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sabato, febbraio 02, 2013

Non capite niente (esortazione!!)

Questo scrivere sovente mi permette di affinare e penetrare a fondo questa disciplina, e ho fiducia nel fatto che possa tornare utile anche a chi legge, che può trovare spunti e riflessioni che accendano fiammelle di intuizione fondamentali in chi apprende un'arte, posto sempre che la presenza di un insegnante-maestro è indispensabile. Non so se qualcuno ha letto il libro: "impare a disegnare con la parte destra del cervello" di Betty Edwards. Purtroppo non ho quel testo, ma ne ho lette alcune parti, che ho trovato molto istruttive. Ora io pongo la questione dell'apprendimento del canto in una prospettiva simile, ma con qualche differenza di impostazione generale, generatami in gran parte dal alcune letture recenti. In fondo l'argomento non riguarda solo il canto, anche se qui mi soffermerò pressoché solo su quello, essendo lo scopo del blog. 
Ancora una volta le osservazioni riguardano quell'involuzione cui stiamo assistendo nel mondo del canto e della cultura in genere; la Edwards pone la questione dell'apprendimento tra le due parti del cervello, io faccio un'analisi un po' più forte e parlo di mente e coscienza, o se preferite, mente e spirito, mente e anima o come altro vi può piacere. Ciò cui stiamo assistendo da diversi decenni è una prevalenza sempre più accentuata del fattore scientifico nelle attività umane, compreso l'insegnamento - in generale - e il campo artistico, segnatamente il canto. In questo non ci sarebbe niente di male e niente di sbagliato, se non fosse che la mente tende a chiudere i canali comunicativi con la coscienza, in sostanza vuol comandare lei (ed ecco che si vuole AVERE RAGIONE!, dove ragione - ancora una volta attenzione al significato delle parole - esprime propriamente il potere razionale, della mente) e non lasciare spazio all'immenso campo della spiritualità e dei sentimenti, che essa considera illogici, quindi estranei alla propria funzione, e inutili. Nonostante si stia parlando di approccio razionale e scientifico, questa prevalenza mentale è da considerare un'involuzione, perché la mente è comunque un organo del mondo puramente fisico, dell'evoluzione animale, istintivo. Certo che nell'uomo questa ha visto uno sviluppo straordinario, ma l'essere 'esseri umani' significa ben di più, e cioè possedere una coscienza umana, che è cosa molto diversa ed esponenzialmente superiore. Purtroppo, mentre la mente funziona abbastanza semplicemente, meccanicamente e automaticamente (uff, tutte ste rime in mente... che poi "mente" significa anche ... mentire!!!!), la coscienza richiede tutt'altro approccio e diverso impegno. Come stavo dicendo all'inizio di questo paragrafo, se noi andiamo un po' indietro nel tempo, in realtà ci accorgiamo che in passato era molto più frequente e naturale approcciarsi in modo interiore, non solo perché la scienza era ancora indietro (ma non sto parlando della preistoria, mi riferisco anche solo a pochi decenni fa, quando la scienza era già molto avanti), ma perché l'uomo era molto più coinvolto emotivamente, sentimentalmente e interiormente. Il fatto è che, come dicevo, l'approccio scientifico e mentale col tempo tende a soppiantare del tutto ogni altro tipo di apprendimento, e questo ci porta a vivere in un mondo sostanzialmente illusorio, dove la ragione (appunto) non consente di intuire la verità (perché è razionalmente inconcepibile, come l'eternità e l'infinito), la nega e ci impedisce di pensare che esista. (Questo riguarda anche la scuola tout-cour, detto per inciso! ma lasciamo stare). 

