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venerdì, febbraio 15, 2013

Mi par...

Non farò in questa occasione un'analisi musicale di un brano, ma un'analisi vocale, stimolata da Jack con cui ho intrapreso una discussione sui registri. La proposta cade su un brano particolarmente acuto, "Je crois entendre encore" dai Pescatori di perle di G. Bizet (in italiano "mi par d'udire ancora", celebre la registrazione di Gigli), e sulle esecuzioni di Alain Vanzo e Alfredo Kraus. Il nocciolo della questione riguarda l'uso di registri definiti falsetti, falsettoni, testa e via dicendo. Siccome l'uso di questa terminologia da sempre porta scompiglio ed equivoci, cercherò di spiegare queste due esecuzioni evitando di utilizzarle e basandomi propriamente su ciò che accade. Iniziamo da Alain Vanzo.

Attacco pulitissimo e facilissimo. La prima domanda da porsi è: è una voce femminea, quella che udiamo? No, è voce estremamente facile, ma non femminea; non ci ricorda sopranisti o contraltisti imperanti nel mondo dell'opera barocca. Questa è una voce che fa uso praticamente di solo fiato, che sfiora e mette in vibrazione le corde senza alcun apporto di intensità, quindi esse si trovano in uno stato particolarmente rilassato, pur essendo in zona acuta, perché non vi è "peso", cioè intensità. Questo modo di cantare è straordinario, molto difficile da conseguire (alcuni lo hanno in natura, ad esempio talvolta lo si sente nel giovanissimo Di Stefano, ma lo si perde con altrettanto facile rapidità) e soprattutto difficile da mantenere su tessiture impervie. Ascoltando le prime frasi da Vanzo, si può godere del meraviglioso leggerissimo appoggio, che permette alla gola di rimanere ampia e rilassata, il che produce suono sempre bello, vivo, espressivo e controllato. La pronuncia è chiara, precisa, e senza articolazioni dure, ma quasi sempre aerea, esterna; giusto in qualche discesa (de ramiers) si nota un certo indurimento, ma di poco conto. Purtroppo anche lui ha dei limiti. La tessitura che riesce a reggere in quella condizione quasi magica finisce intorno al La3. Il primo si naturale (ivresse) non appartiene più allo stesso tipo di emissione precedente, si è perso l'appoggio. Essendo un valido ed esperto cantante, egli fa un suono piccolissimo, particolarmente suggestivo, ma se lo ascoltate attentamente noterete la differenza. Infatti per proseguire si interrompe e riprende (nonostante ciò un piccolo "scalino" si sente ugualmente). Anche nel secondo Si capita la stessa cosa, la voce (qui sì) diventa femminea, e nuovamente è obbligato a interrompere prima di riprendere la melodia. Anche il La di Charmant perde appoggio (e quindi timbro), e quindi conclude senza il do, che (apprendo adesso) non è previsto. Passiamo a Kraus. 

