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giovedì, ottobre 30, 2014

Della Natura umana

La voce non ha bisogno di "tecniche" per essere educata, non essendo uno strumento "meccanico", ma frutto del pensiero, della creatività, dell'intuizione, della fantasia. Tutt'al più è necessario uno studio, che possiamo definire tecnico, per l'esercizio e l'apprendimento del linguaggio stilistico-musicale.

Natura: il sistema totale degli esseri viventi, animali e vegetali, e delle cose inanimate che presentano un ordine, realizzano dei tipi e si formano secondo leggi. 

La semplice immagine a sinistra ci ricorda la suddivisione generalmente accettata: regno inanimato e regno dei viventi, suddiviso in animale e vegetale. La vignetta, nello spazio "animale" non inserisce l'uomo, mentre analoghi grafici presenti in internet, soprattutto a scopo didattico, lo prevedono. Qui già si potrebbe porre un interrogativo. Prima di rifletterci facciamo un'altra domanda: cosa sta fuori da questo insieme? Ovviamente ci sta tutto ciò che ha realizzato l'uomo fin dalla sua apparizione: oggetti, invenzioni, ma anche modificazioni della natura stessa, come gli incroci di piante e animali e quindi anche tutto ciò che rientra nell'arte, sia nell'accezione esteriore, quindi il manufatto, qualora lo sia, sia - fondamentalmente - il pensiero che sottende. La successiva domanda è: a quale insieme appartiene la natura più ciò che sta fuori, cioè l'opera umana? Mi permetto di suggerire: alla Conoscenza. Ognuno però può portare le proprie argomentazione a sostegno di tesi diverse. Detto ciò torno alla questione della posizione dell'uomo in questo insieme. Che faccia parte della Natura e del regno animale, non c'è dubbio. Ma può darsi che egli stia a cavallo di due ambiti? A mio avviso sì; se tutto ciò che sta fuori dell'insieme "natura" è frutto dell'uomo, mi pare piuttosto logico che anche l'uomo, almeno in parte, appartenga a questo settore, che rientra peraltro nel più vasto ambito della Conoscenza. Il riferimento alla Natura Umana, pertanto, può verosimilmente far capo alla specificità di un Essere che pur appartenendo in gran parte al regno animale, possiede un quid (che possiamo sintentizzare in "pensiero") che gli permette di interagire e anche modificare alcuni aspetti dei regni naturali e di produrre, o meglio, creare, opere concrete ma anche del solo pensiero, che vanno a collocarsi in un ambito extranaturale, che talvolta chiamiamo 'artificiale', altre oggetto d'arte o d'artigianato, o del pensiero, ecc. Molto spesso la collocazione in un ambito in un altro assume un valore dispregiativo o qualificante. Se dico che un oggetto è "artificiale", in genere ne sottolineo un aspetto di distacco dall'uomo e dagli altri elementi della natura. Se dicessi che un quadro è "artificiale", sicuramente verrebbe preso come una critica negativa, mentre un qualunque oggetto o frase, se dicessi che è un'opera d'arte, lo valorizzerei molto. Eppure, a ben pensarci, le due cose collimano, ma qualcuno potrebbe dire che l'arte è "naturale". E perché? Si potrebbe dire che lo è perché frutto dell'uomo, che è un essere naturale, ma a questo punto o tutto ciò che è fatto dall'uomo rientra nel naturale, oppure no. Alcune operazioni possono rientrare nella naturalezza, cioè tutto ciò che non è orientato a modificare temporaneamente o permanentemente le caratteristiche di ciò che esiste. E infine possiamo dire che l'uomo, almeno in piccola parte, fuoriesce dall'insieme del regno animale della natura, in quanto ha compiuto modificazioni permanenti su di sè. Il fatto che tramite l'assunzione di farmaci e pratiche di vario genere possa vivere più a lungo di quanto non accadesse anche solo pochi anni fa, possa guarire da malattie e incidenti, possa svolgere attività superiori ai propri mezzi, come spostarsi su terra, mare cielo, comunicare a grandi distanze, ecc., lo pone al di fuori di quel quadro.


Se fate una rapida ricerca su google in relazione a "natura umana", vi si apriranno un numero considerevole di link. E' un campo molto ampio e tocca gli ambiti più disparati e soprattutto si inserisce in un dibattito alquanto acceso. A me non interessa in questa sede entrare in merito al dibattito, però ci sono questioni che riguardano molto da vicino il canto, dunque non posso astenermi dal fare qualche considerazione.
Comincerò con una visione un po' generale delle scuole di canto. L'approccio delle scuole all'insegnamento della vocalità è di due tipi, (di cui uno scisso): tecnicismo e naturalismo; l'approccio tecnicistico può essere di tipo sensorio o meccanicista. Altro dato da mettere sul piatto: il naturalismo.