Entriamo in argomento. Da dove parte la rovina di tutto il campo canoro? Dalla necessità di "capire" come si canta, cioè dal voler razionalizzare il processo di apprendimento del canto. E' chiaro, poi, che ognuno che si fa un'idea propria su questo argomento e in questo modo ritiene di aver ragione, e da qui le dispute infinite e anche violente e il coinvolgimento - e questo fin dall'Ottocento - di medici e scienziati che, poverini, credono di aver capito tutto!. Ribadisco che non sto ponendo l'approccio scientifico contro o in alternativa a quello empirico o artistico o come altro lo si vuol chiamare! Ciò che intendo dire è che l'apprendimento non è appannaggio esclusivo della mente e della ragione, ma prima ancora di qualcosa che possiamo chiamare UMANITA', cioè una prerogativa assoluta dell'essere umano che fa affidamento ANCHE sulla ragione. In poche parole, la coscienza - o spirito - ha bisogno degli occhi fisici, delle orecchie fisiche, delle mani fisiche, ecc., per percepire il mondo attorno a sè, ma ha anche bisogno di un cervello fisico per elaborare le informazioni, però quell'elaborato è come il cibo masticato, cioè non è ancora ASSIMILATO! Allora il grave rischio cui stiamo correndo incontro è una sorta di morte dell'anima per mancanza di sostentamento, perché se continuiamo a "masticare" con la mente ma non diamo modo alla coscienza di assimilare, l'uomo, cioè l'essere umano nella sua completezza, rischia grosso. 
Il motivo fondamentale per cui la scienza e l'approccio scientifico e meccanicistico non basta e non è utile alla causa del canto, è presto detta: essa divide, separa, atomizza. Il riferimento cui guardare, poco piacevole, è quello autoptico!! cioè l'unità vitale non si può separare pena la morte! Le forme vitali non si possono dividere e poi rimettere insieme, perché esiste una rete che pone tutte le parti in relazione tra loro, e separandole tutto il complesso - cioè l'unità - collassa e muore. Nel canto abbiamo la stessa situazione. Noi abbiamo una forma di funzionamento vocale già presente, che quindi afferisce a una unità formata da una rete di connessioni. In genere parlo di relazione, allineamento, sintonizzazione dei tre apparati, ma ovviamente la questione è molto più complessa. In ogni momento in cui usiamo la voce, per qualunque motivo, un complicatissimo sistema permette di gestire - entro limiti umani - questo strumento senza la necessità di alcun pensiero razionale o scientifico. Quando questo sistema entra in crisi? Quando si vuol usare la voce OLTRE le necessità di uso quotidiano o eccezionale, cioè quando non vogliamo usare stabilmente la voce NE' per parlare, abitualmente, NE' per gridare, occasionalmente. Questa cosa risulta possibile per la coscienza ma non per la mente, che non sa come fare. Semplicisticamente potremmo dire che basterebbe escludere il ragionamento razionale, e lasciarsi portare dalle intuizioni - ed è ciò che hanno fatto i grandi maestri, in fondo - ma la cosa è di estrema difficoltà, perché la mente non ci lascia liberi di fare questa scelta, che va maturata col tempo, con le esperienze e il più delle volte con delle guide. Si potrebbe allora definire questo approccio "naturale"? Fin dai primi post di questo blog ho sottolineato come il canto artistico sia un risultato naturale, ma passi attraverso un approccio che non possiamo definire naturale perché carente di un'esigenza spontanea che lo faccia assimilare alla mente come tale. Se l'approccio naturale vuol passare attraverso un ragionamento - ad esempio paragonare meccanicamente l'espirazione all'inspirazione, ho già compiuto un passo falso, perché la naturale disposizione dei due atti è stata tradita per esigenze che la mente non può capire, e quindi si creeranno falsi risultati, che illusoriamente potranno considerarsi naturali. L'unico atto naturale della voce è il parlato (ma anche il gridato, con il dovuto distinguo) e se non si parte - e non si prosegue - da quel punto, ogni progresso sarà anche un regresso, perché si potrà aumentare il volume, l'intensità, l'estensione ed altri parametri, ma questo sarà un puro prodotto mentale - e mi permetto di definirlo artificio della mente - intessuto su principi limitati e illusori e che non fanno riferimento all'essere umano nella sua completezza, non passiamo, cioè, alla sfera artistica o di coscienza, e quindi non possiamo parlare di reale naturalezza (il gravissimo problema è che anche l'ascolto diventa sempre più cerebrale e sempre meno spontaneo e interiorizzato). In conclusione faccio un'affermazione che potrebbe risultare persino imprudente e dissacrante, ma se presa con la giusta dose può aiutare: approcciatevi al canto senza voler capire! Il mio m° diceva: si capisce quando si fa. Frase illuminante. E' inutile cercare di capire qualcosa che non sappiamo fare. Non si può neanche capire quello che un altro fa, ed è per questo che il mondo dell'arte si basa su un insegnamento imitativo. Imitare aiuta a fare in un certo modo; è inutile cercare di capire perché non siamo in grado di fare certi suoni o la O di Giotto perfetta - anche se l'abbiamo spiegato - ed è inutile cercare di capire come si fa a fare il suono perfetto o la O perfetta - anche se l'abbiamo spiegato. Occorre FARE, seguendo le indicazioni, concentrandosi per rimanere uniti con la mente che coordina udito e apparato vocale; quando ci sarà il progresso, lo si apprezzerà, quando si raggiungeranno determinati risultati, si capirà di aver capito! (in passato avevo scritto un post dal titolo "capire prima", quindi la naturale conseguenza è che in realtà si capisce dopo!). Ogni delusione, senso di smarrimento, di sfiducia, sono illusioni della mente, da superare ignorandole, sviluppando invece fiducia nella propria scintilla divina, che dobbiamo far emergere rimettendo in equilibrio quanto serve - ragionamento - per la vita d'ogni giorno, per le occupazioni materiali e leggere e quanto serve - esercizio artistico - per la nostra vita spirituale o se preferite, per l'illuminazione della nostra coscienza. 

