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martedì, marzo 27, 2012

La torre d'avorio

Le accese discussioni che leggo in internet sul canto o sulla musica in genere, mi portano a una riflessione: ciascuno che abbia intrapreso una direzione nella via dell'Arte, si sente costantemente assediato, ma allo stesso tempo sulla giusta via, e quindi mette in campo ogni difesa possibile. Cosa significhi questo credo sia abbastanza evidente, ma a questo punto nasce anche una possibile contraddizione, perché la risposta potrebbe entrare nello stesso discorso: cosa, chi, può rappresentare che questa è la vera risposta? La verità necessiterebbe di "dimostrazioni", ma le dimostrazioni vengono sottoposte al giudizio di chi? Una persona che intende il canto esemplare come frutto di una forza muscolare, nel momento in cui sente un canto "puro", scevro da interferenze e ausili muscolari diretti, proverebbe un senso di "vuoto", di suono piccolo, povero. Lo stesso Tito Schipa, nonostante la fama e l'universale plauso, viene bellamente ignorato da alcune scuole, come "lezioso", voce d'altri tempi, fioco, ecc. ecc. Da qui poi le vere e proprie battaglie a colpi di "non capisci niente". E già, chi lo dice che uno capisce e l'altro no? purtroppo non c'è soluzione, perché ognuno è schiavo del proprio livello conoscitivo e istintuale. La verità ha creato un bel marchingegno per proteggersi! Ciò che smuove maggiormente l'interesse, la curiosità e la convinzione altrui è la dimostrazione spettacolare e atletica, per cui il cantante con un vocione enorme, per quanto messo male, interesserà molto di più di chi riesce a fare un legato sublime, o chi dimostra di avere più di tre ottave piene, per quanto inutili e urlacchianti, molto più di chi riesce a fare una bella mezzavoce, senza contare, comunque, che ogni prova passa attraverso un giudizio poco qualificato ("le orecchie le ho anch'io!"). Questo in effetti è il primo problema di ciascuno: come trovare il maestro di canto giusto. Ma attenzione, quando si dice: maestro di canto giusto non si intende "ideale", perché ognuno si merita il proprio. C'è chi, esplicitamente o inconsciamente, vuole l'insegnante rapido, di poche parole e di tangibili risultati, chi vuole l'insegnante "mammone", che segua l'allievo come un figlio, interessandosi di ogni aspetto della propria vita, chi lo vuole severissimo, chi lo giudica in base al prezzo (più è caro più è bravo), chi a quanto esemplifica (non sapendo, peraltro, valutare), e potrei andare avanti a lungo negli esempi. Anche su questo non c'è risposta, non si può dare realisticamente un consiglio unanime. Il mio maestro di direzione d'orchestra, Raffaele Napoli, diede la definizione di maestro "proiezione di sé", sui cui costruii un post che potete consultare. Per il resto c'è poco da aggiungere; ognuno - cantante, insegnante, trattatista, critico, recensore, ecc. - si trova su una propria torre d'avorio da cui arringa un pubblico, più o meno vasto, ritenendosi sempre e comunque nel giusto (oppure sapendo di non esserlo ma affermandolo comunque al punto di ingannare anche sé stesso), dimostrando il proprio valore, questo sì, ma esponendosi solo a chi realmente è superiore a lui, ma saranno in pochi a poterlo dire e poi essere creduti a loro volta, trovando giustificazione a ogni loro errore o insufficienza, e poi, purtroppo, creando anche situazioni di danno per gli sventurati che si affidano alle loro cure. Questo, lo sappiamo, capita spesso persino in ambienti controllati e delicati, come la salute pubblica, figuriamoci in un campo aperto e libero come quello dell'insegnamento del canto (non che i docenti di strumento, con tanto di diplomi e attestati, facciano cose molto migliori, peraltro...). Questo è il motore della vita, non c'è da essere ottimisti o pessimisti, perché progresso e regresso vanno in parallelo, come quantità e qualità, quindi non c'è che da affidarsi all'intuito, al buon senso, alla spinta interiore, sia quella che sia, perché l'augurio che si può fare a chiunque voglia cantare a un buon livello è quello di incontrare il proprio, giusto, insegnante, che sia perlomeno onesto e non dannoso. Augurare di incontrare il miglior insegnante del mondo, ammesso che possa esistere, non è necessariamente un augurio positivo, perché l'insegnante non può adattarsi a ogni allievo, o solo entro stretti margini, e l'allievo non può rinunciare a esprimere la propria personalità, e se questa non si allinea con quella dell'insegnante, gli scontri e la contestazione saranno inevitabili, e con queste la caduta di efficacia del rapporto.

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