Raccordandoci con la premessa, la domanda è: può esistere un canto realmente "naturale"? No, il canto è frutto del pensiero; la stessa parola è in relazione con la quota "conoscitiva" dell'uomo, non con la sua appartenenza al regno animale, o, anche fosse, si tratterebbe di un canto assimilabile a quello animale, bello o brutto che sia (e il solo fatto di qualificare ci pone in ambito sopranaturale). Poniamoci in un'ottica più possibilista e proseguiamo.
L'antitesi tra scuole tecniche e naturali non ha ragione di esistere se non definiamo meglio cosa si intende con canto naturale. Nell'opinione pubblica legata in qualche modo (o per fruizione o per attività amatoriale o professionale) al mondo del canto, la terminologia "canto naturale" è generalmente riferita a un canto spontaneo, dove non vi è stato nel tempo alcun apporto di tipo educativo o correttivo. Potremmo dire, quindi, un canto basato sul semplice parlato intonato su una melodia. Possiamo riferirci per esempio al canto in chiesa, sia assembleare che dei semplici cori parrocchiali privi di una scuola. Il passaggio di un canto siffatto a un procedimento educativo di qualsivoglia genere, vuoi per migliorare una dizione affetta da evidenti cadenze dialettali, vuoi per fornire una più efficace respirazione di base, è da considerare tout cour un trascendimento della cosiddetta naturalezza, perché anche la semplice attenzione che un insegnante induce in un cantante rispetto al proprio modo di emettere la voce, lo pone in una condizione per cui non si sentirà più libero (e pur non essendolo comunque!) di esprimersi vocalmente con naturalezza. Le asperità, le imprecisioni tonali, le storture testuali, le difficoltà di tessitura, di fusione con altri strumenti o cantanti, di cui un soggetto è all'oscuro, e che lo pongono in una condizione di tranquillità e di relativo piacere, vengono rapidamente meno, perché ogni errore segnalato diventerà una ossessione. Soprattutto, una volta apertosi il vaso di pandora, il soggetto si sentirà in grave imbarazzo per tutto ciò che commette e che sempre più vivrà come un dispregio alla cultura musicale e canora. Fortunatamente questi soggetti si sentono sufficientemente confortati dal fatto che, frequentando adesso una scuola, auspicano di colmare queste lacune e di potersi inserire più responsabilmente e pertinentemente in quel mondo. Scuola di canto naturale è una contraddizione in termini; se c'è una scuola, il canto non può più essere naturale, dunque si tratterà di un canto che evita determinate strade, quelle meccanicistiche e sensoriali, e questo è già buono, ma qualcosa dovrà fare e questo qualcosa "sviluppa", corregge, modifica, interviene sul suono naturale e di conseguenza lo porta a livello superiore (si spera) con una aumentata presa di coscienza di ciò che era e di ciò che è diventato. Anche questo fattore di consapevolezza (che è informazione ma anche sviluppo conoscitivo) si pone a un livello sopranaturale.
Con questo possiamo giungere al nocciolo della questione. Dal momento che l'uomo non si accontenta, per determinati scopi e in determinati ambiti culturali, di ciò che la natura ha fornito, metterà in atto delle azioni allo scopo di raggiungere un livello superiore di soddisfazione proprio e altrui, non dettato semplicemente da caratteri di esteriorità e piacere sensoriale, ma di soddisfazione e appagamento interiori. Qui entra in gioco la natura UMANA. Se noi parliamo in termini generici di natura e facciamo rientrare l'uomo in questo insieme, lo consideriamo parte di un tutto eco-biologico all'interno di un sistema formato da esseri ed elementi inanimati ed esseri viventi in un (fragile) equilibrio interattivo. In questo quadro non esiste e non può esistere alcuna funzione artistica, che avrebbe peso zero su questa bilancia, non apportando e non togliendo niente al sistema. Ecco che quindi, e fin dall'antichità, si è dovuto far ricorso a un termine specifico "natura umana" per indicare una singolarità, una peculiarità dell'uomo non condivisa e non trasmissibile geneticamente e non riproducibile in altri esseri e in altre forme meccaniche. Allora se diciamo che il canto appartiene alla NATURA UMANA, ecco che ci ritroviamo e tutto torna a posto. Purtroppo questo concetto non trova tutti unanimementi concordi, non è chiaro e noto a tutti, e a non tutti è chiaro cosa ci sta dentro e cosa no.

