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venerdì, febbraio 15, 2013

Divide et impera

Dopo tanti post in cui ho esortato all'unificazione e al traguardo dell'unità, parlerò di qualcosa che invece va diviso. Non mi riferisco a qualcosa che è unità o che si possa intendere come tale, ma di stimoli che coagiscono influenzandosi, ma che vanno divisi e ripristinati nella loro purezza. Semplicemente potremmo dire: azioni e reazioni. La nostra volontà di agire, specie nel campo artistico, non è isolata, e pertanto non può esperire tutta la forza di cui è capace, perché stimola - o provoca - i nostri sensi e ciò comporta reazioni, che possono essere di carattere fisico, nervoso ed emotivo. Sto raccontando, in pratica, sotto altra forma le cose già dette mille volte, ma nella convinzione che ciò possa accendere lumi ulteriori in chi legge, dato che senza un apporto operativo diretto, le parole risultano sempre e comunque limitate e interpretabili. E' sicuramente una legge molto dura da superare quella che lega la volontà alla parte sensibile e al pensiero. Un esempio di persone che devono allenarsi a lungo per superare questo legame sono coloro che hanno a che fare con eventi traumatici e rilevanti, come i medici chirurghi, i vigili del fuoco, alcuni poliziotti particolarmente addestrati, alcune tipologie di piloti. Si vedono spesso nei film i poliziotti che durante l'addestramento devono sparare a delle sagome che appaiono all'improvviso e in questa attività devono evitare di sparare a persone non coinvolte, come passanti, bambini, ecc. Cioè si deve rompere quella catena di azione-reazione legata all'istinto di difesa. Chi compie missioni molto pericolose, deve riuscire a superare, impresa davvero ardua, il senso di sopravvivenza propria nella superiore necessità di salvare altre persone. Quando si compie un cammino di introduzione all'arte, non si arriverà a simili livelli di sacrificio, ma per certi versi l'impegno da profondere sarà assai simile, e ci porterà a quello stadio di conoscenza di noi stessi indispensabile per il riconoscimento di ciò che vogliamo trasmettere. L'azione vocale, per risultare purificata e ricondotta all'essenzialità di un'arte respiratoria capace di suscitare suoni totalmente liberi, deve essersi sgravata da quei legami con reazioni che passano dalle incontrollate spinte diaframmatiche alle immagini emotive di timore, trattenimento, chiusura, ecc. L'allenamento consisterà nel concentrarsi, meditare, sulla unicità della fonte emittente, cioè la parola semplice e le vocali e consonanti che in essa compaiono. Occorre prendere coscienza della enorme potenza contenuta nella parola. [Ogni parola è un nucleo energetico che rappresenta un’idea, o un insieme di idee; essa, inviata a una persona, o a un gruppo, produce effetti proporzionali alla potenza dell’emittente e consequenziali alla maggiore o minore purezza della sua intenzione. Ciò corrisponde ad una precisa verità sostenuta dalla Saggezza antica: “L’energia segue il pensiero e la Parola è ciò che lo concretizza” -  da "Il sentiero"]. Essa dobbiamo considerarla un concentrato, una forma esponenziale di componenti. Sono state le scuole di canto più recenti che hanno esaltato il valore del suono avulso dalla parola a far decadere quest'arte ai suoi minimi storici, e chi ancora oggi non riesce a cogliere il fondamento "nucleare" contenuto in essa, rimarrà legato alla gestione fisica, meschina e inutilmente sforzata di un canto sterile per quanto grossolano e rimbombante. Occorre saper cogliere ciò che è reazione, ciò che non nasce dalla volontà ma da forze non da noi autorizzate e guidate per poterle separare e scartare dall'azione vocale, che dovrà rimanere pura volontà, cioè flusso indisturbato e staccato da brame, desideri materiali ed emotività istintive per poter essere ricondotte alla responsabilità della coscienza vocale e musicale di chi può e sa operare in piena e assoluta libertà.

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