Fin dall'attacco, Kraus, pur instradandosi anch'egli verso un suono leggero, cerca più corpo. E' immediatamente in difficoltà, non regge sul fiato l'innalzamento di tessitura, ed è costretto a stringere e quasi gridare la E finale di "encore" e mantiene questa emissione piuttosto fibrosa sul "cacher"; nonostante la tessitura torni giù, la E non è meno spinta, però è evidente che "palmier" è sulla stessa emissione sul fiato di Vanzo. Quindi il mio pensiero è che cantino esattamente allo stesso modo, ma Vanzo ha una libertà, cioè un appoggio sul fiato, che Kraus, benché eccellente vocalista, non possiede. Devo lamentare, peraltro, da parte di Kraus un fraseggio e un legato assai più deficitario, discontinuo di quello di Vanzo. L'acuto, naturalmente, viene preso a piena voce. L'appoggio non è meraviglioso, la voce un po' indietreggia e la gola, e quindi il suono, non può avere l'ampiezza del collega francese; peccato non vederlo. Tra l'altro, proprio visualmente, si nota in Kraus una rimarcata tendenza a stirare le labbra orizzontalmente, il che, in alcuni momenti, è causa del sollevamento della base del fiato. Mentre la pronuncia di Vanzo è sempre vaporosa e avanti, le varie vocali, in Kraus, si spostano avanti e indietro (le i ad es. tendono a indietreggiare). Lo spagnolo esegue il do, sempre a piena voce e conclude in modo poco espressivo, ma comprensibilmente, perché l'approccio piuttosto meccanico dell'emissione non gli consente altra soluzione, a meno di eliminare completamente il peso, cosa che Kraus non credo abbia mai fatto. Sulla stessa linea di Vanzo è il grande Leopold Simoneau, anche se trasporta il brano un tono sotto. Non è niente male Brownlee, che con poca più intensità di Vanzo riesce a sostenere accettabilmente la tessitura fino al Do4. Gedda è interessante. Canta sul fiato senza avere la piena libertà di Vanzo, con un po' di gola, però, dotatissimo, riesce in alcuni punti anche a intensificare; però alla fine, sul do, non riesce a mantenere l'appoggio, non riuscendo a recuperarlo neanche sulla frase conclusiva. Di Stefano, nonostante fosse il 1944 o 45, e nonostante l'abbassamento di un tono, canta piuttosto perigliosamente non riuscendo quasi mai a trovare la leggerezza e l'abbandono magici di altre esecuzioni giovanili. Un esempio interessante è quello di Yasuharu Nakajima, che vorrebbe... ma non può! La zona centrale è facile e sul fiato, ma non appena deve salire non ha quella fermezza diaframmatica, oggi sconosciuta, che gli permetterebbe di mantenere libertà e leggerezza, quindi ingola e stringe a tutt'andare... (sentite lo sconosciuto - per me - Tino Rossi nel 36 come canta: sembra una canzonetta! per quanto stilisticamente sia orribile). Piuttosto deludente Bjorling, alquanto monotono in un'aria che rischia molto sotto questo aspetto (sentire Domingo, che la deve urlare da cima a fondo). Un vero ascolto-laboratorio è quello relativo a Roberto Alagna. Mi chiedevo, prima dell'ascolto, come avrebbe potuto cantare un brano del genere, ed ecco la incredibile risposta. Attacca in modo che fa spavento, perché sembra totalmente afono. Butta un mare di fiato e canta per l'appunto senza metterci un grammo di peso. Non avendo la disciplina per reggere una condizione simile, consuma barili d'aria e naturalmente si permette una cosa del genere solo perché ha due bei microfoni davanti, però l'esperimento è interessante perché rappresenta un approccio giusto per conquistare il canto sul fiato, ampio e libero, però ci vorrebbe quel dominio respiratorio che lui è ben lungi da avere, però tanto di cappello al coraggio! Tagliavini canta con ottimo legato e buone intenzioni vocali, ma ahimè non aveva il magistero di Gigli e men che meno quello di Schipa, sicché negli acuti stringe e mette di mezzo i muscoli non riuscendo a reggere tutto sul fiato, nonostante anche lui canti un tono sotto.
Lemeshev nel 48 fa un attacco da 10 e lode, un sogno, e dimostra di possedere i mezzi per cantare tutto sul fiato come su una nuvola, ma non lo fa! Rovina tutto andando alla ricerca di timbro e intensità e ogni volta ingolando orribilmente. Un vero peccato (l'acuto - sib, è uno strazio). Florez, devo dire, non è niente male. E' una registrazione dall'opera integrale dal vivo; certamente c'è emozione e timore, quindi corre seriamente il rischio di apparire monotono, monocorde, monocromo. Però qui è nel suo ambiente, e buona parte del brano è cantato con fluidità, anche se non riesce mai a essere realmente espressivo, non diminuisce mai l'intensità, non sogna e non fa sognare, ma forse potrà arrivarci. Ottimo, ma non eccezionale, McCormak, in difficoltà sugli acuti, nonostante canti un tono sotto. Pessimo a mio avviso Kunde, nonostante sia nel 2001, tutto invischiato in artifici muscolari. Piacevole Giuseppe Lugo (un tono sotto), lontano culturalmente da questo repertorio, con vocalità tendenzialmente sempre alla ricerca di squillo e timbro, però sempre facile ed espressiva (ma anche lui incorre in uno spoggio rischiosissimo - ma sappiamo che la stecca diventerà purtroppo la caratteristica dei suoi ultimi anni di carriera). Buone le intenzioni di Rudolf Shock, con anche un buon supporto orchestrale, ma anche qui c'è troppa distanza sia sul piano stilistico che vocale. Celso Abelo, una delle scoperte di questi ultimi anni, non appare all'altezza della situazione, decisamente in difficoltà negli acuti; molto meglio Brownlee. Piuttosto buono Sobinov, in russo, nel 1911, vocalità assai piacevole e fluida. Anche lui soffre per la tessitura, benché col solito tono sotto. Matteuzzi, con voce alquanto artificiosa, fin dall'inizio è in gravi ambasce di intonazione, il suono oscilla nei quarti di tono e produce un effetto mal di mare. Il suono comunque è querulo, ingolato negli acuti e quasi sempre fisso e inespressivo. Non so di quando sia la registrazione, ma probabilmente è tardiva. Deludente Miguel Fleta. Lo sconosciuto Richard Crooks non ha un imposto eccelso ma canta con eccellente gusto. Eccezionale prestazione di Smirnov nel 1911 in un impeccabile italiano. Escluso uno scivolone di gusto nel finale, per il resto è una delle migliori esecuzioni. Deludente anche Lauri Volpi (in effetti non sapevo nemmeno avesse registrato questo brano). Canta in un pessimo italiano, e nonostante abbia le caratteristiche di imposto per poter fare cose notevoli, appare decisamente non a suo agio, indeciso se stare leggero o dare voce, e pasticciando un po'. Le chicche ci sono, come l'acuto finale (che non è un do perché anche lui canta un tono sotto), però da lui ci si poteva aspettare molto di più. Non mi pare granché Osborn nel 2010 a Londra, abbastanza espressivo, ma vagamente ingolato e non a proprio agio sugli acuti. Piuttosto buono Legay (in tono). Meraviglioso Devries (anch'egli in tono); peccato per il vibrato che in disco è alquanto fastidioso (probabilmente in teatro non si notava granché). Voce di omogeneità, facilità, espressività, sicurezza, controllo rari. Nash è molto buono come stile e musicalità, ma non riesce a staccare totalmente la voce, e si sente un continuo controllo faringeo che limita la sua libertà di emissione e il piacere dell'ascolto. Grande Valletti, che copre la mancanza di Schipa. Non è sempre a proprio agio negli acuti (un tono sotto) ma la realizzazione generale dell'aria è superba. Caruso non mi garba affatto. Non ho ascoltato Bonisolli, Licitra e Villazon.

