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venerdì, maggio 11, 2012

Prime considerazioni sull'agilità

Cominciamo a dire che l'agilità va suddivisa in due categorie: quella legata e quella staccata. La prima, quantunque non semplice, è decisamente meno problematica della seconda, che è quella realmente virtuosistica e richiedente studi lunghissimi e pazienza, volontà, e diciamo anche una certa predisposizione; non che si voglia dire che l'agilità è una prerogativa dei più dotati, ma che l'apprendimento stesso richiede una pazienza e una perseveranza nello studio che può facilmente far arrendere. In questo post mi occuperò della prima. Quando dico che è più semplice non intendo che lo sia realmente, e purtroppo per molti rappresenta un tipo di agilità sciatta, sbrodolata, imprecisa. L'agilità legata richiede una ottima intonazione di ogni nota presente nella figura, che deve essere precisa, riconoscibile e di giusto valore. La maggior parte dei cantanti degli anni 50 e 60 che hanno eseguito musiche che richiedevano agilità, hanno utilizzato principalmente il legato (ad esclusione dei soprani leggeri di coloratura), ma in modo alquanto rozzo e deficitario sotto diversi punti di vista. Molte agilità venivano "spianate", come suol dirsi, cioè si saltavano alcune note per rendere il tutto più lineare e quindi facile, e poi con portamenti, scivolamenti e altre negligenze stilistico-musicali, perché da un lato ai cantanti non interessava eseguire quelle figure in modo preciso (quasi fossero segno di "mollezza", di "decadenza"), abbandonandosi anche alla percezione che anche al pubblico non interessasse, il che è piuttosto vero. Un esempio per tutti: Manrico, il tenore protagonista del Trovatore di Verdi, ha praticamente un solo momento in cui dovrebbe sfoggiare agilità, ed è la celebre "pira", che conclude il terzo atto. Verdi non scrisse un brano per niente facile! La parola 'pira' è infatti una quartina di semicrome sulle note Mi-Fa-Mi-Fa (quindi in zona passaggio), lo stesso si ripete su 'foco', e così via. Voi provate ad ascoltare un po' di versioni dei grandi cantanti che vengono riconosciuti come storici, e vi accorgerete di come la pagina venga stravolta. Altro che stile e filologia! Ci si picca tanto a contestare il celebre Do, ma a mio avviso è molto più grave che non si eseguano, o si eseguano "un tanto al kilo" queste quartine (spesso piene di H). A volte, infatti, vengono eseguite male, a volte proprio saltate a piè pari! Ma anche i soprani, nonostante per loro si sia abbastanza mantenuta la tradizione del soprano coloratura, sono cadute spesso in plateali appiattimenti dell'agilità, specie da parte dei soprani lirici e drammatici nonché dei mezzosoprani, fino all'avvento della Callas, che ha fatto da apripista a tutto il rinnovamento belcantistico.
Come per tutto il canto, l'agilità non è ugualmente facile o difficile su tutte le vocali. Per iniziare conviene partire dalle vocali molto chiare, "i" ed "é", su scalette brevi. Fin dall'inizio, però, al fine di calibrare bene l'intonazione, sarà utile fare esercizi (prima lentamente) semitonali, perché nel rapporto orecchio-voce, si tenderà a farli crescere, e non poco, sia in salita che in discesa, e sono estremamente utili anche ai fini dell'educazione vocale e dell'orecchio. Mentre non si incontreranno particolari difficoltà poi a passare alle vocali O e U, risulterà quanto mai ostico il passaggio alla A, che comunque è vocale pochissimo utilizzata dai compositori, se non la si è prima "purificata". Ma, a questo proposito, bisogna anche dire che oggigiorno non è pensabile lo studiare l'agilità prima di aver messo bene le basi di una emissione perlomeno accettabile. La A eseguita senza quella "piccolezza" e leggerezza che permetta al suono di rimanere sul palato alveolare e sopra i denti superiori, non possiede le caratteristiche perché la si possa muovere agilmente, sarà impacciata e pesante, ed è proprio ciò che succedeva a molti cantanti soprattutto del periodo immediatamente successivo alla Seconda Guerra, che avevano dimenticato il repertorio belcantisco, si soffermavano quasi unicamente sulle opere tardoromantiche, tutte scritte quasi esclusivamente su ampie melodie lineari, che hanno comportato poi il "gonfiamento" e l'immobilità vocale che ha contagiato anche le generazioni successive, con il problema, però, che all'agilità si è tornati, ma volendo mantenere i valori estetici - diciamo così - veristi, le due cose non "quagliano". Allora a cosa abbiamo assistito e a cosa stiamo assistendo? Cantanti che per cercare la quadra, ingolano, e non poco, per cantare sia il repertorio romantico che quello di agilità; cantanti che vogliono tornare filologicamente al canto sei-settecentesco senza la minima coscienza vocale di cosa potesse essere davvero il canto a quel tempo, e quindi improvvisando, inventando ingenuamente e dilettantisticamente, impedendo alla voce di espandersi e di suonare forte come, a mio avviso, era nell'epoca d'oro del canto, checché se ne dica, a giustificazione di tecniche educative assurde, teoriche - ma all'atto pratico inutili - o ridicole. Il belcanto è in primo luogo il trionfo dell'agilità, ma se non si parte da una condizione di emissione leggera, chiara, avanti, piccola (che si otterrà dopo un certo periodo di tempo mediante quella disciplina che possa mettere il fisico in grado di sostenerla, pura, omogenea, fluida), non si arriverà mai a un risultato accettabile. Quando si vorrà cominciare a eseguire figurazioni di più ampie dimensioni (ambiti di ottava e decima), uscendo anche dall'ambito della scala semplice, si potrà far uso inizialmente anche di consonanti (ad es. ti-ri o te-re), con lo scopo di apprendere efficacemente la giusta intonazione e sentire la fluidità e la scorrevolezza delle vocali durante quei sillabati, che saranno poi riproposti subito dopo senza consonante. E' questo il lavoro che richiede più perseveranza e pazienza, non bisogna demordere, avere fretta o demotivarsi. Dopo qualche tempo di esercizi fatti bene, con semplicità e estrema attenzione a non lasciar passare troppe imprecisioni, ci si accorgerà di come quasi improvvisamente e magicamente la voce cominci a risultare agile e perlacea nelle varie note. Questo sarà il segnale per espandere l'ambito degli esercizi a figurazioni sempre più complesse e a tutte le vocali.
Non l'ho scritto in apertura, ritenendolo quasi ovvio, visto che è un precetto che riguarda tutta l'educazione vocale, ma penso sia sottinteso che non si deve mai permettere la fuoriuscita di alcuna "H" durante la vocalizzazione!

2 commenti:

  1. Anonimo6:11 PM

    anche i soprani leggeri e di coloratura dovrebbero eseguire le agilità con questa emissione leggera, purificata?

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  2. Avendo ben chiaro cosa significhi "leggera" e "purificata", che non significa voce piccola o poco intensa, ma libera, fluida, allora quello dovrebbe essere l'obiettivo per tutti coloro che cantano. Il soprano leggero di coloratura è particolarmente favorito nell'assimilazione di questo tipo di emissione, ma spesso e volentieri finisce invece per spoggiare, per cui, pur dotata in origine di un ampio spettro di note acute e sovracute, finisce in breve tempo per perderle, urlacchiando e stonando.

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