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giovedì, febbraio 09, 2012

Testate nel muro...

Mario Antonietti, il mio insuperabile Maestro, diceva: ho date testate al muro per 18 anni, poi un bel giorno mi sono ritrovato al di là del muro. I motivi per cui si ritrovò al di là del muro sono da ritrovare in parte nei 18 anni di testate, ma anche nella infaticabile ricerca della Verità, che ebbe coronamento perché, possiamo dire, già potenzialmente in lui. Furono 18 anni di amarezze profonde, di fallimenti, di insegnanti (considerati bravi, si prenda nota) che sistematicamente sbagliavano. Diceva ancora: "se uno di questi insegnanti si fosse accorto dell'errore - cioè continuavano a classificarlo tenore, essendo invece egli baritono - è possibile che io avrei cantato, e forse si sarebbe interrotto quel percorso che mi ha portato alla conquista di questo risultato artistico". In un certo senso, quindi, egli dovrebbe ringraziare la sorte per tutti questi fallimenti. Questo lo diceva anche Celibidache: ho imparato tantissimo dagli imbecilli! Ed è ormai un po' un motto di queste scuole: andiamo a vedere (o sentire) come NON si fa. Ora bisogna fare qualche ulteriore considerazione. Noi potremmo dire che un po' tutti coloro che affrontano il canto secondo una tecnica non artistica, e in particolare chi affronta un canto a connotazione fortemente fisica, potremmo dire che "dà testate nel muro". Dare testate nel muro non significa e dà nessunissima garanzia che si passerà al di là del muro, anzi possiamo dire che esclude questa possibilità. Quello che ha reso possibile la "sublimazione" è il fatto che esisteva interiormente una componente di ricerca di perfezione; in fondo anche al M° Celibidache capitò qualcosa di analogo, anche se a un livello di visibilità milioni di volte superiore, ed è in fondo ciò che Antonietti scrisse mille volte: Farinelli già famoso, sentì il Bernacchi, che lo criticò e lui smise di cantare e si perfezionò ancora 2 anni con quel maestro. Celibidache, già direttore dei Berliner da 5 o 6 anni, conosciuto in tutto il mondo, fulminato da una critica stroncante del suo maestro, Heinz Thiessen, si rimise a studiare da zero, approfondendo e dando vita a una disciplina che per chi la conosce e pratica è altrettanto straordinaria quanto una emissione libera e perfetta. Questo fu anche la causa fondamentale per cui lasciò i Berliner e le più grandi orchestre per oltre 20 anni. Quante persone avrebbero questo coraggio? Questo coraggio cos'è, se non la forza di dire no all'esteriorità, al narcisismo, al facile successo. Non è necessario che capiti ciò che capitò a Farinelli o a Celibidache, bisogna sapersi leggere dentro, interrogarsi e saper rispondere se si avrebbe questa forza. Se c'è la necessità di raggiungere quel tipo di perfezione, forse ci sono le condizioni di accesso. Altrimenti è sciocco perdere tempo; molti vogliono studiare in una scuola "difficile" per poter dire di essere perfetti, ma senza che ci sia una reale volontà e necessità di questo risultato.

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