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sabato, settembre 15, 2012

Piccolo - scuro

Trovo che spesso si manifesti una confusione tutt'altro che favorevole al buon esito del canto. Come diceva Schipa, le parole sono "piccole". Un consiglio che mi trovo continuamente a fornire è quello di tenere la pronuncia delle vocali, e segnatamente la O, piccola, cioè la "ó", che in dizione si definisce chiusa, termine che è prudente evitare per non suscitare ulteriori fraintendimenti. Quasi tutti tendono ad allargare i suoni, quindi a portarsi verso la "ò", che a buon diritto possiamo definire "aperta". Da un punto di vista professionale è logico che l'uso dell'una o dell'altra dipenderà dal testo (ma io vorrei sapere quanti cantanti e insegnanti analizzano il testo e fanno uso corretto delle é, è, ò ed ó). Da un punto di vista della disciplina di apprendimento vocale, però le cose stanno diversamente. Fin quando il fiato non ha raggiunto quella disposizione artistica che permette la piena libertà di emissione, le due O hanno esiti diversi in termini di qualità fonica. La O "larga", con l'accento grave (ò), è generalmente sconsigliabile, perché tende ad allargare le labbra e la si tende a pronunciare a livello faringeo; il suono pertanto tende a rimanere basso, largo e poco sonoro, quindi istigherà alla spinta e all'affondo. La "ó", che io definisco "piccola", o "stretta" (ma anche questo è un termine che può essere equivocato), è molto più educativa; tende a rimanere a livello labiale e non incita alla spinta. Tutto questo nell'ambito della gamma più comoda, diciamo registro di petto, ma poi cosa succede? La O larga in zona di passaggio diventa decisamente pericolosa e quindi sconsigliabilissima, il suono si allarga sempre di più e non si riesce più a compiere il passaggio se non con contorsionismi orribili e inascoltabili (ma purtroppo oggigiorno molto frequenti). La "ó" invece è molto più "anteriore", non investe la muscolatura ed è meglio indirizzata al canto sul fiato. Capita però un fatto, frequentemente: che venga recepita, interpretata, come "suono scuro", il che non è, cioè non ne è sinonimo, anzi, in genere intendo proprio il contrario. La O piccola e scura, tenderà nuovamente a rimanere in bocca, a fare "uovo", quindi a perdere brillantezza, appoggio, ricchezza e vibrazione interiore (interiore al suono, intendo, non interiore alla bocca!). Quindi la o piccola deve essere tendenzialmente di colore chiaro, sia in basso, dove quasi tutti cercano di scurire, allargare e spingere per far sentire di avere voce, e in questo modo, invece, perdono il fuoco, il "luccichio", ma soprattutto in zona medio acuta, cioè sul passaggio. Qui l'esecuzione risulterà particolarmente difficoltosa, perché la O acuta con il suo calibro ridotto forma una colonna d'aria piuttosto densa e quindi genera una pressione non irrilevante sul diaframma. A seconda dello stadio evolutivo dell'allievo, questo può generare una reazione, e quindi il suono diventa molto difficile da realizzare, oppure può venire scuro e faticoso e anche altre varianti. Diciamo che difficilmente nei primi tempi di studio l'allievo riesce a tenere la o piccola; in genere tutti salendo allargano e c'è poco da fare, bisogna insistere, tornare indietro e riprovare finché il fiato/diaframma sarà più accondiscendente. Quando le cose cominciano ad andare meglio, poi, c'è comunque la tendenza a scurire, sia per un malinteso pensiero che piccolo sia uguale a scuro, il che non è, come abbiamo già detto, sia perché si pensa sempre che il passaggio si debba fare con il suono scuro. Quando il diaframma (ovvero indirettamente l'istinto) è più reattivo e non ci lascia agire, uno dei sistemi per "domarlo" sarà anche l'utilizzo del suono scuro, però il giusto calibro della vocale correttamente pronunciata ci metterà in condizione di percorrere gran parte della gamma, se non tutta, con un colore omogeneo.
Ho posto particolare accento sulla O perché è la vocale che più di altre ha la tendenza ad allargarsi e a perdere appoggio e a ribellarsi al dominio, ma la questione si ripete con tutte le vocali. Particolare interesse riveste la "é", strettissima, che se viene emessa con grande spontaneità e nonchalance, è automaticamente avanti, non spinta, non di gola, appoggiata e sonora. Purtroppo quasi nessuno la accetta così com'è, perché si pensa che non suoni, che non possa essere cantata in teatro, che non sia "lirica", insomma. Non è così, e comunque il problema si ripresenta salendo, quando quasi tutti non resistono alla tentazione di allargare, spingere, ingrossare, gonfiare, schiacciare. Se si mantiene la dizione stretta, si riuscirà a percorrere gran parte della gamma in piena libertà. Purtroppo poi è sempre il fiato che a un certo punto "presenterà il conto", nel senso che quel tipo di suono, apparentemente piccolo e poco significativo, in realtà richiede un appoggio sempre più solido man mano che si sale, appannaggio di un imposto di grande classe, il che richiede tempi non brevi. In fondo il canto è tutto qua...!

