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mercoledì, luglio 16, 2014

L'appropriazione

Un esempio: una corda o l'aria in un tubo o una membrana elastica, quando, eccitata, emette una vibrazione costante, cioè un suono, dopo pochi istanti si "spezza" in tante parti uguali, sempre più piccole, che emettono, a loro volta, suoni secondari, detti armonici. Questo concetto è anche un paradigma mentale, perché una situazione complicata tende a essere rifiutata dal cervello che non riesce ad elaborare troppe informazioni in poco tempo (ovviamente è un dato con una variabilità fortemente soggettiva). Esempio: se io abito in un paesino e improvvisamente mi trovo a dover vivere in una grande città, mi troverò spaesato e impaurito; questo perché la mole di informazioni (vie, negozi, trasporti, popolazione, punti notevoli, dimensioni complessive) non sono appropriabili in tempi brevi. Questo concetto vale per tutto: quando voglio imparare una disciplina (sia essa uno sport, una materia di studio, una lingua) il nostro entusiasmo e la fretta ci spingono a concentrarci e a cercare più informazioni possibili in tempi brevissimi; quando ci rendiamo conto che non si possono raggiungere subito traguardi notevoli, spesso molliamo tutto, ci deprimiamo e lasciamo perdere, con strascichi di rimpianti. Il problema, o uno dei problemi, è che in realtà ci sfugge proprio il dato essenziale, cioè come il fenomeno è articolato o si può articolare. Naturalmente più il fenomeno è di grandi dimensioni o di relazioni complesse, più sarà difficile comprendere la sua struttura, ma non è poi nemmeno così impossibile, e dovrebbe riguardare il primo punto essenziale di ciascun insegnamento. Per la verità vorrei arrivare a individuare un altro traguardo, e cioè "vivere il fenomeno". Fortunatamente nella nostra esistenza riusciamo a vivere inconsciamente molti fenomeni, che sono i momenti di gioia, di piacere, di entusiasmo. Insomma sono le ragioni che ci fanno "tirare avanti" anche quando magari non conduciamo un'esistenza proprio felicissima, e sono anche, al contrario, le cose che mancano a chi cerca di procurarsele artificialmente, cioè con la materialità e i denari. Un brano musicale è un fenomeno complesso, anche il più elementare (tipo: "tanti auguri"). Qual è il problema fondamentale? che un brano ci giunge in forma fortemente articolata, e non riusciamo ad appropriarcene, o perlomeno è molto difficile, perché l'estrema frammentazione, ci rende molto difficile comprendere qual è l'unità, cioè l'intero. E se già può essere difficile appropriarsi di una composizione elementare, figuratevi cosa può essere una sinfonia, un'opera, un concerto! Ma nonostante questa premessa, in realtà la cosa non sarebbe così difficile se le esecuzioni partissero da questa concezione e si prodigassero per realizzare il percorso. In realtà ogni esecuzione, per quanto buona, finisce per essere una sommatoria di elementi giustapposti, impossibili da relazionare e quindi unificare e rendere appropriabili. Ogni nota, nella sua altezza, dinamica, tempo, armonia e ritmo, è, o dovrebbe essere, la conseguenza di ciò che precede e la premessa di ciò che segue; ogni nota all'interno di una composizione è, o dovrebbe essere, costante relazione tra l'inizio, il punto massimo e la fine, vale a dire che ogni "presente" deve sapere da dove viene e dove va! Se il tragitto è spezzato o slegato dal contesto relazionale in cui è inserito, il fruitore non potrà cogliere il SENSO (cioè la direzione) del brano, cioè sarà come un navigante senza bussola e riferimenti.
Quanto detto è di sicura utilità per chiunque abbia a che fare con la musica, qualsiasi ruolo rivesta, dall'appassionato fruitore all'esperto professionista; naturalmente è quest'ultimo colui che dovrebbe sapere tutto ciò e applicarlo, perché il fruitore non potrà fare niente, se non protestare, laddove mancano le caratteristiche che rendano "digeribile" un brano musicale. Infatti il compito dell'esecutore è, o dovrebbe essere, quello di "predigerire" la partitura all'ascoltatore. Ciò, però, non in un'ottica di personalizzazione dell'esecutore "interprete", ma in un'ottica di verità rispetto all'autore e alla coscienza universale.
Qual è invece, o come si può intendere, l'appropriazione della vocalità per un cantante? La questione di fondo è sempre l'unità. Il fenomeno voce si presenta unitario nella manifestazione del parlato, ma allo stesso tempo insufficiente per un utilizzo di tipo artistico. Nel momento in cui si richiede un elevamento della prestazione, l'unità si spezza, o per meglio dire coloro che si presentano come gli "intenditori" e che vorrebbero insegnare e disquisire di vocalità, non fanno altro che frammentare e concentrarsi su singoli elementi vocali, mancando a costoro qualunque idea, concetto o coscienza di cosa possa essere un'unità vocale, cioè una relazione univoca tra gli apparati che contribuiscono all'emissione vocale. Chi si concentra sul respiro, chi sugli spazi, chi su cartilagini e sfinteri, chi su muscoli e ossa... raramente qualcuno riesce a mettere in sintonia due parti, ma oggigiorno praticamente mai tutti i "nodi", che sono sostanzialmente tre, seppur con qualche sottonodo. Ciò su cui voglio portare l'attenzione è ancora una volta una questione di tempo: pur senza poterne acquisire una piena coscienza, è bene fin da quando si inizia a seguire una vera e profonda disciplina porsi nell'ottica di una unificazione. All'inizio sarà difficile capire cosa c'è da unificare e come, ma ponendosi domande e ricercando soluzioni, ponendo domande all'insegnante, ci si orienterà e si svilupperà la propria coscienza.

3 commenti:

  1. Che bello questo post. Grazie.
    Certo non è proprio facilissimo questo passaggio fondamentale; acquisire ed evolvere una propria coscienza, unificando il tutto senza perdere di vista i sentimenti, le emozioni, cioè senza correre il rischio di divenatre delle perfette macchine emettitrici di suoni perfetti ma senz'anima.... Si potrebbe correre questo rischio oppure ho detto una cavolata???

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  2. Ti ringrazio perché la domanda è quanto mai appropriata, e ci dedicherò un post, in quanto una risposta qui prenderebbe troppo spazio e avrebbe poca visibilità. Non hai detto una cavolata, ma sei caduto in un classico trabocchetto (quelle domande che il mio maestro di direzione d'orchestra dice essere "depositate dal notaio", cioè nel quale prima o poi tutti tendiamo a cadere). A presto.

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  3. Salvo4:47 PM

    http://youtu.be/eCAAOrDCZhI
    Cosa ne pensi, Maestro?

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