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sabato, marzo 15, 2014

Della dinamica

Sollecitato da Salvo, mi appresto a parlare di un argomento sicuramente fondamentale ma anche complesso e articolato. Faccio un primo intervento poi vediamo come procedere, anche in virtù di domande e commenti dei lettori.
La dinamica non è solo uno dei principali parametri musicali in senso espressivo, ma permette di valorizzare il fraseggio e soprattutto la tensione, ovvero il "senso", la direzione del percorso musicale, con quanto ciò comporta. Il "forte" è il livello medio musicale. Oggi tutta la musica che viene ascoltata per lo più dai ragazzi si attesta su livelli anche fortissimi, con una decisa componente ritmica primitiva e una estrema valorizzazione dei bassi. Ma anche nel campo lirico le cose non stanno poi tanto bene, sebbene a livelli stratosfericamente migliori. Per un certo periodo il pubblico del melodramma chiedeva sostanzialmente soprattutto voci potenti e acuti penetranti; il più possibile! Una frangia di ascoltatori si barcamenava tra questo, richiesto al parco canoro maschile, e invece dolcezza, levità, bellezza timbrica, richiesto a quello femminile. Durante gli anni 70 iniziò a emergere un certo interesse verso un recupero del belcantismo fatto in parte di agilità e in parte di una dinamica e un fraseggio più curati, nonché un'attenzione più seria e attenta alla pagina scritta. Se da un lato per anni le mezzevoci e le filature sembravano essere sparite, quasi accusate di essere un prodotto di debolezza, di scarsa maschilità da parte degli uomini e orgogliosamente ed equilibratamente in possesso da parte di un numeroso stuolo di soprani, si cominciò a esagerare con il ricorso a continue filature e mezzevoci "lunari" da parte di numerose cantanti, che fecero di questa caratteristica la principale, se non unica, forza della propria organizzazione vocale. Bisogna dire, in verità, che, se pur migliorata la situazione, ancor oggi in campo maschile non si è tornati a una padronanza dinamica concreta, e in campo femminile non si può che rimpiangere le Caballé, le Tebaldi e persino le giovani Ricciarelli, giacché le ultime generazioni se non sono più in grado di ammannirci le lunari mezzevoci, con tutti i limiti che potevano avere, non direi che sanno proporci qualcosa di meglio su altri fronti.
Ordunque, veniamo al tema. Diminuire sensibilmente la dinamica è cosa solitamente difficile in ogni campo strumentale. I pianissimi di certi pianisti, come Radu Lupu, sono rari, e lo stesso vale per strumentisti ad arco e ancor più a fiato. Persino in orchestra certi pianissimo dei corni (!!), dei flauti o clarinetti, per non parlare di trombe e tromboni, sono sempre a rischio "stecca". Questo è altresì evidente in campo vocale.
La cosa difficile non è tanto realizzare il piano/pianissimo, quanto far sì che esso conservi la ricchezza, la vitalità e soprattutto la velocità e l'intensità che ne consentono la diffusione ambientale, vale a dire che si sentano in tutto il teatro così come i suoni forti. Ho un ricordo particolarmente vivo di alcune bellissime mezzevoci di Renata Scotto nell'Otello di Verdi a Firenze nell'80. La Scotto non stava attraversando un momento vocalmente magnifico, si era impegnata in opere al di sopra delle sue caratteristiche, però aveva conservato, e continuerà a conservare ancora per tutti gli anni 90, alcune peculiarità come le mezzevoci. Il dilettante che toglie suono al canto, ottiene un suono povero, che muore in pochi metri, opaco. Perché? semplicemente perché perde l'appoggio. Il fatto è che il "peso" vocale, l'intensità piena, per molti cantanti resta l'unico mezzo per mantenere appoggiato il suono; appena si toglie forza, il suono muore. Per poter arrivare ad eseguire con maestria i veri suoni filati, come possiamo sentire da tanti cantanti di inizio 900, c'è solo la strada di un appoggio libero, cioè non condizionato dalla pressione, comunque la si intenda. Ho bisogno di avere il "tubo" libero - beante. Quando ciò accade, la realizzazione della mezzavoce o filatura risulterà quasi banale: togliere suono, cioè, ancora una volta, VOLERE. Se, come dicevo, il diaframma non è legato a movimenti istintivi o inconsci, esso rimarrà basso e permetterà di mantenere quell'apporto energetico che continuerà a infondere vita, ricchezza, slancio al suono. Il suono piano risulterà ancora più puro e argentino del forte e fortissimo, e questo porterà fascino, magia, magnetismo. Pertanto non esistono esercizi specifici. Quando ci sono determinate condizioni, cioè buona posizione del suono, esterno, ben slanciato e quindi appoggiato, l'insegnante può cominciare a chiedere di fermarsi su una nota e diminuirla d'intensità. Le vocali più utili, all'inizio dello studio, sono la U e la O, perché si possono controllare con le labbra, sempre tenendo ben dritto il busto con una leggera pressione (LEGGERA) sul plesso solare che aiuta a non far cadere il petto in avanti e a tenere più orizzontale il diaframma. Quando le condizioni saranno ulteriormente migliorate, quindi si avrà cognizione di una ampiezza libera e fluida, si potrà filare anche la A e le altre vocali. In ogni modo è sempre bene fare uso continuativo, fin dall'inizio, di suoni forti e piani, per lo meno nel centro. Sarà sempre più difficile in zona acuta, ma anche la più soddisfacente. Ovviamente è totalmente da evitare la diminuzione di suono stringendo o irrigidendo la gola. C'è la possibilità di fare mezzevoci non rigide con il suono "indietro", faringeo. Questo può dare risultati interessanti sul piano espressivo; i suoni possono essere belli e piuttosto ricchi. Il problema è che spoggiano, per cui col tempo porteranno a vari tipi di difetto (perdita di acuti, oscillazioni, usura timbrica); ovviamente un buon orecchio è in grado di sentirlo e di correggerlo. Ci sono alcune persone che possono riuscire spontaneamente a fare mezzevoci ragguardevoli; per queste vale lo stesso discorso. Se non creano le condizioni coscienti di padronanza relativa alla respirazione (artistica) si troveranno prestissimo in situazione di declino.

