Translate

domenica, ottobre 21, 2012

Meditazione Osborn

Ieri sera, sabato 20 ottobre 2012, al Teatro Alfieri veniva assegnato dal Club Amici della Musica "B. Valpreda" di Asti, il premio Aureliano Pertile al tenore americano John Osborn. E' stata un'occasione importante per alcune meditazioni non effimere che intendo mettere per iscritto perché hanno un rilievo. Nei giorni scorsi ho letto alcuni attacchi pesantissimi contro questo tenore (per la verità contraltino) asceso agli onori dei grandi teatri ormai da alcuni anni, e non ho voluto intervenire sia perché erano troppo pesanti e al limite del civile, sia perché volevo approfittare dell'occasione per farmi un'idea precisa dal vivo delle qualità di questo cantante, che ascoltai in diretta per radio nell'estate del 2010 in una edizione INTEGRALE del Guglielmo Tell di Rossini che aveva appeno inciso con Pappano. In quell'occasione trovai Osborn all'altezza della situazione e non ebbi particolari rimproveri da fare. Adesso capita un fatto: se, dopo l'ascolto dal vivo, vado su Youtube e provo a fare degli ascolti, non ritrovo NIENTE di ciò che ho sentito ieri sera! E' una cosa incredibile, ma che forse non è del tutto distaccata dal personaggio. La prima meditazione, comunque, è la riconferma che la registrazione vale poco o niente sul piano della valutazione di un cantante. Ci sono sicuramente voci più o meno fonogeniche, e Osborn non lo è di certo, ma comunque stento a capacitarmi che possano esistere divari così importanti tra ciò che si sente dal vivo e ciò che rimane in una registrazione, più o meno buona. Dicevo, però, che Osborne ha una singolarità piuttosto rara: ascoltato in quattro arie, è parso di sentire quattro cantanti diversi! Questo non so fino a che punto possa essere considerato un pregio o un difetto, o entrambe le cose, di sicuro da oggi più che mai prendo le distanze da ogni registrazione nel valutare le qualità di un cantante. Poco fa ho iniziato ad ascoltare un "a te o cara" del 2010, e se mi fossi basato su quello penso che avrei del tutto evitato di andarlo ad ascoltare, tanto la voce appare ingolata. Invece non è così! Oppure, dal 2010, il nostro ha fatto un passo talmente importante da riuscire a eliminare buona parte della gola; mi pare strano ma tutto può essere (non ho trovato registrazioni più recenti), e comunque resta il fatto che il Tell del 2010 in diretta radiofonica non mi pareva male. Comunque sia, la situazione così è apparsa: Osborn, da vero contraltino, tende ad utilizzare prevalentemente, quasi esclusivamente, la corda di falsetto. L'attacco di "una furtiva lagrima", ma posso dire l'intera aria, è stata "soffiata" sulla corda più sottile, senza quasi mai ricorso al rinforzo! Attacco quasi scioccante, che temevo il pubblico potesse contestare o ritenere deludente, invece c'è stata una grande ovazione, anche perché l'americano sa cantare! Ha un legato di gran classe, musicalità, enorme dinamica e un senso teatralissimo del gesto e dei tempi: i silenzi, nella cadenza finale, erano quelli più giusti per creare tensione e aspettativa che non ha deluso nella frase finale, a fior di labbro. Cantare sulla corda di falsetto leggero, senza peso, fin quasi ad azzerare la voce, è un azzardo che solo il coraggio della sensazione di essere udito può dare, e lui questo coraggio ce l'ha, ed è un merito raro. Che poi questo modo di cantare sia da considerarsi ineccepibile ed esemplare non lo posso affermare, perché, pur essendo questa LA SUA VOCE, cioè la voce di quando parla, lascia comunque più di una perplessità. Nel "lamento di Federico" le cose già sono andate un po' diversamente, dove alla leggerezza di alcune parti, espressamente previste dallo spartito (sempre con il dubbio su un falsetto un po' troppo "contro-tenorile") si alternavano parti alquanto sonore, piene, ricche e risonanti, con messe di voce di escursione straordinaria, che non ricordo di aver sentito da altri cantanti maschi. La "bomba", però, giungeva con la terza e più attesa aria, cioè "a mes amis", la "solita" aria dei nove do. Qui Osborn esibiva fin da subito una voce pressoché interamente tenorile, senza falsettini e cedimenti, veramente piena e sonorissima. Alcuni armonici poi sono autentici "fischi", penetrantissimi e "trapananti". A parte i do, che sono sì facili, ma veramente gagliardi (un po' gigionante il finale con un ribattuto sull'acuto che ha portato praticamente a 11 i do dell'aria), entusiasmanti. Molto piacevoli, professionali, le performance, molto simpatico l'uomo; da rigettare sicuramente le accuse di scarsa musicalità o espressività. E' a mio avviso un avversario persino superiore al fin troppo osannato Florez, per ampiezza dinamica, estensione, e capacità di legato. Il punto debole che ho captato è un certo "blocco" che si avverte, ma solo a tratti, quando entra in piena voce. Credo che l'uso disinvolto del falsetto, che come ripeto è la sua voce parlata, sia anche la sua ancora di salvezza, sul cui utilizzo ammetto possano levarsi contestazioni da parte di quanti non ammettono da un uomo una voce poco piena e "androgina", come disse Del Monaco a proposito del giovane Pavarotti. Personalmente sono dell'opinione che, entro un repertorio adeguato, ciò sia non solo lecito ma corretto. Anche Lauri Volpi, Gigli e molti altri hanno fatto ampio uso di un falsetto leggero, e come lui (non Gigli però) sapevano rinforzarlo senza "scalini". Certamente penso sia una voce del nostro tempo e probabilmente del futuro prossimo, nel bene e nel male, ma ciò che conta è che il cantante sappia eseguire correttamente il brano mantendendosi in un ambito di correttezza vocale ed espressiva dignitosa e professionale (nel senso più ampio di questo termine), e direi che Osborn c'è! Non mi pare invece il caso di commentare gli altri cantanti che hanno preso parte alla manifestazione, che, presentati come vincitori di concorsi autorevoli e partecipanti a stagioni liriche di un certo rilievo, ci hanno invece ahimè manifestato il livello di grave decadimento in cui siamo immersi.

Nessun commento:

Posta un commento