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giovedì, luglio 30, 2015

Gli insegnanti non servono!

Non è che sto proprio scherzando... Poco fa ho visto un video; c'erano due ragazzini; uno, il più piccolo, direi più bambino che ragazzo, avrà avuto al massimo 9/10 anni e cantava. E come cantava! Con una voce bellissima, molto morbida, una musicalità formidabile, tempo, affetti... non so che canzone era, in inglese, per niente facile. L'altro, non so se fratello, avrà avuto 12/13 anni, chitarrista, anche lui con la massima semplicità toccava lo strumento come un esperto, ma senza darlo a vedere. Qual è il pensiero che può scaturirne? Quando e quanto possono aver studiato questi due? Il chitarrista sì, forse, qualche anno, ma penso che molti chitarristi diplomati, nel vederlo, direbbero di non essere in grado di suonare con quella facilità. Credo lo stesso valga per tanti/e cantanti. E qui potremmo tornare su un vecchio tema-tormentone. Si nasce e non si diventa, il talento, i fenomeni, ecc. ecc. Il punto è: chi canta? chi può cantare? (lo stesso vale per qualunque arte), ma per molti il punto è: chi arriva al successo? Possiamo dire che gli insegnanti non servono? Che canta solo chi ha "il talento", chi ha già doti manifeste? Molti pensano così in assoluto; altri lo pensano ma solo in chiave successo, cioè per "arrivare", per "diventare famosi", avere contratti, incidere dischi, ecc. Costoro molto spesso hanno carriere assai brevi oppure lunghe ma costellate da problemi. Solo alcuni riescono a percorrere lunghi periodi artisticamente rilevanti (parlo, naturalmente, dei "nostri tempi"). Questa è un'amara verità, su cui non c'è molto da discutere; oggigiorno chi è intenzionato a vivere del canto deve solo poter contare sul possesso di requisiti innati non di poco conto. Dopodiché studiare poco, perché c'è il rischio di essere rovinati, inoltre più giovani si è meglio è... e buona fortuna. Chi ha in mente di compiere studi meticolosi, vuoi di carattere vocale vuoi musicale, senza avere un manifesto talento ampiamente riconosciuto, è meglio si metta nella condizione di farlo per hobby, per passione. Risparmierà sicuramente tante delusioni, nervi, arrabbiature, litigi, esclusioni. Potrebbe essere che magari all'estero ci siano ancora luoghi dove è possibile essere riconosciuti per l'impegno e le doti acquisite, non so; in Italia, che qualcuno forse ricorderà per essere la patria di quasi tutte le arti, in particolare la musica, in particolare l'opera e in particolare il canto, no, almeno che io sappia... se qualcuno ha informazioni più positive e ottimistiche me le comunichi, le apprenderò con piacere... PS: mi riferisco anche agli insegnanti di scuola...

5 commenti:

  1. Temo che nel canto le cose siano sempre andate così, anche in passato. Con alcune differenze. All'epoca dei castrati, l'educazione vocale iniziava molto presto, fin da piccoli. Ma solo i più dotati e talentuosi emergevano. Per molto tempo poi il mestiere del cantante ed in generale del musicista, era un'arte che si tramandava in famiglia e anche in questo caso l'educazione iniziava fin dalla più tenera età. Pensiamo alla stirpe dei Bach, cognome che nella regione della Turingia era quasi sinonimo di musicista già prima della nascita del celebre Johann Sebastian. Molti leggendari cantanti ottocenteschi provenivano a loro volta da famiglie di cantanti, talora addirittura la famiglia stessa costituiva un'impresa teatrale itinerante. Pensiamo alla famiglia dei Garçia, alla celebre Patti e tantissimi altri. Un imprinting famigliare di questo tipo su un bambino sicuramente determina un vantaggio incolmabile in termini musicali e vocali. Cioè, questi imparavano a cantare e far musica come un qualsiasi altro impara a parlare e a camminare. Detto questo, siamo sicuri che in passato sia mai esistita una scuola, un maestro, in grado di mettere nelle condizioni di cantare professionalmente, ad esempio, un ragazzo appassionato, ma senza voce e senza talento, che iniziasse il proprio percorso in età già adulta? No, credo che la natura abbia sempre giocato un ruolo fondamentale. Cantanti o si nasceva, o lo si diventava ma solo iniziando in tenerissima età, con una abdicazione oggi neanche pensabile (pensiamo appunto al caso dei ragazzini avviati al canto con la castrazione).

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    1. Non so, secondo me le cose andavano meglio, nel senso che le scuole esistevano e la maggior parte erano in grado di fare cose rilevanti; sul fatto che comunque il successo lo conquistassero solo o quasi solo i privilegiati.. beh, sì, può essere, ma con esiti finali in genere diversi dagli attuali.

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    2. Le scuole una volta potevano permettersi di praticare una selezione molto più restrittiva, e all'interno di un "bacino di utenza" più vasto (oggi molti di meno si avvicinano al canto, non cantano più nemmeno i bambini in chiesa). Avevo letto un trattato, adesso non ricordo l'autore, in cui si dice senza mezzi termini che il maestro deve avere l'onestà di dire immediatamente di no ad un allievo che non mostri subito chiare speranze di cavarsela. Cioè non illudere e non far perdere tempo, dato che un tempo nessuno poteva permettersi di studiare per hobby, salvo i ricchi aristocratici. Io poi credo che queste scuole facessero cose rilevanti sostanzialmente perché non mettevano le mani dentro agli "ingranaggi", ossia in gola, ma si limitavano a lavorare sul testo e sulla musica. Tutt'al più aiutavano a perfezionarsi chi partiva già molto avvantaggiato per proprie doti naturali, ma rimango scettico su quanto potessero fare con un ipotetico allievo che non manifestasse già da subito una innata abilità. In altre parole, il vero maestro di imposto è sempre stato una grande rarità, ne sono certo.

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  2. Oggi difatti mi fanno ridere quelli che credono di scovare nei trattati chissà quali segreti. Si scrivevano trattati unicamente per questioni di prestigio personale, di visibilità, di soldi. Mozart dava lezioni per vivere, per necessità, non perché gli importasse davvero insegnare. Lo stesso vale per i trattati. Non c'è trattato che abbia mai insegnato a cantare a qualcuno. Si scrivevano trattati a partire dal Settecento, perché quella era l'epoca dei "codici", nel diritto come nelle arti. Era la mentalità illuminista, quella di cristallizzare, di positivizzare, di consolidare su carta ciò che per secoli la cultura sapienziale aveva tramandato oralmente. Di qui al materialismo dei primi foniatri il passo è stato breve. Si potrebbe dire che la decadenza inizia proprio con i trattati, ossia con il voler fissare l'insegnamento del canto all'interno di un metodo rigido e preconfezionato.

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    1. Per l'appunto, il concettualizzare, il cristallizzare (come hai perfettamente definito) un'arte, la fa immediatamente decadere dal suo ruolo, che è in divenire e si può solo conquistare con un'evoluzione operativa.

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