18 commenti:

  1. Le mezzevoci "indietro" però, anche se magari piacevoli, morbide e abbastanza sonore, risultano comunque artefatte, incompatibili con una pronuncia libera e perfetta... tra l'altro nella mia esperienza d'ascolto ho notato che chi fa la mezzavoce mandando indietro il suono finisce anche nel naso... soprattutto bassi e baritoni... emettono questi suoni molli sbadiglianti tirati su dal di dietro ed espulsi per le narici...

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    1. Giuste osservazioni: i suoni indietro impediscono la pronuncia libera. Questo però è attenuato dal fatto che in genere vengono emesse soprattutto dai soprani in area acuta, dove si articola meno, e comunque da cantanti che in genere articolano già molto poco!! Giusta anche la seconda, abbinata più frequentemente alle voci gravi; tenori e soprani avrebbero più problemi con suoni nasali perché rischiano uno spoggio... steccante.

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  2. A proposito del declino, un pò come accadde a Di Stefano, stupendi colori e mezzevoci inizialmente, per poi perderli spoggiando, con un suono indietro. Ho sempre pensato, che tra le altre cose, il problema vocale Di Stefano si sia accentuato con un certo aumento di peso corporeo e con l'insorgere, forse, del tanto odiato, ma vero (anche io ne ho sofferto in minima parte e so cosa significa) reflusso gastroesofageo che ho avuto modo di appurare sulla mia pelle (sul mio stomaco, perdi in sostegno e la pirosi ti condiziona non poco ) e sentendo altri cantanti è un problema vero che ti porta ad una resa vocale inferiore e disagi continui. Naturalmente ciò non giustifica l'assenza di studio o l'abbandono della disciplina vocale...

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    1. Sul peso e sul reflusso nel caso di Di Stefano non ti so dire; ne ho sentite dire di tutti i colori e da lui stesso: una volta ce l'aveva col fumo, un'altra con i termosifoni...

