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martedì, marzo 24, 2015

Linguaggio macchina

L'evoluzione, o per meglio dire il tempo piuttosto notevole che intercorre tra i primi esperimenti di costruzione di elaboratori elettronici, più o meno al termine della II Guerra Mondiale, e la commercializzazione diffusa dei PC a metà degli anni 80, in cosa è consistita? Nel trovare l'interfaccia, ovvero la possibilità di dialogo tra l'uomo e la macchina. Un'apparecchiatura elettronica può compiere calcoli a notevolissima velocità, perché non fa altro che aprire e chiudere circuiti alla velocità del flusso elettrico. Aprire e chiudere circuiti significa fare "zero" o "uno". Mettendo in parallelo tanti circuiti, si ramifica e amplia la comunicazione fino a poter elaborare serie molto elevate di dati. Il nostro pensiero è ancora più rapido, e possiede capacità immensamente superiori. Si può capire da qui quale sia il problema. Se l'uomo non è in grado di dialogare con un linguaggio macchina, figuriamoci come possa farlo con un codice ancor più vasto e rapido. Quindi c'è un freno, una sorta di "imbuto" che rallenta tutto il flusso. Questo rallentatore nei cervelli elettronici è costituito da diversi "strati" di linguaggi che si definiscono evoluti perché rendono il linguaggio binario adeguato al nostro quotidiano, ma a prezzo di un sensibile contenimento del funzionamento (chi non si lamenta della lentezza dei PC e dei quasi continui problemi?). Che poi sia più o meno evoluto è un'opinione discutibile. Il pensiero umano incontrando il cervello fisico si trova nella stessa situazione; incontra praticamente un muro contro cui si infrange. Ma è un filtro necessario, perché l'uomo essendo un organismo della Natura, ne subisce i limiti, quindi il pensiero deve adeguarsi a questa velocità. E' come se un aereo o un razzo, che può volare a velocità supersoniche, si trovasse a dover percorrere una strada cittadina. Questo è anche il limite estremo della comunicazione verbale. Come possiamo tradurre in termini il pensiero, cioè un flusso luminoso o energetico? Anche molta fantasia, creatività, intuizione, sono limitati dalla concettualità dei sensi, cioè dal fatto che rapportiamo tutto a rappresentazioni materiali. Ma l'arte è, o meglio può essere, flusso del pensiero, e quando ci si trova nella condizione di realizzarla, non è più oggetto, cioè non è più "qualcosa che" viene da me, ma sono io, non c'è, non ci può più essere dualità, e così la musica, che non è più, non deve e non può più, essere molteplicità (di fenomeni o eventi), sono io. In questo senso sta anche il limite di considerare la voce "naturale". C'è, "NATURALMENTE", una voce naturale, che appartiene, per l'appunto, a un soggetto sottoposto alle leggi della Natura, ma proprio per questo limitata. Voler fare canto, e quindi vocalità, artistici, significa necessariamente superare i limiti naturali, pur dovendo gioco forza restare nei limiti delle possibilità fisiche del corpo umano. In sintesi: l'uomo ha la possibilità di esprimere una vocalità artistica, che va ben oltre la semplice naturalezza della sua esperienza spontanea e quotidiana; questa la può raggiungere mediante un lungo e impegnativo lavoro su sé stesso, oppure può avere la fortuna di incontrare uno o più maestri che lo avvantaggino e ne favoriscano la crescita cosciente. Questo lavoro con i maestri, sarà necessariamente basato su un linguaggio multiforme che definiamo empirico, che non può essere solo quello verbale, perché esso è tremendamente limitato, per cui ciò che diciamo di continuo è: non fidatevi di trattati e corsi esterni a voi; il canto si può imparare solo mettendosi in gioco personalmente, perché tutto ciò che esiste e esisterà è nel nostro pensiero. Purtroppo ogni volta che nasciamo dobbiamo cominciare tutto da capo, e i tempi si allungano, ed è per questo che esistono i maestri, per stringere i tempi e permettere all'uomo di evolversi un po' più rapidamente. Purtroppo però c'è una legge che ad azione corrisponde reazione, per cui ad evoluzione rapida, cioè a qualità crescente, corrisponde analoga involuzione, cioè aumenta quantitativamente il numero di persone che tende ad abbassare la qualità, ad opporsi alla qualità e ad ostacolarne il cammino. In questo processo ci sono anche la falsa crescita e l'evoluzione apparente. Sembrano temi molto distanti dal canto, ma non è così. Chi si coinvolge in questo argomento non solo superficialmente, se ne renderà conto, se vorrà, oppure, forse, potrà rinunciare o tentare di starne a parte. A volte ci si riesce, dipende dalla coscienza, ma occorre anche considerare che il desiderio di conoscere a fondo, di migliorare e perfezionarsi è una manifestazione d'amore.

2 commenti:

  1. Salvo1:40 PM

    Non so se era Gigli a dire che per il canto ci vorrebbero due vite, una per studiare e l'altra per cantare.... se hai studiato bene, aggiungo io.
    Mi voglio soffermare solo sull'ultima frase del tuo bellissimo post, per riaffermare che per cantare artisticamente, nel mio piccolo me ne sto accorgendo ora che ho 55 anni, bisogna effettivamente "amare" non in maniera narcisistica, ma al contrario in modo che la coscienza sia libera da tutti i pregiudizi e quindi tale libertà renderà il corpo e l'anima leggeri... così leggeri da oltrepassare la fisicità ed assurgere al trascendentale. Credo fortemente in questo concetto che razionalmente è giusto: il canto artistico non può essere "fisico", posseduto, "materiale", grossolano. I grandi del passato senza capirne nulla o poco di fisicità, in un certo senso sono stati più fortunati di noi oggi..., avevano dalla loro il sacrificio, la privazione, la forte volontà a conoscere, a fare esperienza sul campo senza demordere, abbattersi. Insomma la vita era più vissuta in tutti i suoi risvolti buoni e cattivi.... Oggi è la nostra superficialità che ci sta distogliendo dai significati veri, autentici. Canto e anima, passione e sacrificio, saggezza e umiltà.

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  2. La polvere più è sottile più penetra ovunque, si insinua e raggiunge ogni anfratto; la voce deve avere lo stesso livello di sottigliezza, di microdensità e immaterialità per poter viaggiare veloce e raggiungere ciascun ascoltatore, avvolgerlo e rapirlo nel superiore mondo dell'espressività, dei sentimenti, dell'immaginazione.

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