14 commenti:

  1. Prima di leggere l'ultima riga le volevo proprio proporre l'esecuzione di Licitra, che a dire il vero volevo proporre al posto di Vanzo, perché ancora più evidente

    http://www.youtube.com/watch?v=hoe2qRl2u8I

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  2. Anche Licitra, similmente ad Alagna, canta in falsetto senza peso e consumando un mare d'aria, però la sua esecuzione è chiaramente divisa in due zone; quella centrale o appena acuta, dove la voce, benché in leggero affanno, è gradevole, e quella più acuta, dove ingola notevolmente, perdendo appoggio; la gola si riduce a una cannuccia e il suono, perdendo appoggio, perde anche quella pienezza che invece altri conservano su tutta la gamma.

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  3. Oppure semplicemente utilizza un meccanismo diverso, detto falsettone!
    Nel falsetto vibra solo il bordo libero della corda, creando così meno armoniche rispetto alla voce piena, anche con tutto l'appoggio del mondo.

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  4. ... io che ho detto?

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  5. Lei considera falsetto anche quello di Kraus, ma solo più pesante, esattamente come gli acuti di Pavarotti che, a parte il fa di Credeasi Misera, non ha mai usato il falsetto. Lo stesso Kraus ha candidamente ammesso di non saperlo fare.
    La facilità di emissione è data dal tipo di meccanismo usato (pesante vs. leggero) e quindi torniamo nella confusione di parlare di falsetto-testa come fossero la stessa cosa.