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  3. Salvo2:18 PM

    La punta, le labbra, la parola. Fuori di te ma senza perdere la "mia base"... ricordo che la mia strada si è illuminata quando scoprii quelle che ancora oggi considero le fondamenta interiori che non devono essere mai perse... ci fu un periodo in cui la mia voce pur proiettata "fuori", aveva perso il "dentro" o meglio ancora non l'avevo ancora acquisito consapevolmente, l'utilizzavo a tratti senza capire. Ecco che, il lampo, l'illuminazione, è avvenuta quando ho studiato maggiormente sui suoni centrali e una ricerca più accurata della pronuncia , da lì è partita la strada che mi ha poratto a riconoscere il "fuoco" della mia voce che non deve mai essere perso, pena un suono, una voce, che è solo sospinta, ma non interiorizzata, non ha "humus", non ha polpa. Avevo fino allora camuffato la mia voce...
    Mi farebbe piacere se potessi ampliare questi concetti (non so però se sono riuscito a farmi capire). Grazie

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  4. Posso aver intuito, ma non sono sicuro; il discorso della base, della perdita del "dentro" possono dar origine a equivoci. Prima di approfondire io, preferirei se chiarissi meglio tu, grazie. Ciao.

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  5. Salvo9:15 AM

    Ciao.
    Allora, cercando di essere più precisi, diciamo che in effetti ossessionato inizialmente dal raggiungimento della proiezione fuori, spesso spoggiavo ed il suono era sì proiettato ma sospinto da uno scorretto utilizzo del fiato... con conseguente innalzamento (se pur lieve) della laringe soprattutto negli acuti. Lavorando con i centri, prendendo confidenza con il fiato "vincente" sull'istinto, gli acuti si sono arricchiti e sono venuti fuori nella loro lucentezza, con la loro "polpa". Il "dentro" in effetti è il fiato che "funziona", quindi la rilassatezza di tutto l'apparato, l'essenza della voce che esce libera nella sua verità. Grazie a te Fabio.

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    1. Allora; intanto una precisazione, scusa la pignoleria: un eventuale spoggio non è da addebitare alla laringe che sale, ma al diaframma. La laringe non solo può ma deve salire a seconda del colore, dell'altezza, della vocale. Il problema è che nella fase istintiva la risalita laringea si porta dietro il diaframma e da qui lo spoggio. L'idea della "proiezione" è spesso causa di danni, perché con la volontà di buttar fuori la voce, si spinge. La spinta non è una reale azione del fiato, ma è una spinta fisica con e verso i muscoli soprattutto glottici e sottoglottici, per cui una fatale pressione sottoglottica. La proiezione è pronuncia sganciata da qualsivoglia pressione. Giusto il lavoro sui centri, giusto il richiamo al rilassamento. Dentro è solo una consapevolezza di ... averlo azzerato!

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    2. Salvo4:12 PM

      Infatti intendevo dire proprio questo, l'istinto vince quando la proiezione del fiato avviene con qualsivoglia tipo di pressione, di spinta. Il dentro è come "un'apertura diaframmatica", perdonami...
      Oggi posso ben dire, senza aver raggiunto ancora, ahimè, un canto totalmente artistico (ma penso che ci riuscirò), che quando canto non avverto più la respirazione diaframmatica, anzi se devo esserto sincero, alcune volte la respirazione l'avverto tra la bocca e le scapole, ma sicuramente è una sensazione anche se molto bella perchè ti sembra di avere sempre aria...

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    3. Anonimo3:37 PM

      Ciao sono Rosetta,
      stavo appunto cercando nel blog il tema della respirazione nella speranza di capire meglio..
      Salvo scrive “…alcune volte la respirazione l'avverto tra la bocca e le scapole, ma sicuramente è una sensazione anche se molto bella perchè ti sembra di avere sempre aria... “
      Poi penso a quello che mi hai spiegato in merito alla postura e in particolare al torace (legato al discorso della respirazione) che in uno canto artistico si apre come conseguenza dell’inspirazione e così rimane durante l’emissione canora mentre all’interno i polmoni si svuotano. Ti ricordi durante una lezione ti chiesi proprio di poter sentire il tuo torace dopo l’inspirazione e durante l’emissione di un suono, e il torace stava lì, fermo… In questi anni in effetti la mia espansione toracica è aumentata, soprattutto sul dorso, all’altezza delle ascelle dove mi dici sempre di respirare, ma anche leggermente più in basso.. però il torace non sta fermo e si decomprime durante il canto, certo lentamente ma non sta fermo! Come faccio??
      Io inspiro, riempio la parte superiore del torace (dipende poi dalla quantità di fiato che istintivamente mi vien da prendere) e sento che si crea una distanza tra il torace e il basso ventre, poi prima di emettere un suono applico una leggera pressione all’altezza della bocca dello stomaco e sento come una compressione della zona toracica che va appunto dalle spalle alla bocca dello stomaco/fine sterno. Durante l’emissione vocale però anche le costole lentamente si richiudono, il torace non rimane aperto.. cosa sbaglio? Come si fa a mantenere il torace aperto, sostanzialmente ad avere una respirazione corretta per il canto? Ho spesso la percezione di una respirazione ed espirazione scombinata, come se le giuste cause ed effetto non avvenissero nella giusta sequenza, come se in macchina schiacciassi la frizione dopo aver inserito la marcia o partissi in seconda. Come mai Salvo avverte la respirazione tra scapole e bocca...? Ho scritto tanto ma alla fine la domanda è una sola..

