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domenica, febbraio 17, 2013

Crescere dentro

La cultura artistica vocale non riguarda solo l'informazione scientifica; crescere dentro significa porsi le domande le più strane, imbarazzanti, imprevedibili e misteriose, e meditare, conversare, leggere, chiedere e sviluppare nella propria interiorità fin quando nella coscienza saranno sbocciate le risposte sincere e profonde, verificate nella pratica. Torniamo ancora una volta, è un vero stillicidio, lo so, sulla questione dei registri. Come sempre, per poter assumere a coscienza, quindi non solo "capire", cosa succede quando si canta a un certo livello, bisogna partire dalla situazione di partenza. L'uomo "normale", che cioè ha una normale respirazione con due polmoni nella media, senza tare o difetti, presenta una situazione di meccanica laringea vocale alquanto disordinata e complessa. Le cosiddette corde vocali si presentano, per l'azione verbale quotidiana da parte da tutti i maschi e dal 90% delle femmine (oggigiorno), nella cosiddetta "corda spessa", cioè vibra tutto il fascio muscolare di cui sono formate e sono mosse dagli stessi muscoli interni tesi dalle cartilagini aritenoidi. L'altra meccanica di tensione delle corde viene gestita da muscoli esterni la laringe, che inclicano la cartilagine tiroide dove sono attaccate anteriormente le corde, che si presentano pertanto più tese e sottili (e da qui il colore più chiaro). Un dieci per cento delle donne, sì e no, utilizza questa emissione, oppure entrambe. La questione meccanica finirebbe qui, questa è la scena. Manca l'attore principale, che adesso farà il suo ingresso: signore e signori: il fiato! Il fiato è artefice nel bene e nel male di tutto ciò che accade, è accaduto e accadrà alla voce. Come già molte volte scritto, il fiato è il principale artefice dell'esistenza dei cosiddetti registri. La natura opera a risparmio, è economica, e quindi riduce al minimo utile o toglie tutto ciò che non serve. Noi abbiamo la vista di cui necessitiamo, non abbiamo quella dell'aquila perché non ne abbiamo bisogno. Probabilmente è mutata nel corso dei millenni, e probabilmente cambierà ancora perché la nostra attività visiva è sempre più improntata alla lettura di libri e schermi e sempre meno paesaggi lontani, dove un tempo si combattevano battaglie e si cacciava. Anche la voce è sicuramente mutata, da quando si parlava alle folle, agli eserciti, ci si chiamava e comunicava tra valli, nei campi. Quando le necessità si abbassano, anche i sensi si riducono. Quindi il fiato, in mancanza di una esigenza a mantenere attiva un'unica estensione omogenea vocale, ha fatto sì, riducendo il proprio potenziale, di alimentare solo i suoni del centro, per poter parlare, e in minima parte per mantenere attiva una porzione acuta per motivi di difesa, di allarme, di gioco, di sfogo competitivo. Questa riduzione energetica ha però prodotto anche altre "fratture", che si evidenziano con scalini, singhiozzi, rotture, serie difficoltà e persino impossibilità ad attaccare o mantenere determinati suoni. Tra corda spessa e corda sottile, come già scriveva Garcia, è probabile che si crei un "gradino", un passaggio brusco tra questi due atteggiamenti. La tecnica ha "inventato" diversi sistemi per far sì che non si verificassero inconvenienti. Passare "prima", oscurare, alleggerire, affondare... tutte metodologie esteriori, fisiche e inconscie che non possono risolvere il problema, ma attutirlo. Che poi, appunto, è un "problema"? Sì, lo è, viene vissuto come tale perché impedisce l'omogeneità, ma per i meccanicisti scientifici, si parte da una divisione da cucire, da due pezzi di stoffa diversi da unire meccanicamente, non un'unità da riattivare.
Il fiato, nella situazione che abbiamo presentato, è il fiato fisiologico. Il fiato fisiologico non consente di cantare in modo esemplare, perché è avulso da quel tipo di necessità, non avverte lo stimolo a potenziarsi, perché solo un cambiamento ambientale straordinario potrebbe indurre un'evoluzione simile. Ma in ognuno di noi c'è anche un margine di potenziamento, diciamo "tolleranza", per una serie di motivi legati alla vita di relazione. Dunque il fiato può migliorare le proprie prestazioni nei riguardi dell'attvità vocale, quando sia stimolata da esercizi e volontà. Allora mentre l'atteggiamento cordale meccanico del centro, cioè in corda spessa, può migliorare in potenza, in sonorità, in volume e intensità senza particolari differenze di carattere, nella corda sottile sono presenti più "strati" (essendo un atteggiamento e una meccanica più rozza, meno utilizzata e utile per motivi non raffinati), cioè la corda può vibrare in modo più leggero o più pieno e intenso (il secondo caso fu chiamato falsetto rinforzato). Tra queste