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  6. Rispondo con un post.

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    1. Ho letto il post, ma francamente non ne ho capito il senso.
      Lei cita correttamente la fisiologia e la meccanica dell'organo vocale, poi prende come riferimento Garcia, che è stato lodato per il suo metodo, ma anche molto criticato per il suo celebre "colpo di glottide".
      Io non sono un fan di Fussi, anzi, come non lo sono del voicecraft.
      Però oggi basta una sonda per vedere chiaramente su di un monitor come funzionano le corde vocali, indifferentemente da quello che scrisse Garcia.

      Sono d'accordo sul fatto di unire tutti i registri, come sono d'accorso sul fatto di usare anche il falsettone nella zona acuta per ottenere maggior agilità e attacchi più morbidi.
      Quello però su cui non sono assolutamente d'accordo è considerare falsetto e testa alla stessa stregua, come non capisco perché da una parte parla con tanta precisione di anatomia e terminologia, per poi demonizzarla e rifarsi ai grandi artisti.

      E' indubbio che un tempo si cantava in modo sublime senza nemmeno essere al corrente dell'esistenza delle corde vocali, ma oggi non si sa più insegnare, c'è un caos tremendo, un allievo che cambia insegnante si trova ad affrontare metodi diversi se non opposti a quelli precedenti, non a caso le grandi voci sono ridotte al lumicino.
      Io stesso per un decennio ho dovuto sorbirmi, a caro prezzo, le più astruse banalità fantasiose, cose del tipo "pensa che la tua bocca sia un cubo e che l'aria passa nella metà sopra" o "pensa che il suono vada dietro la nuca", quando un solo trattato di logopedia offre esercizi semplici e chiari sul metodo più funzionale per espirare ed emettere i suoni.

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  7. Cerco di darti risposte le più esaurienti possibili:
    Ho letto il post, ma francamente non ne ho capito il senso.
    - Detto così, abbi pazienza, ma è offensivo e inutile. Qual è il "senso" che non hai capito?

    Lei cita correttamente la fisiologia e la meccanica dell'organo vocale, poi prende come riferimento Garcia, che è stato lodato per il suo metodo, ma anche molto criticato per il suo celebre "colpo di glottide".
    -- Questo cosa c'entra? Mica l'ho chiamato in causa per il colpo di glottide o altri elementi (su cui peraltro ho scritto). Ciò che dico, e che confermo, è che Garcia espressamente sui registri è stato il più chiaro e sintetico di tutti.

    Io non sono un fan di Fussi, anzi, come non lo sono del voicecraft.
    Però oggi basta una sonda per vedere chiaramente su di un monitor come funzionano le corde vocali, indifferentemente da quello che scrisse Garcia.
    -- Ma qui siamo in un altro dei giganteschi equivoci che ammorbano il rapporto tra canto e scienza. Le corde di chi? in che situazione, facendo cosa? Da quanto ho scritto, appare evidente che non è la stessa cosa guardare le corde di un buon cantante, di un cantante esemplare, di un urlatore... ecc. dunque non esiste un manuale che possa rappresentare con esattezza la situazione; è una interpretazione soggettiva del foniatra, così come le classificazioni, che infatti sono quasi sempre sbagliate. Se vuoi capire come funziona tutta questa materia è inutile che ti lambicchi il cervello per capire; devi andare da chi lo sa e che te lo possa mostrare e far vivere direttamente.

    Sono d'accordo sul fatto di unire tutti i registri, come sono d'accorso sul fatto di usare anche il falsettone nella zona acuta per ottenere maggior agilità e attacchi più morbidi.
    Quello però su cui non sono assolutamente d'accordo è considerare falsetto e testa alla stessa stregua,
    -- Ho spiegato molto molto chiaramente che solo nelle donne e nei contraltini (spesso) questo avviene, mentre negli altri maschi non c'è continuità e dunque appare come un registro staccato. Però la meccanica è la stessa, non esistendone una terza. Quanto alle risonanze, perdonami, ma è un concetto ridicolo.

    come non capisco perché da una parte parla con tanta precisione di anatomia e terminologia, per poi demonizzarla e rifarsi ai grandi artisti.
    -- Ho scritto altrettanto chiaramente che la scienza non va demonizzata ma considerata quale utile e anche importante complemento. Se non si vuol considerare la voce un'arte, non possiamo comunicare, parliamo due lingue diverse; se ti interessa il mio percorso, bisogna che fai uno sforzo per entrare in questa dimensione, che esce un po' dalla comprensione intellettuale quotidiana, per entrare in quella dell'io cosciente; a posteriori si comprenderà anche razionalmente.

