Translate

lunedì, ottobre 10, 2011

Intermezzo: le "intervocali"

Da sempre, nel corso delle lezioni, qualcuno pone la domanda: ma queste sono le vocali "italiane", non si dovrebbero studiare anche quelle straniere? A questo proposito dobbiamo dire che i suoni che l'uomo emette per scopi comunicativi sono pressoché infiniti. Se noi prendiamo lingue come l'arabo, quelle orientali e quelle africane, credo che lo spettro di sonorità copra, insieme a quelle occidentali, l'intera gamma delle possibilità espressive dell'uomo. Limitandoci alle vocali più usate nelle lingue europee, comunque, le sfumature sono davvero tante, senza contare, ad esempio, le differenze tra l'inglese e l'americano, cioè le locali. Del resto è noto che anche solo in Italia il modo di dire certe vocali tra nord, sud, est e ovest può cambiare sensibilmente, anche se si pone come riferimento il toscano. Ma ad esempio anche il tedesco di Germania e quello austriaco hanno differenze, e il discorso potrebbe farsi lungo. Allora la scuola italiana del bel canto, basa la sua didattica sull'italiano, ma anche sulla fortuna che nella nostra lingua le vocali "pure" sono quelle che richiedono l'atteggiamento orofaringeo più estremo. Non c'è una vocale che richieda più ampiezza della A, così come la I è in assoluto la vocale più chiara e la U quella più scura. Possiamo però dire che la E è già una vocale di "passaggio" tra A ed I, mentre la O è un passaggio tra A e U, ed è un esercizio molto interessante quello di realizzare un passaggio lentissimo e graduale tra tutte le vocali: é - i - è - a - o - u. Quando lo si esegue correttamente, è facile e illuminante percepire tutte le sfumature di colore e dizione tra una vocale e l'altra, che vengono originate dalla lenta ma graduale modificazione delle forme. Altro discorso è quello che viene fatto da molte scuole di canto, che inducono gli alunni a svolgere esercizi unicamente con le "intervocali" (ricordo che Rodolfo Celletti, noto vociologo non cantante, scriveva in un certo periodo - perché comunque andava a periodi - che l'insegnamento del canto si doveva basare sulle intervocali. Non gli ho mai chiesto come coniugava questa affermazione con la sua infinita ammirazione per Tito Schipa, che aveva le A che più A non si può!!). Questo è a nostro avviso un abominio, ben lontano da qualunque principio belcantistico e educativo. Diverso infatti è dire: esercitiamo anche le intervocali, che possono essere utili nel canto non italiano, un conto è esercitarsi unicamente con quelle. Con quale scopo, poi? Ma certo, la questione è semplice: siccome nel parlato comune è abbastanza frequente sentire che molte vocali, come la A e la E, vengono pronunciate molto male, cioè sgarbatamente, volgarmente, con aperture e accentazioni molto sguaiate, la soluzione, secondo loro, sarebbe quella di "arrotondarle". Questo è un pensiero profondamente sbagliato, è come fare un compromesso, ma con un problema alla base: non saper risolvere la corretta pronuncia delle vocali. Se infatti la A, mettiamo, si presenta sguaiata, sbracata, eccessivamente aperta, non si risolve facendo un suono "misto", che non è né carne né pesce (e che è la tipica soluzione che si prospetta nelle formazioni corali, ma lì ci può essere la scusante che non c'è il tempo e non ci sono le condizioni per affrontare e risolvere la questione), ma ponendosi il problema del perché avviene ciò e studiando le strategie risolutorie opportune, sempreché non ci sia già qualche scuola che l'ha superata (!). Come si era già scritto qualche decina, se non centinaia, di post fa, la questione è, tanto per cambiare, legata al fiato. Si tratta, in questo caso, di un fiato insufficiente, soprattutto nella qualità, a riempire la forma oppure di un fiato eccessivamente compresso in una forma piccola. Il mio personale consiglio orientante è quello di fuggire dagli insegnanti che basano la propria didattica sull'uso esclusivo o privilegiato delle "intervocali".

2 commenti:

  1. salvo9:47 AM

    Per quanto riguarda la corretta pronuncia, sulla base della mia esperienza, mi accorgo che quando si porge la parola cantando con una dizione corretta ed un fiato disciplinato, le labbra si protundono all'occorrenza e si allunga tutto il tratto vocale. E' corretta come analisi? Puoi parlarci dell'allungamento del tratto vocale (lo hai già fatto ma ripetere giova...)? Grazie.

    RispondiElimina
  2. Grazie, Salvo, hai fatto una correttissima analisi e ti rispondo in un post, dato che non mi pare di aver mai trattato direttamente il tema. Ciao.

    RispondiElimina