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giovedì, ottobre 17, 2013

Il regolatore

Qualche esperienza recente mi induce a scrivere un post che reputo importante. Nonostante le centinaia di articoli scritti, è incredibile constatare quante cose restano da specificare. Naturalmente nella lezione tutto si risolve in una logica unitaria, "olistica", ma lo spiegare, e quindi il "capire" - benché inutile da un punto di vista razionale in quanto il capire è possibile solo facendo - fa sempre piacere e tutto sommato migliora anche la comunicazione e affina la capacità sintetica di chi insegna.
Domanda: come, con cosa si controlla l'intensità di un suono vocale? Descrizione: sto producendo un suono, voglio intensificarlo oppure ridurlo, che azione compirò?
Possibili risposte: con il diaframma; con i muscoli del torso (addominali, pettorali, dorsali...); con il faringe o muscoli dell'area di produzione o amplificazione vocale;... boh?
Diciamo pure che chiunque si accinga a elevare il volume della voce, è istintivamente portato a spingere, premere verso l'esterno con alcuni muscoli, prima della zona alta, cioè faringe o dintorni, e quindi addominali e persino ventrali per "sostenere" ovvero aumentare la pressione.
Qui potrebbe starci un'altra domanda critica: che differenza c'è tra un grido - o urlo - e un suono di elevata intensità? Non è raro - nel mio caso quasi quotidiano - accusare l'emissione di un cantante di essere o somigliare più a un grido che a un vero suono vocale. Mi piacerebbe sapere se queste domande sono state poste a qualche "importante" insegnante e quale risposta ha (o hanno) dato in merito.
Nel mare degli articoli di questo blog o anche solo negli ultimi, le risposte si possono trovare, anche se un po' implicite perché non erano oggetto dell'articolo stesso.
Incominciamo a dire o meglio a dare la risposta più sintetica e semplice: l'intensità, come quasi tutto ciò che è il canto, dipende dalla volontà! Il suono si intensifica o si riduce se io lo voglio veramente. L'obiezione che si contrappone è: e se non avviene? Le risposte possono essere due: 1) non avviene perché la mia volontà è debole, cioè mi lascio sopraffare dalle forze istintive che mi suggeriscono che quella operazione non è possibile e non riesco a concentrarmi sufficientemente per imporre la mia volontà, ovvero ancora mi fermo al primo insuccesso o giudico (!!) troppo modesto e/o imbarazzante il risultato e quindi non proseguo; 2) per quanto mi concentri e sia determinato, il risultato atteso non ha luogo perché non ci sono le condizioni perché ciò avvenga. Allora quali sono queste condizioni? In effetti queste due risposte attengono a un unico problema, che si può manifestare in due modi, e cioè: fisico, psicologico (e poi c'è anche una via di mezzo, ovvero avviene in parte fisicamente e in parte psicologicamente). Credo che siate d'accordo se dico che risulta, almeno in teoria, più facile l'intensificare il suono che non il ridurlo. Nella realtà non è proprio vero, perché, come già dicevo prima, si è illusi che l'intensificazione coincida con la spinta. Certo che in una certa misura è vero, ma - e qui mi ricollego alla domanda di prima - in realtà usciamo dall'ambito del suono "eufonico" per entrare nel campo del grido. Come ho più volte spiegato, ma soprattutto negli ultimi post, premere con il fiato verso la "strettoia" dell'imbuto ne provoca il restringimento. Quando lo spazio si restringe le proporzioni indispensabili affinché il suono vocale resti tale e non si trasformi in un rumoraccio, vengono meno. Non solo il suono prodotto dalle corde vocali risulterà distorto, ma si produrrano suoni dallo sfregamento della massa sonora e fiato con le pareti faringee, producendosi quindi una commistione di rumori difficilmente decifrabili (dipenderà dal grado di negatività di quanto prodotto) e musicalmente riprovevoli. E' scontato, pertanto, che l'intensità dipenderà solo in piccola parte dalla pressione aerea, cioè quella parte necessaria a vincere la resistenza di una corda che, dovendo produrre un'onda sonora di maggiore ampiezza, risulterà più tesa. In questo senso il lavoro, almeno nei primi tempi di studio, lo compirà il diaframma, ma sempre in termini di passività, cioè gravato da un peso maggiore. Purtroppo in molti casi la spinta avviene a livello glottico, quindi il problema si ingigantisce perché alla chiusura istintiva si associa quella volontaria, e qui i rimedi vanno cercati altrove, e ne accennerò tra poco. Vediamo invece il problema inverso, cioè il ridurre l'intensità. Questo è emblematico e guarda caso si ripropone la stessa... soluzione/difetto. Cioè si preme con la muscolatura del torso ovvero, e questo nel caso presente è molto più frequente, si crede di controllarlo con la gola (e spesso le due cose di sommano). Cerco di concludere sintetizzando. Perché i suoni si possano controllare con la volontà, è necessario che il "tubo" non si chiuda o non si stringa. NON E' CON LA VOLONTA' che si impone alla gola di restare aperta, questa è un'aberrazione tra le più orribili. La gola potrà rilassarsi (gola "morta") se ci sono le condizioni, e le condizioni sono che il diaframma non reagisca istintivamente ma anche che il cantante non spinga e non cerchi di controllare col fisico. Chiusa quindi la lunga parentesi di superamento delle ribellioni istintive, come farò a permettere al fiato di essere controllato dalla volontà, escludendo ogni coinvolgimento fisico? Con la "medicina" più incredibile ed efficace: l'azzeramento della voce (che NIENTE ha a che vedere con gli orribili nefasti esercizi a bocca chiusa, che sono la PESTE della vocalità di questi ultimi decenni!). La voce sospirata, che annulla il peso vocale, permette di lavorare sul parlato e sul vocalizzo sviluppando correttamente il fiato e dando alla mente l'esatta percezione di cosa deve capitare - in termini di ampiezza delle forme - anche nel momento in cui la voce la vado a mettere E NON DEVE CAMBIARE NIENTE! Facile? no. Semplice. Per la verità, però, devo aggiungere che le interferenze fisiche si devono annullare (vedi la questione dell'effetto valvolare laringeo) anche grazie alla corretta postura del corpo e quindi alla riduzione, se non annullamento, delle pressioni toraciche. In ultima analisi, per i super fortunati (?) che raggiungono la fase dell'emissione artistica, e quindi in possesso di tale stupefacente respirazione, il controllo non avverà più con nessuna parte fisica (diaframma, costato, muscoli esterni, faringe, ecc.) ma col fiato stesso, ovvero con l'ELASTICITA' POLMONARE. Che era ciò che i grandi maestri del passato definivano "arte di conservare, rinforzare e ritirare il fiato". In questa frase v'è tutto, a saper leggere.
Tra l'altro: come mai il Mancini, nel suo cospicuo volume sul canto NON DEDICA NEANCHE UN CAPITOLO, ma che dico? NEMMENO UN PARAGRAFO alla RESPIRAZIONE, mentre i nostri superbi insegnanti di canto del giorno d'oggi, non fanno altro che parlar di questo? (in compenso dedica un capitolo ALLA BOCCA, che ai nostri sapienti docenti sembra rappresentare più un imbarazzante impiccio),

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