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venerdì, gennaio 03, 2014

La luce vincerà (?)

Mi sono riferito alla luce già in passato; la luce rappresenta l'arte, la verità. Ciò che deve fare un maestro è condurre i propri allievi a riconoscere dove sta la luce e a seguire il percorso virtuoso che porterà la luce a trionfare e a evitare che invece la materia oggetto dello studio (la musica o il canto, nel nostro caso) venga offuscata dal buio o dal grigiore. Il concetto non è per niente facile da intendersi, perché suonare uno strumento o emettere suoni che possano essere considerati musica o canto è relativamente facile, pur richiedendo molto studio e applicazione, a parte coloro che hanno una indubbia predisposizione (definiti "prodigi" o "talentuosi") e che non devono nemmeno studiare e combattere tantissimo per raggiungere i propri fini di successo. Che differenza ci può essere tra uno dei tanti musicisti o cantanti di successo e un vero e grande artista (rarissimo)? Spesso, molto spesso, si può rimanere allibiti di fronte all'indifferenza o addirittura al fastidio che moltissimi ascoltatori manifestano quando vogliamo far notare le differenze tra questi due esemplari. Il motivo è, credo, ormai piuttosto noto. L'abitudine, la tradizione, il conformismo, la pigrizia. Sentire cento cantanti ingolati porta a un'abitudine dell'orecchio che fa ritenere che il suono ingolato E' il suono "lirico", mentre un suono puro e libero è "vuoto". Sentire un direttore d'orchestra che fraseggia e adotta il tempo in base alle caratteristiche del momento nell'ambiente in cui si esegue, fa dire ai soliti: "ma questo tempo non va bene", perché si discosta dai "dischi" su cui si è uniformato ormai l'udito comune, dimenticando che non è l'udito il riconoscitore della verità, ma la coscienza. Dunque ogni qualvolta si esegue un brano, il buio è in agguato, e l'oscurità è quella che offusca la nostra coscienza, la nostra libertà, la capacità di discernere oculatamente ciò che va fatto affinché quanto si cela nella fitta trama del materiale artistico possa apparirci limpido, chiaro, purissimo, comprensibile, pur nella sua forma non verbale e non esprimibile verbalmente, perché dotato di una potenza intrinseca che le parole, perlomeno le parole che oggigiorno conosciamo, non hanno la forza di esprimere. Ma la coscienza le può comunque recepire e avvertire sotto forma di un sentire interiore che ci eleva e ci porta fuori dal tempo e dallo spazio comune. E' quell' "attimo fuggente", dove attimo non ha la valenza di una frazione di secondo, beninteso, che arreca gioia e felicità vera, vuoto, infinito ed eternità. La luce si scopre lavorando contemporaneamente sull'insieme e sul dettaglio. L'insieme unitario è un obiettivo gigantesco e quasi pazzesco da raggiungere, ma dobbiamo tener conto di questa finalità, considerando che il dettaglio è ciò che apre la strada per quella méta. Sentire di avere a portata di mano i criteri per far emergere la luce dall'interno della materia e riuscire a scorgerla ogni volta che riusciamo a individuare il "come" vada eseguito un certo dettaglio, ci darà quella gioia, quell'entusiasmo e quella spinta per andare a coglierne altri, per proseguire il procedimento e sostenerci nelle infinite demoralizzazioni, paure, rabbie e depressioni che inevitabilmente ci assaliranno a ogni passo. Certo, queste cose possono apparire decise assurdità di fronte alla difficoltà della vita, al lavoro, alla miseria, alle malattie, alle guerre. Quello è il buio! L'assenza del messaggio, la sua banalizzazione e la sua sottovalutazione. La ricchezza dell'uomo non è e non può essere che una ricchezza interiore, l'unica che ci può portare a una condizione di eternità e di gioia condivisa.

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