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giovedì, maggio 22, 2014

I fiati

Partiamo dalla respirazione fisiologica. Essa può riguardare due condizioni: la prima la possiamo definire "chimica"; è quella fondamentale, e riguarda il semplice scambio ossigeno-anidride carbonica; in questo processo sia in entrata che in uscita l'aria non incontra ostacoli di rilievo, fluisce liberamente. La seconda la possiamo definire "meccanica"; l'aria nel percorso di uscita incontra resistenze ed ostacoli, per cui le caratteristiche dell'aria si modificano in termini pressori. Già solo da questa semplicissima descrizione possiamo riconoscere che l'aria respiratoria fisiologica NON PUO' essere la stessa che ci riguarda in termini di emissione vocale. Non siamo ancora alla respirazione artistica, che è una condizione del fiato che si può raggiungere o tramite un privilegio naturale raro, ma che non è esente da conseguenze di decadimento qualitativo, o tramite una disciplina educativa finalizzata al perfetto rapporto tra una qualità meccanica dell'aria e la vocale (non semplicemente "il suono") che si desidera emettere. Quando si parla regolarmente noi possiamo riferirci a una respirazione fisiologica di tipo meccanico, in quanto per motivazioni istintive (il parlato è insito nel DNA) l'aria non incontra una resistenza significativa da parte dell'organismo e dunque non compie un lavoro particolarmente oneroso e, salvo la presenza di patologie o difetti di emissione di rilievo, il parlare non ha conseguenze se non dopo tempi piuttosto lunghi o in situazioni particolari (in grandi spazi, all'aperto, sotto stress, a persone lontane, ecc.). Possiamo definire respirazione fisiologica anche quell'aria che viene impiegata meccanicamente dal nostro organismo per superare situazioni di sforzo (sollevare pesi, stare ben diritti, defecare, ecc.); in queste condizioni, solitamente di breve durata, c'è un coinvolgimento istintivo del diaframma e della glottide, oltre che del fiato, che formano quello che viene definito un "torchio" intestinale (giacché la notevole pressione viene scaricata dal diaframma su di esso) e che malauguratamente e del tutto insensatamente viene anche utilizzato da alcuni insegnanti per una presunta tecnica vocale. Proprio qui inizia la enorme e profonda differenza tra una respirazione fisiologica, comunque la si intenda, e una potenziale respirazione artistica, da raggiungere in tempi lunghissimi. Il canto che richiede intensità, quindi quello che viene comunemente definito "lirico" o "operistico" o "classico", richiede un lavoro meccanico piuttosto considerevole, per l'intensità che si vuol dare, per la tensione cordale che si produce soprattutto nel settore acuto, per l'elevata qualità che richiede la perfetta pronuncia delle vocali in purezza e in libera risonanza e la maggiore sonorità possibile. L'errore enorme che commettono gran parte delle scuole di canto è di iniziare gli esercizi con vocalizzi già piuttosto impegnativi ed estesi, e di voler esercitare ... il fiato. Ma "quale" fiato? Se faccio esercizi respiratori (quelli famosi con il vocabolario sulla pancia) non faccio che muovere del fiato fisiologico "chimico", il quale ben poco potrà influire sul canto. L'esercizio respiratorio utile dovrà necessariamente essere di tipo "meccanico". A questo punto, però: ALT. Come ho dianzi spiegato, esistono due tipologie di respirazione meccanica, e cioè quella del parlato e quella posturale. Se non stiamo parlando, il nostro sistema limbico, molto semplice, sommario, si sintonizza automaticamente sul secondo, cioè sullo sforzo e sulla postura. Ciò che dice questa scuola è che la voce è POTENZIALMENTE naturale, cioè può diventare naturale, ma deve essere elevata a tale rango tramite una dura disciplina che la faccia assurgere a istintivamente riconosciuta (nuovo senso). In teoria non si dovrebbe o potrebbe cantare decentemente, ma le capacità volitive dell'uomo provocano una situazione particolare, cioè la possibilità di forzare questa chiusura (un'iperbole: la forzatura della forzatura!) producendo un canto di "quantità", cioè molto forte e timbrato. Questo risultato è possibile, in percentuali molto molto limitate, in alcuni soggetti particolarmente robusti, facendo conto sulla tolleranza dell'istinto che permette un allentamento della propria resistenza per particolari necessità ed entro limiti che non creino situazione di pericolo. Siccome il canto non agisce in modo negativo se non in casi di un canto spropositatamente rozzo, l'istinto piano piano cede e permette un ampliamento di utilizzo del fiato e di quanto ad essa associato, ed ecco perché in qualche modo tutte le scuole riescono prima o poi a far cantare qualcuno, però, ripeto: PERO'! tutti i cantanti formati a questi principi rimarranno e permarranno in una condizione, seppur ammorbidita, di canto meccanico istintuale in condizione "sforzo", perché non esiste (ancora) una condizione canto. Viceversa, se noi partiamo dalla respirazione fisiologica meccanica legata al "parlato" e sviluppiamo gradualmente questa condizione, ci poniamo già su una strada molto meno oppositiva, perché non si fa che incrementare qualcosa di già previsto e tollerato. Per questa strada possiamo già dar per certa una qualità del canto molto migliore, e non ci meraviglia che gran parte dei buoni o discreti cantanti abbia avuto un percorso legato alla musica leggera, perché è un tipo di canto molto più vicino al parlato. La velleità di voler cantare a tutta canna e su due ottave e oltre il prima possibile non può che stimolare opposizione, resistenza e reazione da parte dell'istinto. Per superare ogni opposizione, occorre coscienza e conoscenza. Questa ve la fate comprendendo ogni PERCHE'. Ma non può essere un dato teorico, bensì interiore, acquisito.

1 commento:

  1. Salvo3:54 PM

    Dunque, premesso che ormai di persone ignoranti e saputoni ( a Napoli si dice Ciucce e presuntuose) la nostra società è ormai piena, basta vedere i nostri "cari" politici che non capendo o non volendo capire una mazza (perchè così fa comodo...) alzano solo il tono delle discussioni con volgarità e veemenza, noncuranti nemmeno della platea giovanile che dovrebbe trarre esempio..., e quindi lo specchietto per le allodole e pronto per noi poveri mortali che così dobbiamo "vedere" e "capire"..., premesso tutto ciò, mi viene spontaneo pensare che spesso siamo portati a confutare quello che non ci aggrada proprio perchè manca l'umiltà di comprendere le cose semplici e quindi è più facile cercare di controbbatterle a priori proprio perchè ci fa comodo non assimilarle anche se sappiamo che sono vere... Perchè? Mah, forse perchè le cose belle, pulite, lineari sono difficli da raggiungere e quindi meglio le strade dritte, senza apparenti ostacoli... quindi meglio sbraitare, meglio non confrontarsi, meglio non accettare con umiltà o cercare di capire. La supponenza nasconde la fragilità... chi è libero non ha bisogno di sbraitare ne di aver paura di confrontarsi proprio perchè ha già dentro un bene unico, che è già suo, la sua umanità, la sua coscienza. Grazie Fabio... più semplice di così.... cosa altro si può aggiungere. La semplicità spesso fa male perchè mina le nostre povere ed evanescenti "certezze".....

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