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venerdì, luglio 25, 2014

Del talento

Quando ho l'occasione di parlare con qualcuno molto giovane che ha mezzi non indifferenti, lo esorto a non perdere tempo, perché in questo tempo chi è giovane ha molte possibilità in più, viene guardato con molta benevolenza e aiutato, anche se c'è immaturità e scarsa padronanza dello strumento. Cioè, l'agente di turno pensa: sfruttiamo il fenomeno, domani è un altro giorno, ne cercheremo un altro.
Cos'è il talento: è la capacità di mettere in relazione diversi elementi di un fenomeno creando unità.
Qualcuno penserà: ma non è la capacità di cantare senza studiare, o studiando poco? Non è avere una voce pazzesca? non è saper fare una cosa negata alla maggior parte degli altri esseri umani? No, quella è abilità, è fenomenalità. Da qui poi si diparte una giusta riflessione; non si può mica sottacere che ci sono persone che non hanno nessuna possibilità di realizzare qualcosa di seppur minimamente accettabile (ma alcune di queste ci riescono lo stesso, sia pure alla "corrida"); ci sono persone con voci incredibili ma che non possono raggiungere un obiettivo minimo, cantare un'aria o partecipare a un concerto "serio", per totale mancanza di doti musicali (stonano, vanno fuori tempo, sbagliano le note e le parole). Ah, ecco, un'altra parola: dote. Ne aggiungo subito un'altra: privilegio. Questi termini li avevo già spiegati in passato, ma naturalmente li riepilogo qui. Ogni uomo possiede delle POTENZIALITA', cioè possibilità di accedere ad attività non ordinarie. Ognuno di noi avrà letto, sentito, visto notizie, racconti, film, ecc. su imprese eccezionali, come il riuscire a far calcoli a mente molto complessi, percepire pensieri altrui, anticipare avvenimenti, oppure compiere imprese al limite della sopravvivenza. Possono essere migliaia le situazioni da considerare. Per molte di queste c'è una forte incredulità da parte dell'opinione pubblica, per alcune si parla di "miracoli", per altre si parla di "poteri paranormali", ecc. Di fatto è tutto riconducibile a potenzialità che l'uomo possiede e che in alcuni casi si manifestano spontaneamente (in campo musicale, ad es., un caso molto frequente è quello dell'orecchio assoluto, che sarà ben difficile da spiegare... eppure c'è!) per una "identificazione" o "riconoscimento" della dote stessa, che altrimenti sparirebbe. La potenzialità è una sorta di bagaglio d'emergenza, cui l'uomo potrebbe attingere nel caso di un cataclisma che rovesciasse la situazione di sopravvivenza della nostra specie. Naturalmente la maggior parte dei singoli soccomberebbe, però alcuni singoli, in possesso già di una manifestazione spontanea, sopravvivrebbero e a quel punto trasmetterebbero questa loro capacità tramite il dna alle generazioni successive. Questa è un'informazione generica; cosa ce ne facciamo noi per i nostri scopi? Possiamo sfruttare l'esistenza di queste potenzialità per scopi artistici, quindi mediante una disciplina che tolga il "blocco" da parte dell'istinto (che non permette che una potenzialità possa diventare normalità, perché contraddirebbe la situazione così come si è andata delineando nel tempo), si può giungere a far manifestare una potenzialità come possibile in un singolo (non trasmissibile, però). Logicamente se un singolo possiede già naturalmente una certa facilità e spontaneità a manifestare quella potenzialità, noi lo definiamo "talento", ma in realtà di questo si tratta: un privilegiato - almeno da un certo punto di vista - che si trova più avanti degli altri in quel determinato campo. Questo gli potrà essere d'aiuto in un primo tempo, ma non è detto che tale situazione si mantenga. Molto molto spesso i bambini presentano doti eccezionali, che spariscono già tra i 10 e i 13 anni, ma anche chi, con un certo interesse, coltiva questa sua dote, potrà incontrare difficoltà anche notevoli dopo i 40 anni. Infatti non possiamo sottovalutare il fatto che se la potenzialità resta tale, cioè non entra nelle necessità esistenziali dell'individuo, sarà avversata dal nostro istinto che la riterrà una concessione inutile, quindi dannosa, e cercherà in ogni modo di riassorbirla.
Cosa possiamo dire in conclusione? Che tutti potrebbero raggiungere un traguardo artisticamente importante? Forse sì, ma per molti occorrerebbero diverse vite!! Come scrive il M° Antonietti, poi, non si tratta solo della dote in sé, ma di intelligenza, capacità di gestirsi, di relazionarsi, ecc. Per tornare al titolo, invece, bisogna dire che il vero talento non sta nella capacità di esibirsi a un livello accettabile, ma nella capacità di fare sintesi, di prelevare dati dal contesto - diciamo dall'insegnante o insegnanti - ed elaborarli proficuamente ottenendo in tempi rapidi risultati rilevanti. Quindi non necessariamente il dotato, ma colui che pur partendo da zero riesce a manifestarsi artisticamente a livelli gradatamente elevati. Stando alle definizioni standard, il M° Celibidache non si sarebbe potuto definire un talento, come Mozart, ad es., perché la sua capacità si manifestò in modo evidente solo dopo i trent'anni, e addirittura si esplicò al massimo solo dopo l'incontro-scontro con Thiessen, nel 52, a 40 anni. In realtà le cose non stanno così! Il talento di Celibidache, innegabile, è consistito proprio nel sintetizzare molte materie e molti dati fino a costituire una disciplina unitaria, trasmissibile e possibile a tanti, indipendentemente dalle abilità o doti o privilegi che poteva possedere. C'è un video meraviglioso con una lezione di Celibidache alla televisione Svizzera del 74 in cui a un certo punto spiega il concetto di talento. Lo posto qui, gustatelo a spizzichi perché, come gli scritti del m° Antonietti, non è facile da assimilare tutto insieme.

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