3 commenti:

  1. Ecco, mi fermerei sull'ultima parola: COSCIENZA.
    Dal latino Cum-scire "sapere insieme".
    Anticamente questo termine indicava quello stato interiore di sintonia tra i tre centri (sapere insieme) che, se raggiunto, permetteva all'uomo di elevare la propria ragione.
    I tre centri riguardavano tre funzioni relativamente indipendenti(tratto da Wikipedia):
    -centro intellettivo
    -centro motore-istintivo
    -centro emozionale
    collocate rispettivamente:
    - in una parte dell'encefalo,
    - nella parte terminale della colonna vertebrale (dove un tempo nell'uomo compariva la coda
    - nella zona del plesso solare, in quelli che sono oggi chiamati "gangli del simpatico e del parasimpatico" (tra ombellico e stomaco per capirci).
    Quindi quando parliamo di coscienza, non parliamo di razionale e quindi di qualcosa fondato sulla ragione, sulla certezza, ma al contrario di qualcosa basato sulle emozioni, sensazioni, spirito, essenza.
    Già la filosofia con Socrate ed soprattutto il Buddismo hanno posto l'attenzione sul concetto di "ignoranza" intesa, nel caso del Buddismo, come un velo, che induce le passioni e causa le rinascite.
    Il mio maestro infatti ha sempre affermato che in un certo senso è molto più facile insegnare ad allievi con tabula rasa che a quelli che hanno già effettuato un percorso e pertanto anche se in buona fede ostacolano costantemente i nuovi insegnamenti in quanto più semplici, "naturali", sorprendentemente "stupidi".....
    Un caro saluto.



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  2. Giusto; ripetutamente indico agli allievi: suoni stupidi!!

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  3. Penso che stiamo toccando uno dei problemi più incisivi, importanti: l'accettazione con umiltà del suono semplice, senza gravami, senza zavorre, amplificatori, distorsori, appunto un suono stupido in se ma proprio per questo meraviglioso, libero, suscettibile di qualsiasi colore vogliamo carezzarlo. Un suono che "viaggia", si esterna, si emoziona e trasmette la propria natura senza paura di cedere o al contrario di rompere gli argini; un flusso cristallino, vivo, pieno di sentimento, di passione e di amore. Un suono altruista che non si ferma all'apparenza...
    Scusami per questa digressione poetica...

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