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    4. Anonimo3:39 PM

      Ciao Fabio,
      grazie di tutto.
      Rosetta.

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    5. Ciao; Intanto mi dai l'occasione per ribadire che non si può insegnare canto per iscritto, dunque anche cercare consigli in libri e blog, pure all'interno della propria scuola, può essere causa di confusione e malintesi, dunque leggere, riflettere e poi far domande, ma lasciare la parte pratica alle lezioni. Dunque, ricordiamo che la respirazione artistica è un processo lungo e richiede tanto tempo quanto l'apprendimento stesso del canto. Saper cantare significa saper respirare, le due cose vanno di pari passo, quindi la tua richiesta è legata alla tua condizione attuale. Il fatto che il petto non stia su non è dovuto al fatto che non sai come fare, non esiste una ricetta, il problema è interno, sono le reazioni del tuo corpo che non permettono ancora questo risultato. Una respirazione artistica si raggiunge nel momento in cui, superate le reazioni istintive, essa compie l'evoluzione da respirazione fisiologica a respirazione che non è più soggetta alla funzione valvolare ed erettiva, il che richiede molto tempo, quindi non ti preoccupare. Leggere e riflettere, pazientare, che lo sviluppo compia il proprio corso. Ciao

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  6. Anonimo7:24 PM

    Nella musica moderna parli di una eccessiva valorizzazione dei bassi. E' nota la presenza di una grossa estetizzazione timbrica del preferire una parvenza, un effetto di potenza ad una potenza vera, un abusarne a scapito delle dinamiche e delle variazioni. Mi piacerebbe riuscire a cantare "moderno" evitando tutto ciò, come è noto, non certo per pignoleria tecnica, ma per il senso di libertà dato dal cantare sul fiato e appoggiando. Tu insegni come due tipi di libertà possono essere uniti, quello della pronuncia chiara, della declamazione variabile e non schiava dello stesso legato operistico ripetuto sempre uguale (ed è un discorso anche interno a chi volesse cantare nell'opera suppongo, anzi valido a maggior ragione), la possibilità di incidere quanto di legare, insomma, creando una frase apparentemente più parlata. Poi la libertà dell'emissione sul fiato.
    Troppo spesso il mondo della leggera pensa che per esaltare la libertà espressiva debba sacrificare la voce sul fiato per portarla in gola, la proiezione, per delegare tutto al microfono, fosse solo quello non sarebbe male, ma poi diventa più faticoso pure, dove il microfono si pensa debba spesare della fatica.
    Quando parli dell'esaltazione eccessiva dei bassi a cosa ti riferisci quindi a quelle sporcature? La voce operistica sarebbe meno ricca di bassi?
    Da quanto ho capito il modo più sicuro per "sporcare" la voce è aggiungere compressione aumentando l'adduzione cordale, o altre consonanza faringee, senza chiudere la gola. Ma suppongo che sia "gola" e quindi controproducente, come qualsiasi intervento che pretenda di modificare l'emissione lavorando dall'interno. Le consonanze faringee però sono in teoria qualcosa di normale, anche se spesso mi sembra di capire, vengono usate per timbrare la voce di testa degli acuti, specialmente in voci basse, ma qui come ho detto non sono sicuro.
    Non vorrei aver scritto troppo, disperdendo lo scopo del mio post. Che tu sappia, tuttavia, esiste qualche cantante moderno che usa una tecnica corretta ed è in grado di fare vere dinamiche. E che differenza c'è tra come viene affrontato il passaggio nella voce operistica e in quella moderna? Per quello che mi sembra di aver capito ad orecchio, anche quelli più corretti ne fanno di tutti i colori, ma noto spesso il fatto che la bocca si allarghi a sorriso e che il suono è meno rotondo, quali che siano le differenze tecniche o stilistiche che portino a questo risultato.

