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sabato, maggio 27, 2017

Della sonorità

Il problema che oggigiorno, ma ormai da molto tempo, si pongono tutti coloro che studiano canto è quello di avere una voce molto forte (perché, dicono, con le orchestre e i teatri odierni, superare la buca d'orchestra è arduo, come se i teatri e le orchestre fossero diverse da quelle di cento-centoventi anni fa, quando imperavano cantanti-parlanti). Questo induce, di conseguenza, gli insegnanti a passar sopra alle vere finalità del canto, cioè la musicalità, l'espressione, la recitazione, e a concentrarsi solo su tutte le modalità possibili e immaginabili per rendere la voce più forte possibile. Voce forte, poi, non significa voce sonora! Fino a una trentina di anni fa, ancora si parlava di "voce che corre", poi anche questa espressione è sparita. Affondo, maschera e corbellerie simili, buone solo a rendere il canto inintelligibile, artificioso, distante e faticoso, sono state tutte idee partorite da menti presuntuose (in quanto pensare di insegnare al nostro corpo come comportarsi in attività dove noi non abbiamo alcuna possibilità di sapere realmente come vanno le cose) per cercare di fare più rumore possibile. E di questo parliamo: rumore, più o meno piacevole, ma rumore. Ma lasciamo stare. Ora, tutti gli studenti di canto si preoccupano sempre di non essere sufficientemente udibili e di essere criticati per la voce "piccola". Dobbiamo dirlo: chi ha la voce piccola non può pensare di poter avere una voce grande (e chi ce l'ha grande ringrazi i suoi cromosomi), a qualunque metodo si rivolga. Diverso è il discorso sulla SONORITA' della voce. La voce che corre, che si espande, che occupa lo spazio, che è limpida e pura, si sente sempre, anche se piccola. E qual è la voce limpida e pura? E' la voce parlata elevata a canto. Punto. Non lo si accetta, e io non ci posso far niente. Se non si vince questo muro, che non è da addebitarsi all'istinto, ma all'EGO, si navigherà sempre nel mare dei difetti, perché fare la voce forte è collegato comunque allo SPINGERE. E spingere significa, alla fine, spoggiare. Allora si deve cantar piano? In un certo senso sì, cioè quel "piano" che è l'intensità normale della nostra voce parlata (alcuni l'avranno già spontaneamente forte, altri velata o leggera...). Parlare e subito dopo intonare con la stessa modalità, senza cercare niente, senza modificare alcunché, e passare da parlato a intonato con la stessa facilità e fluidità. Questa che sembra una sciocchezza, è la chiave di tutto il grande canto, e quelli che ci arrivano sono casi quasi unici nella Storia (oggi). Ogni cambio di vocale, ogni cambio di nota, ogni cambio di colore, di carattere, ecc., genera in tutti uno stimolo a una modificazione meccanica, cioè si pensa o si accetta supinamente che bisogna che qualcosa cambi a livello di lingua, di laringe, di velopendolo, di faringe, ecc., e al di là di ciò che succede naturalmente quando parliamo, si pensa supinamente che occorra aggiungere, ampliare e amplificare per poter cantare in grandi spazi. Non è così, non è per niente così! Noi dobbiamo mettere in campo le condizioni di stimolo affinché il fiato dia il meglio di sé diventando mantice del nostro strumento. Non quantitativamente ma qualitativamente. Senza alcuno sforzo, seguendo la giusta disciplina, la voce diventerà via via più sonora, e si canterà come parlando, con le stesse possibilità articolatorie ed espressive di un attore (bravo) ma con in più la possibilità di far ciò su tutta la gamma vocale. Allora la prima cosa per chi punta all'arte è ACCONTENTARSI (cioè mortificare l'ego) di cantar PIANO, cioè con la propria voce, non solo nel senso timbrico, ma acustico. Aguzzare l'udito, e rendersi conto che in questo modo in poco tempo la voce acquisterà tutti i pregi che le si richiedono. Tutti i metodi, che in qualche modo mettono in mezzo il fisico, uccidono il fiato, non lo lasciano sviluppare ed evolvere, e sarà un allungamento dei tempi e una esaltazione dei difetti. Poi a qualcuno i difetti piacciono, i rumori piacciono, per cui... come non detto! fate come più vi garba. Per i pochi che invece (magari anche perché delusi dopo aver speso cifre iperboliche da insegnanti celebri che non hanno saputo risolvere alcunché) nutrono qualche vago dubbio che in quanto dico ci possa essere del vero, provate a dire una frase che dovete cantare; ditela diverse volte, col giusto carattere e ben articolando, e cercate di avvicinarvi all'intensità necessaria per raggiungere grossomodo la nota iniziale, dopodiché provate a ridirla intonandola, senza abbandonare la stessa efficacia della frase parlata, ricordandosi che è il fiato che la deve creare. Cambia qualcosa?

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