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lunedì, agosto 26, 2013

"Credere....."

Riprendo, ovvero do il via a una nuova stagione, con un post che si prefigura alquanto difficile, impegnativo, ma forse necessario.
Nel patrimonio genetico dell'uomo, tra le tante cose, fisiche e psicologiche, c'è una necessità istintiva forte che viene sempre fuori, più o meno esaltata, anche in quelle tante persone che, in nome della libertà, vorrebbero sfuggirla, ed è la necessità di credere. Non sto parlando del credere religioso, o per lo meno non solo di quello.
In genere è l'attributo di "maestro" al centro della questione. Chi abbraccia la passione per una certa forma artistica, non può fare a meno, dopo poco, di aderire all' "adorazione" di un idolo. Chi si avvicina alla musica sinfonica deve trovare un leader carismatico in un direttore d'orchestra (la mia generazione l'ha focalizzato in Karajan, il grande fascinatore con le mani e gli occhi chiusi), chi si avvicina alla musica strumentale in un pianista come Michelangeli o Gould o Horowitz, chi nel canto alla Callas o Del Monaco o Caruso o più recentemente in Florez, nella Caballé, in Domingo e poi metteteci voi tutti i nomi che volete. In genere questi "amori" iniziano presto, sono "colpi di fulmine" che colgono le persone ancora ignare, per piccoli dettagli che si insinuano e radicano nella psiche. A volte sono semplicemente legati al "primo passo", cioè si conosce una certa arte grazie a quel certo artista, e, quasi per riconoscenza, li si premia con una fedeltà inossidabile. Per me fu così con Karajan, che negli anni 60/70 era onnipresente in tutte le manifestazioni sinfoniche e quindi nei primi dischi acquistati. Talvolta il credo si limita al seguire l'attività, acquistare libri e supporti, al conoscere tutti i particolari dell'esistenza (questo è particolarmente esaltato nel campo della musica leggera, del rock, del musical, ma anche del cinema e dello spettacolo televisivo), ma assai spesso si spinge anche alla necessità di un contatto più ravvicinato, alla conoscenza, al possesso di cose proprie, che non di rado si trasformano in azioni persino persecutorie per cui è ragionevole che certe "star" si proteggano con sistemi di sorveglianza. Nel campo dell'opera e della musica classica la cosa di solito non raggiunge limiti di follia, ma è comunque abbastanza impressionante per quanto rende del tutto ciechi e intollerabili a qualsivoglia cenno di critica al punto di instaurare litigi furibondi. In genere, più l'oggetto di venerazione si presta a osservazioni, più la massa dei sostenitori è "ignorante", priva di reali capacità di analisi, di discussione, irrigidita su stereotipi banali e superficiali, senza per questo negare che motivi di stima e ammirazione il più delle volte ci siano. Il problema è che la fede cieca ed esaltata provoca di contro movimenti che tendono a distruggere il mito, anch'essi molto spesso poco obiettivi e ragionevoli. Ma veniamo ancora più vicini al nostro campo. Fenomeni di "credo" avvengono in gran quantità proprio nel mondo dell'insegnamento del canto. Anche qui, come dicevo, spesso è il solo "primo incontro" a generare fenomeni di idolatria. Ho conosciuto insegnanti di canto capaci di trascinare stuoli di allievi semplicemente per il loro modo di fare, senza alcuna reale motivazione didattica. Il mito della scuola non è del tutto negativo; se non ci fosse una certa forza istintiva al raggruppamento si rischierebbe un "ondeggiamento" senza méte, un perenne peregrinare. Quindi è giusto trovare un luogo e una persona che possa ottemperare ai nostri bisogni di imparare un'arte. Ciò che l'intelligenza artistica ci deve aiutare a fare è non rimanere ciechi e acritici. Ci vuole tempo e bisogna dare tempo. Ma anche tenere occhi e orecchie aperte, informarsi e analizzare sé stessi e gli altri e ricordarsi che la meta non è solo e tanto l'impare a cantare, in questo caso, ma diventare maestri, ovvero, se non necessariamente insegnanti, per lo meno avere coscienza che quanto si sta facendo è frutto di un certo lavoro e risponde a certi criteri. Questo è duro, perché significa anche... sapere di non sapere, ma bisogna cogliere la distanza che ci separa da colui che ci insegna. Non deve essere ammirazione e gratitudine, ma reale riconoscimento di ciò che sappiamo fare e della finalità che ci ripromettiamo, mettendoci tutto ciò che di nostro è possibile per arrivare a quella meta senza travalicare quanto ci è stato posto come limite dal nostro insegnante. Il dubbio non deve essere un metodo, specie nei primi tempi, perché questo è un impedimento quasi insuperabile. Chi vive nel dubbio non ha molte speranze di raggiungere un obiettivo importante, però se ci sono dubbi è bene cercare risposte anche forzando quella necessità istintiva di ammirazione e gratitudine: bisogna cambiare. E bisogna anche avere il coraggio di tornare, ammesso che sia possibile, sui propri passi se si arriva alla conclusione che si era sbagliato. E un buon sistema di riconoscimento del vero maestro è anche quello di verificare se, tornando, ci riammette. L'insegnante che si "offende" perché l'abbiamo lasciato per ottemperare alla necessità di risolvere dubbi e domande, e non ci riammette dopo questa prova, non merita. Si è fatto bene a lasciarlo.

1 commento:

  1. Salvo5:08 PM

    Caro Fabio, mi sento di aggiungere, forse sulla testimonianza mia e di miei amici cantanti, che spesso quello che manca a tanti maestri è la passione, l'amore verso questa nobile arte. Il "transfert" che deve instaurarsi tra maestro e l'allievo, discepolo, deve avere come base comune la passione, l'amore, quello che ti porta a non sentirti mai assetato, che porta al maestro la consapevolezza dei propri limiti e l'umilta di riconoscerli con la volontà di accrescere i propri traguardi, affinando giorno dopo giorno la propria conoscenza e scienza. In fondo, penso, che per un maestro, un allievo che non fa progressi è comunque una sconfitta... naturalmente entro certi limiti, ma una sconfitta in termini di non essere riuscito a trasferire le proprie conoscenze in amniera giusta, non aver trovato il giusto canale radio, la giusta sintonia per quell'allievo. Ogni allievo ha una storia, una personalità, una vita, ed il vero maestro sente l'esigenza di far uscire da quella vita la sua voce, unica e vera.
    Saluti.

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