6 commenti:

  1. Un altro inconveniente piuttosto antipatico che può presentarsi, nei primi tempi, quando si aggrediscono le note di passaggio con la O stretta, è una oscillazione, un vibrato veloce dovuto alla energia eccessiva e appunto alla forte pressione del fiato.

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  2. In effetti le vibrazioni possono apparire di quando in quando; le prime riguardano le labbra: la pressione del fiato e la scarsa padronanza dei muscoli facciali è facile che crei vibrazioni fino addirittura a rendere ingestibili alcuni suoni. In genere è sempre la scarsa o incompleta tenuta delle labbra a creare queste oscillazioni: non dimentichiamo infatti che il dominio del diaframma è gestibile indirettamente attraverso il fiato e quindi palato alveolare-denti ma anche labbra.

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  3. Personalmente per ovviare a questi problemi trovo molto utile ricorrere allo staccato, ricordandomi sempre i "binari" dritti e fermi orizzontalmente in avanti, così che il suono non si sollevi finendo indietro. Cioè, pensare la direzione dell'emissione più bassa, più incanalata orizzontalmente davanti alla bocca, rispetto a quanto verrebbe istintivamente da pensare quando si affrontano note un po' acute. Giusto?

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  4. Lo staccato è giustissimo, molto opportuno perché dà modo di ottenere un rilassamento che diversamente è più difficile. Per il resto sono sensazioni soggettive che ti possono aiutare ma che non sono generalizzabili, anche se il suono davanti alla bocca (che, quindi, non "sale") può avere utilità nell'evitare il sollevamento della colonna d'aria e quindi dello spoggio, però sempre tutto con molta prudenza, perché le sensazioni e i pensieri possono portare in tutt'altra direzione.

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  5. Te dirai che dopo la disciplina poi si possono dire le vocali ognuna a casa sua e che adesso per prima cosa bisogna sistemare il FIATO, il TUBO, il DIAFRAMMA VINCERE L'ISTINTO... solo dopo si è liberi di cantare! Ma quello che dici qui sopra mostra per l'ennesima volta un canto che non è'affatto unitario ma al quanto divisorio! Dividi le due cavità gola e bocca per buttare tutti i suoni anche quelli che per natura in gran parte vivono nella gola nella bocca. A questo punto penso che quel PICCOLE siano i suoni con la bocca, mai e guai fare un suono nella gola perchè si rischia di ingrossare allargare troppo... e quindi visto che poi i suoni con la bocca controllata e piccola poi risultano un pò chiari... e certo... devi aggiungere la parola Scura! Ma questa parola di scurire il suono dove l'hai trovata? Schipa, Antonietti o Poggi?

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  6. Ma questo delirio di parole che diavolo significa? "te dirai che dopo la disciplina poi si possono dire le vocali ognuna a casa sua..." ma dove hai letto questo, o come fai a interpretare in questo modo arbitrario ciò che ho scritto, e cosa significa? Dopo la disciplina si possono dire le vocali? Ma la disciplina consiste anche nel dire le vocali, che vuol dire "dopo"? A casa sua? Cosa significa, e dove l'hai letto? Per prima cosa sistemare il fiato? Certo, ma il fiato si sistema con le parole e con la disciplina, e ciò facendo si vince l'istinto. E' tutt'uno, niente di diviso. Divido le due cavità? IO?? Semmai è la tua scuola che escludendo la pronuncia e la relazione tra fiato e parola divide, per me è la stessa cosa, tutt'uno! Non hai proprio capito niente di quello che ho scritto, eh, ma perché non provi a leggere con l'umiltà di chi vuole approfondire e ha curiosità di sapere, e non la presunzione di giudicare e voler scoprire a tutti i costi che tu hai ragione e io torto? Mai e poi mai fare un suono in gola? Sì, questo lo dicevano già Tosi e Mancini, perché adesso arrivi tu a dire che invece va bene, io dovrei crederti? con quali argomentazioni? La parola scura? Lo vedi che non leggi, o leggi frettolosamente e prendi fischi per fiaschi? Rileggi; c'è scritto "che venga recepita, interpretata, come "suono scuro", il che non è, cioè non ne è sinonimo, anzi, in genere intendo proprio il contrario" poi: "Quindi la o piccola deve essere tendenzialmente di colore chiaro, sia in basso, dove quasi tutti cercano di scurire, allargare e spingere per far sentire di avere voce, e in questo modo, invece, perdono il fuoco, il "luccichio", ma soprattutto in zona medio acuta, cioè sul passaggio." e infine: "c'è comunque la tendenza a scurire, sia per un malinteso pensiero che piccolo sia uguale a scuro, il che non è, come abbiamo già detto, sia perché si pensa sempre che il passaggio si debba fare con il suono scuro.". Poi c'è questa frase: "uno dei sistemi per "domarlo" sarà anche l'utilizzo del suono scuro", ma come vedi è una alternativa, che senza scomodare Schipa Antonietti o Poggi trovi nel trattato di Garcia. Sii più cauto e meno impulsivo e leggi 2 volte prima di lanciare accuse. Ciao

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