Ultima cosa: in che posizione si trova il famoso istinto, che la mia scuola di canto individua come principale causa della difficoltà al raggiungimento di un risultato vocale esemplare (ma che non ha niente a che vedere con il concetto di natura "matrigna")? A questo punto è semplice: l'istinto è a tutti gli effetti un elemento appartenente alla Natura, non alla natura UMANA, cioè non rientra nella sua sfera l'attività che il soggetto compie al di fuori della sua appartenenza al regno animale, cioè ciò che è frutto ed espressione del pensiero, della creatività e della Conoscenza al di fuori dell'ambito dell'ecosistema e quindi è fatale e normale che lo ostacoli per deficit di informazioni. Se noi forniamo dati utili, ecco che anche l'istinto comprenderà e permetterà ciò che non poteva sapere, ma lo può fare anche grazie al fatto che il canto esemplare è presente in una natura POTENZIALE (non so se abbia qualche riferimento a una non meglio definita "seconda natura" di cui ho scorto tracce in internet), cioè una condizione "dormiente", perché non utile alla condizioni attuali dell'uomo, ma che potrebbe svegliarsi in una condizione imprevedibile ma non impossibile.

6 commenti:

  1. Salvo2:19 PM

    Perchè si canta? Il canto lirico, poi, non ne parliamo, è' una forma di narcisismo, di autocelebrazione? Chi è il cantante lirico? Assecondare l'istinto, autodisciplinarsi, raggiungere una perfezione, vivere ossessionati da quest'arte.... Perchè? Chi ce lo fa fare? Scoprire le proprie potenzialità... e poi? Compiacersi? Assurgere al Olimpo, vivere al di sopra degli altri.... Ma a che ti serve tutto questo??????
    Ecco, in breve, ma me ne sfuggono tante altre, le considerazioni e le domande che in tanti anni mi sono state rivolte oppure ho sentito in vari frangenti.
    E' molto difficile capire le motivazioni che spingono una persona a cercare dentro di se le proprie potenzialità canore.....

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  2. Perché si canta, perché si suona, perché si scrive, perché si dipinge o si scolpisce, perché siamo ossessionati da alcune forme d'arte...? perché vogliamo sapere chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo, e l'arte è la risposta, seppur criptata. Quando possiamo godere di un brano eseguito o ascoltato, di una voce pura, di un capolavoro pittorico, non intendiamo parole che ci spiegano la nostra origine e il nostro percorso, ma la nostra coscienza si sente, al momento, appagata. Ciò che interferisce con la risposta, invece, è tutto ciò che hai aggiunto, cioè l'istinto, l'autocelebrazione, l'olimpo, il compiacimento. Ce lo fa fare la nostra umanità profonda, il pensiero quando riesce a liberarsi dal giogo dell'isinto animale.

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  3. Io ho sempre risposto che il canto appaga prima me stesso nel senso che libera la mia parte, appunto, umana, buona, sensibile.... la riscalda come un sole, un fuoco, che arde incessantemente, la passione e la profonda sensibilità di cui, penso, ogni cantante dovrebbe essere dotato.
    Poi subentra il piacere di far gioire anche gli altri, regalando a loro dei momenti di felicità, e nei limiti del possibile dell'estasi, cioè di quello stato particolare in cui appunto l'istinto, la nostra "terraneità", lasciano il posto ad un livello superiore.... trascendentale....

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    1. Certo, appaga te... ma non spiega perché senti questa forte attrazione al canto, o ad altre forme artistiche.

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  4. Salvo3:06 PM

    Sicuramente c'è qualcosa di ancestrale, di antico, qualcosa che ha a che fare col nostro dna. Un bisogno che però non è di tutti.... una coscienza che non è "biologicamente" in tutti..., tu dici che comunque è dormiente in ognuno di noi (ho inteso bene?), diventerebbe quindi un discorso elitario. Mah non lo so, e non so nemmeno se è giusto, necessario saperlo. Si diventa un pò egoisti? Il canto è benessere... devi stare attento a non isolarti, a non condividere.

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  5. Perché elitario? Se è presente in tutti, vuol dire che abbiamo tutti le stesse potenzialità, Peraltro è vero che (anche) la razza umana è contraddistinta strutturalmente da una sorta di gerarchia, per cui la potenzialità in alcuni resterà sempre tale e totale, mentre in altri diventerà talmente forte da assurgere a esigenza vitale. Dove si manifesta in modo lieve, oppure nelle prime fasi, può esaltare la componente egoica, infatti i mediocri o i giovani che si avviano a una carriera artistica sono spesso contraddistinti da elevato esibizionismo; coloro che hanno la spinta e la volontà di approfondire non potranno esimirsi dal condividere e quindi di coinvolgere gli altri.

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