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  8. E' indubbio che un tempo si cantava in modo sublime senza nemmeno essere al corrente dell'esistenza delle corde vocali, ma oggi non si sa più insegnare,
    -- pienamente d'accordo

    c'è un caos tremendo, un allievo che cambia insegnante si trova ad affrontare metodi diversi
    -- per forza

    se non opposti a quelli precedenti, non a caso le grandi voci sono ridotte al lumicino.
    -- Appunto! e allora perché non segui, insieme a me, quella strada?

    Io stesso per un decennio ho dovuto sorbirmi, a caro prezzo, le più astruse banalità fantasiose, cose del tipo "pensa che la tua bocca sia un cubo e che l'aria passa nella metà sopra" o "pensa che il suono vada dietro la nuca", quando un solo trattato di logopedia offre esercizi semplici e chiari sul metodo più funzionale per espirare ed emettere i suoni.
    -- Tempo fa ero tentato di scrivere uno "stupidario" sulle mille e più frasi che si sentono nelle varie scuole di canto; ogni tanto ne viene fuori qualcuna nuova. Quindi sono il primo a denunciare questa situazione assurda e anche disonesta, talvolta. Detto questo devo deluderti, perché se pensi che un trattato di logopedia possa insegnarti a cantare, farai poca strada, tant'è che non ho mai sentito di un logopedista che insegni canto; forse sono abbastanza onesti e lungimiranti per capire che è un'attività che va oltre le loro competenze. Mi piacerebbe però a questo punto capire cosa ci fai o ci vieni a fare su questo blog! Dici che sei d'accordo su (quasi) tutto, ma tutto cosa? Ti sei reso conto della filosofia che muove tutto il principio su cui si basa? Qui non ci sono metodi, non ci sono tecniche e trucchi. Purtroppo temo che, come tante volte è capitato, leggi un po' superficialmente qua e là e ti trovi d'accordo con quelle frasi di buon senso che affiorano. Ma quello è niente; come ho già detto, dovresti veramente leggere, con concentrazione e coinvolgimento, i capisaldi fondamentali che ho enunciato nei primi post del 2006 e poi ho cercato di approfondire (che non ti insegneranno comunque a cantare, come nessun libro o manuale o foniatra può). I registri sono una sciocchezza se paragonato a quanto esprimo sul come, perché e percome si studia canto, cos'è il canto, perché si canta, e perché si fallisce! (pur, assai spesso, pensando di aver vinto). Se hai voglia, propongo, mandami una email e spiega meglio qual è il tuo percorso, il tuo vissuto, in modo che possiamo dialogare con maggior coscienza di causa. Ciao

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  9. In realtà in provincia di Padova c'è una foniatra, con tanto di libri sull'anatomia della voce pubblicati, che insegna canto. Però di allievi eccellenti non ne ho mai sentiti, al contrario ho letto che non sapeva nemmeno come si eseguisse lo yodel!!!

    Questo per darle ragione. In ogni caso passo alla mail.

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  10. So di chi parli, la conosco. Foniatri ce ne sono, lo so, parlavo di logopedisti.

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    1. I logopedisti farebbero meno danni, insegnando almeno la corretta fonazione!
      I foniatri invece li vedo come osservatori un po' guardoni, che vedendo le cose dall'esterno "ci provano"

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  11. Anonimo10:39 PM

    Sono un lettore assiduo del suo blog, la ringrazio per la splendida disamina sull'aria "Je crois entendre encore". Sarei lieto di leggerne altre come questa, le trovo molto interessanti ed istruttive

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  12. Grazie a lei per il consenso. Se ha qualche suggerimento, lo segnali pure.

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