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venerdì, dicembre 30, 2016

Come una stella cometa

Staccare la voce dal corpo e librarla nello spazio infinito, senza massa. L'aria (atmosferica) è il mezzo che la sostiene, così come sostiene un aereo, un aliante o un uccello in volo libero. La voce non è più "nostra", non è un oggetto e soprattutto non ci appartiene più; dal momento in cui è nata, se è arte, appartiene all'universo e noi dobbiamo lasciarla andare, abbattendo il senso del possesso, dell'appartenenza fisica e terrena. Fin dal suo sbocciare dobbiamo già distaccarcene, soppesando la sua inconsistenza materiale (se ne ha dobbiamo lentamente ma inesorabilmente abolirla), separandola da quella massa vibrante di poco valore che ne fornisce una più che sufficiente molecola di materia. Solo un tenue flusso aereo, morbido, inconsistente ma luminoso e gioioso come polvere di stelle, come un'argentina coda di cometa si diffonderà magicamente avanti a noi, corpuscoli sonori come microscopici campanelli, come purissimi armonici di un'arpa celeste: con quello si canta, non altro! Cantare magistralmente vuol dire "non cantare" col corpo, e in un certo senso nemmeno con la mente, inteso come pensiero attivo e volitivo; è un pensiero sublime, implicito, frutto della conoscenza più alta dell'uomo, che non si impara, la si accende, la si riconosce, E'. Il nostro canto sublime è come già esistesse davanti a noi, basta una cellula, un bip immaginario per accenderlo, infuocarlo. Quando questo avviene, portiamo tutti su quella scia, basta recitare con sincerità e naturalezza ciò che è già scritto, e farsene portatori neutrali, trasparenti, come trasparente deve essere la vocalità. Un grande canto è come un cielo stellato in un'armoniosa notte limpida e serena.
Buon anno!

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