due espressioni, nella maggior parte delle persone vocalmente incolte, si crea uno scalino, perché non esiste la possibilità di sostenere un passaggio graduale di intensità respiratoria con tutto ciò che consegue a livello diaframmatico, o è "spinto" o è "scarico", per cui si pensa che siano due meccaniche differenti (e saremmo già a tre, dunque). Gli uomini, poi, hanno la possibilità di imitare le donne, facendo una voce molto chiara, talvolta molto intensa e rimarchevole, che consente loro di esibirsi anche in opere al posto degli antichi castrati (come sopranisti o contraltisti), (e saremmo quindi al quarto tipo), talvolta invece con un falsettino molto debole e non intensificabile (e siamo a cinque!). Nella voce femminile, poi, più raramente in quella maschile, come dirò appresso, superando il do#4, cioè l'ultima nota dove le due corde, sottile e spessa, coesistono, la corda sottile può continuare a vibrare "in solitaria". A partire da questo punto verso acuti e sovracuti tutti i grandi maestri del passato hanno dato al settore il nome di registro di "testa". Di fatto non è un registro (come ha argutamente scritto Garcia), ma solo una porzione di gamma vocale dove è richiesto un atteggiamento respiratorio leggermente diverso perché la porzione di bordo vibrante diminuisce.
Ecco, dunque, che ancora una volta ci troviamo di fronte a una volontà divisoria. Se è vero che esistono questi scalini e questi diversi colori e intensità, è vero che essi non devono farci presupporre differenze e divisioni, ma solo povertà respiratoria, limitatezza qualitativa, che una sana, rispettosa e illuminata scuola di canto che prende con le molle le "scoperte" scientifiche (che poi... qual è la fonte ufficiale di tante scoperte? Fussi? è l'oracolo della vocalità scientifica?) sa che esiste un'unica "corda", un'unica gamma vocale, che si è divisa a causa di un risparmio respiratorio e si è divisa in più parti, cui sono stati dati nomi di varia natura, a seconda delle percezioni soggettive, delle analisi visuali o altro, ma che non starò a ricordare e riportare perché sinceramente credo che sia ora di finirla. Conta solo e unicamente una cosa nel voler percorrere un sentiero di miglioramento vocale, e cioè quello di conoscere la via per ritrovare quell'unità perduta. Il mio maestro, il sottoscritto, molti allievi del mio maestro e miei e di altri che hanno seguito questa via, hanno dimostrato e possono dimostrare nei fatti che una voce acuta molto leggera, al limite del sussurrato, può essere rinforzata fino a farla diventare un acuto pieno, vibrante, squillante, sonoro, intenso e viceversa, può essere ridotto a zero. Questa è sempre stata l'arte di cui hanno parlato i testi, i trattati, e che sarebbe totalmente impossibile senza un'arte respiratoria di supporto (ma, per andare su esempi più elevati, si senta cosa è in grado di fare Lauri Volpi o si sentano alcuni esempi di Angelo Lo Forese). La meccanica non esiste, in chi raggiunge quel traguardo, e non esisterebbe, non avrebbe alcun senso, se noi avessimo già una respirazione tale da sostenere una modificazione delle percentuali di corda che vibrano. Ciò che sto dicendo è semplicemente che le meccaniche tornano a fondersi in una sola, che dalle note centro-gravi a quelle più acute utilizza sia i muscoli intrinseci che quelli estrinseci, e che utilizza dal bordo alla pienezza del muscolo vocale e viceversa. Punto. Con questo non dico, non posso dire, che il cantante avrà un'unica voce. Ci saranno ancora due aspetti: la volontà e le singolarità. La volontà significa che il cantante esemplare può usare a piacimento i colori di cui dispone, il che porterà a utilizzare differentemente fiato e laringe, ma questo sarà un servizio mentale, di cui non dobbiamo occuparci razionalmente. Le singolarità sono la cosiddetta voce di testa nei maschi che non posseggono, per impossibilità fisica, una prosecuzione della corda sottile oltre le note che definiamo "sovrapposte", cioè fino al do4. In questi soggetti (bassi, baritoni e tenori "classici") la voce di testa si presenta staccata dal resto della gamma e può essere utilizzata, grazie all'abbondante fiato a disposizione in concorrenza con la modesta porzione di corda vibrante, per cantare repertorio femminile con voce simile, e poi l'emissione dei primi armonici di corda spessa, che danno luogo a un falsettino molto limitato e leggero, che ha pochissime possibilità di utilizzo pratico in teatro ma può essere utile, come tutto, nell'esercizio respiratorio applicato. Se leggete il Garcia troverete tutto questo, che era il saggio pensiero di tutti i strepitosi cantanti e maestri del passato. La scienza può dare un'illustrazione più evidente e minuziosa, ma non insegnare ciò che si è sempre saputo come fosse l'acqua calda.