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  7. ... già, leggo il post e l'idea di dover rispondere a tutte le riflessioni mi abbatte un po'. Comincerò solo col dire che il riferimento ai bassi, nei giovani, non è riferito alla voce, ma ai subwoofer nelle automobili e quindi ai zump zump zump tellurici. Non seguo la musica moderna e quindi non ho conoscenza di cantanti vocalmente corretti; non mi pare di averne sentiti, però, neanche per caso. Il cosiddetto passaggio non ha differenze in nessuno stile, però talvolta viene ignorato nella musica moderna, cioè si fa tutto di petto, come mi pare di aver già argomentato anche con te in passato.

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    1. Anonimo9:48 PM

      Cosa intendi dire con l'abbatterti? Mi fai sentire in colpa così :). Ti avevo avvertito non per nulla, tendo spesso ad infilare pensieri, ma non è necessario risponda a tutte. Solo se ti fa piacere, quindi, non deve essere un peso.
      Forse qualcuna era ridondante, in effetti.
      Anch'io ho pensato intendessi i subwoofer a quei bassi pompati, tuttavia non ho potuto fare a meno di pensare alla voce, poichè tu sei sensibile alle sottigliezze timbriche.
      Con differenze di passaggio, mi riferivo spesso a quei glissati dimostrativi che uniscono la voce di petto a quella di testa, evitano lo scatto pur non potendo nascondere la fisiologica trasformazione timbrica. Non posso in quel caso non notare come il passaggio così affrontato troppo spesso manchi della copertura e nell'area Fa3 - Do4 si sente in special modo la differenza con la rotondità operistica. A volte vedo esempi di glissati più simili, però.
      Ovviamente tutti questi o quasi fanno un gran parlare del misto, ma su questo termine abbiamo già discusso fin troppo.

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  8. No, scusa, non intendevo incolparti; è che, per una mia forma mentis, quando in un unico post vedo più argomenti o scorgo comunque necessità di numerosi riferimenti, vengo preso da una difficoltà a rispondere in modo conciso ma esauriente, e talvolta finisco per non rispondere, perché mi metto a pensare a come elaborare e spesso non arrivo, il tempo è poco e talvolta lascio perdere in attesa di riprovare con più calma, ma non sempre ce la faccio; per questo chiedo pensieri e domande dirette e brevi, non è un'accusa ma una mia necessità. Il problema della musica moderna e dei registri è fondamentalmente quella del poco o scarso appoggio. Quando c'è poco peso istintivamente c'è anche poco appoggio, e in questa condizione i registri funzionano in modo più fluido, meno contrastato, però anche meno corretto, meno equilibrato, e anche molto soggettivo.

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  9. Anonimo1:42 AM

    Immaginavo, certo. Guarda posso dirti che succede anche a me la stessa cosa, se intendi questo, cioè vedo una replica con molti argomenti e se non sono ispirato la complessità mi coglie impreparato.
    Per poco peso, cosa intendi esattamente? Poca massa cordale? Se il poco appoggio è una conseguenza di questo poco peso, ho bisogno di capire in cosa consiste il peso. Perchè in teoria il falsetto e la voce di testa hanno pochissimo peso, ma l'appoggio li amplifica e li arricchisce molto.
    Grazie delle risposte.

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    1. Anonimo1:49 AM

      La soggettività che menzioni nel funzionamento di questi registri mi ha colpito. In effetti la differenza nei risultati da persona a persona è notevole nelle tecniche leggere. Mi viene in mente lo speech level singing. Ha alcuni fondamenti in comune con la tecnica classica, ma è evidentemente una tecnica più leggera. E' vero, il meno appoggio favorisce una maggiore fluidità tra i registri. Però i registri dovrebbero fluidificarsi e sparire anche nella tecnica operistica ma bisogna forse lavorarci di più.

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