bocca senza il movimento di alcun muscolo, sarà già un punto di partenza interessante. Sicuramente avrete la sensazione di farlo col naso. Allora provate a chiudervi le narici, e verificate se è vero; in genere è una falsa impressione, che già vi stupirà e vi farà rendere conto che spesso le percezioni fisiche sono false. Se il risultato è già piacevole, attenzione perché facilmente cadrete nella trappola di non pronunciare correttamente, il che è un errore micidiale. Ma, per contro, appena cercherete di migliorare la pronuncia, tornerete a mettere in moto i muscoli, e quindi tornerete indietro. Il fatto è che la pronuncia è davanti, fuori, ma non deve essere schiacciata o spinta, ma uditiva, su quella "punta" del fiato che sgorga facile e leggera, come un alito senza pressione. Non cercate, ma fate "togliendo". Ripeto spesso ai miei allievi che questa è la scuola del "togliere", perché in genere sono più le cose da non fare che quelle da fare. Dimenticavo una cosa importante. Questa vocale, iniziando a eseguirla da note centrali e facili, salendo ci indurrà a modificarla e soprattutto alzarla internamente. Ecco, questo è ciò che si deve evitare assolutamente. E' e dovrà rimanere lì dov'è.

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