3 commenti:

  1. Cosa accade se sono in sovrappeso e non sono più tonico e psicologicamente giù di corda?
    Ecco, mi è capitato, tempo fa, tutto ciò...
    In quel periodo ho trovato delle difficoltà enormi. Mi sono reso conto che effettivamente senza fiato e soprattutto senza "quel fiato", non può esistere il canto artistico perchè, almeno per me, era tutto spinto, svogliato, pesante, appunto come il fisico e la mente si trovavano in quel caso. Qualcuna potrà obiettare, ma allora Pavarotti? Oppure grandi panzoni che cantano bene? Embè, qui ho i miei dubbi che cantino effettivamente bene. Lo stesso Pava, in alcuni momenti della sua vita dove soffriva con lo stomaco, il reflusso, la pesantezza, l'umore, ecc. non è che sia stato granchè... perdonatemi, ma anche il grande Pava, non è stato proprio "perfetto" vocalmente o meglio se avesse avuto davvero un fiato artistico (cioè se il suo fisico non l'avesse aiutato così tanto) molto probabilemnte non avrebbe avuto quella possenza di voce dovuta più alla quantità del fiato che alla sua qualità. Forse sto sbagliando, ma io penso sia così (quest'idea l'ho conseguita col tempo e maturando con l'esperienza cioè ascoltando bene le Voci...). Siamo sempre alle solite, non sono nessuno per giudicare ma secondo me per cantare bene devi stare bene e cioè devi seguire un percorso di vita (alimentare, psicologico, sportivo, ecc.) consono a quello che sarà l'obiettivo finale prefisso: un canto artistico. Certo non bisogna ridurre tutto a questo, ci amcherebbe... Genio, sregolatezza, sono cose che forse esistono per pochi fortunati ma quasi tutti noi secondo me dobbiamo tendere a questi principi basilari, giorno dopo giorno. IL fiato non fisiologico, proprio perchè non avvezzo e quindi istintivamente scorretto e tendente alla ribellione, deve essere abituato, instradato, corretto e questo lo puoi fare solo se sei una persona corretta, disciplinata, sensibile, buona, volenterosa... un pò alla volta, a piccoli passi,tra mille dubbi,tra mille curiosità, ma secondo me con questa consapevolezza. Non puoi dire ad un bambino di comportarsi bene e non buttare le cartacce per terra se sei prima tu a non farlo... Gli esempi servono nella vita, eccome.

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  2. Per motivi che non descrivo adesso, ci sono persone - lo sappiamo bene - che hanno un dono prezioso e strabiliante fin dalla nascita o dall'età in cui possono metterlo in atto; Pavarotti era uno di questi, dotato di voce bella, facilissima, estesa, squillante e sonora. Questo è dovuto soprattutto a una condizione del fiato particolarmente privilegiata, in coordinamento con un apparato vocale sciolto ed equilibrato. Ogni dono però richiede cura e "manutenzione", perché "sorpassa" la coscienza, non vi mette radici. Per questa ragione uno come Pavarotti dovette tornare a esercitarsi e riflettere quando anche con un fisico possente le condizioni andavano scemando, e per sua fortuna e intelligenza riuscì a riprendersi, benché sia incorso comunque spesso in incidenti e prestazioni modeste. Molti altri cantanti non hanno avuto un dono così straordinario, non hanno saputo rimettersi in discussione, non hanno avuto l'intelligenza, la prontezza, il tempo o altra motivazione per fare "il tagliando" e son finiti come son finiti. Schipa, ancora nell'anno della morte, cantò alcune cose che sono state registrate; sentiamo un uomo che fisiologicamente aveva il fiato corto, ma ancora in possesso di quella "sostenutezza" che gli permetteva comunque ancora suoni magici.

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  3. Salvo2:00 PM

    Non so se hai mai provato a scendere giu in acqua (a mare) anche a 4/ 5 metri di profondità... sin dall'età di 12/13 anni ho avuto la fortuna di farlo con grande passione. Il mare rappresenta ancora oggi, per me, il mio elemento naturale, ed un pò ho trasmesso ai miei figli questa passione. Capisco perfettamente cosa vuoi dire con l'esempio di Schipa... io purtroppo, per una serie di vicissitudini, non ho potuto coltivare questa passione del "sub in apnea" (qualche volta sono sceso anche con le bombole per la verità)come avrei voluto, e ti posso garantire che è una esperienza unica che consiglio a tutti... sentirsi elemento nell'elemento, fonderti con esso. Sono sensazioni uniche, anche lì sotto è questione di fiato (soprattutto quando sendi a molti metri), di concentrazione, di vincere e convivere con le paure naturali dell'uomo, l'immensità, la solitudine, il tuo respiro cadenzato, pieno, profondo, i battiti del cuore, quel silenzio meraviglioso e tutto il mondo subacqueo che ti circonda (ho visto dei fondali bellissimi da mozzafiato... da precisare che non ero un sub cacciatore). Ebbene ancora oggi quando posso, certo non col fiato di una volta, riesco ancora a scendere giù per commuovermi e per estasiarmi (è un pò forte come sensazione ma ti prego di credermi che è vera). Conosco "vecchietti" ben più avanti con l'età della mia, che con pinne e maschera vanno giù con un fiato da paura e una leggerezza unica (l'avevo anche io per la verità, quando a pelo d'acqua devi inabissarti, descrivendo una L e scendere giù, dritto, senza muovere filo d'acqua e così pinneggiando devi andare giù quasi senza "peso" senza "forza" ma solo col leggero e costante e flessuoso movimento delle gambe e delle mani), appunto quella "sostenutezza" che con un filo d'energia ti permette di fare cose magiche. Grazie Fabio.

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