Translate

sabato, aprile 06, 2013

Dominio e coscienza

Leggevo un testo nel quale si afferma che avere coscienza e avere dominio sono due cose piuttosto differenti, dando per scontato, così, che si può avere l'una e non l'altro o viceversa. Essendo un testo fondamentalmente filosofico, posso ritenere che nel campo del pensiero puro tale affermazione possa risultare vera; non lo è, per quanto posso testimoniare, in campo vocale e direi anche più ampiamente in quello artistico, dove il pensiero si esprime attraverso azioni che coinvolgono il fisico.
Per prima cosa dobbiamo focalizzare il termine "dominare", per non ingenerare false intepretazioni, del tutto opposte a quelle su cui ragioniamo da sempre. Chi canta tecnicamente è convinto di dominare la propria voce e il proprio canto; in un certo senso è vero, ma, per l'appunto il "senso" è quello di una illusione di dominio, e cioè controllando muscolarmente, fisicamente, l'emissione sonora, la realtà è che si domina una falsa voce, una sonorità del corpo, del fisico, che non è la "nostra" voce, non è la voce o il suono di ciascuno di noi, ma una montatura, una costruzione, una imitazione e talvolta persino una caricatura. Spero venga il giorno in cui ascoltando i tanti "tromboni" che dominano la scena ormai da qualche decennio, si riconosca il livello mortificante, persino ridicolo, raggiunto da una "non" idea di ciò che esso sia veramente. Dunque dominare la voce è un concetto del tutto diverso da quello che crediamo normalmente, e nella sua semplicità è inimmaginabile, o molto difficilmente ipotizzabile, perché significa dominare l'astratto. Come ho già espresso in qualche articolo precedente, l'idea di "dominio" è solitamente legata a una volontà egoica, egocentrica, egoistica, narcisistica, cioè un dominare possessivamente per la brama di gloria e il centralismo personale. Senza rientrare in questioni psico-filosofiche, noi dobbiamo rifarci a un'idea di dominio vocale puramente centrate sul pensiero, ovvero sulla volontà che si accentra e si concentra con il Logos, cioè con la proprietà più alta e più nobile dell'uomo, che è la parola (quando non viene squalificata). Il dominio vocale della parola è estremamente difficile, un po' perché l'uomo tende a perdere la capacità di concentrazione, un po' perché tende a perdere la capacità di mantenere la propria unità, l'allineamento tra mente e apparati ma soprattutto perché la nostra mente si mostra molto miope (ed è interessante, avvincente, voler approfondire perché è tale) nel percepire il flusso aero-sonoro nel momento in cui si pronuncia. Gran parte della letteratura trattatistica sulle tecniche di canto, specie recenti, consumano ettrolitri di inchiostro nel parlare di "propriocezioni", ovvero percezioni attraverso i sensi fisici, di ciò che determina il canto e attraverso questi modellare, educare la voce e il canto. Niente di più falso e più fuorviante. Il primo avvertimento, e che spesso va ripetuto, è che le percezioni fisiche-nervose derivanti dal flusso vocale, sono soggettive, ma soprattutto inutili da analizzare, puramente informative di ciò che sta avvenendo e che sarà, dovrà essere, superato e dimenticato. Prendere coscienza di un suono vocale che ci penetra e attraversa in una sostanziale inerzia fisica e la realizzazione di un flusso mentale volitivo non può che essere l'ultimo atto di un lungo e straordinario volo spirituale di una spinta artistica e disciplinare, quindi il mio pensiero è che la coscienza della voce si realizza nel momento in cui si è anche raggiunto il suo dominio. Si potrebbe ritenere che si possa raggiungere uno stato di coscienza quando il dominio è raggiunto a uno stadio provvisorio, manchi cioè di un assestamento o consolidamento, ma non è così, semmai il contrario, cioè è più probabile che uno stato di coscienza profondo, certo, giunga anche dopo qualche tempo che si è capito che si può camminare sull'acqua! Non so se avrò mai la gioia di sentire dal vivo uno così... pazienza; per il momento mi appaga sentire persone che non affogano nella propria voce e che si dispongono umilmente e propositivamente a studiare assecondando con fiducia le proposte di questa scuola; purtroppo riconosco che la pazienza e il conforto possono cedere, e non posso che esortarli a tener duro, ma anche questa è una virtù da... paradiso.

2 commenti:

  1. Caro Fabio, mi sembra già di aver espresso questo pensiero in un altro post, ma ribadisco ad avvalorare quanto asserisci, che c'è una grande componente, che secondo me, pregiudica la vera emissione dove dominio e coscienza si fondono per dare vita all'arte e quindi mettere a nudo noi stessi: la paura. La paura di sembrare diversi, di non essere come gli altri o più degli altri, e quindi la forza intesa come attestazione del proprio egocentrismo, la spinta, l'affondo, il tromboneggiare come visione del dominio sugli altri ma soprattutto su se stessi, proprio perchè si ha paura di vincere uno stereotipo quello dell'andare oltre, di superare i propri limiti e quindi dimostrare a tutti chi siamo, con la forza della propria illusione (perchè in realtà si tratta di questo)e non con la coscienza di chi invece percorre la strada dell'arte come conoscenza vera di se stessi. Tutti i più grandi, inizialmente sono stati presi per pazzi o sognatori, fuori dal mondo, bislacchi, "strani".... chissà perchè... poi sono risultati irraggiungibili...

    RispondiElimina
  2. Certamente, ci siamo soffermati più volte a descrivere le spinte che portano a determinati comportamenti in relazione al canto, soprattutto quello operistico. Il significato di questo post era teso più che altro a precisare il ruolo del termine "dominio" che è facilmente equivocabile. Che si rischi di essere presi per pazzi è purtroppo nelle cose, il mio maestro è stato così definito persino in tempi recenti da chi manco lo ha conosciuto, figuriamoci un po'... si tratta di fare scelte, di optare per la strada della tranquillità o per quella della verità, con tutte le conseguenze che ne possono derivare. Grazie, ciao.

    RispondiElimina