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lunedì, settembre 02, 2019

Aprite!

Nelle odierne scuole di canto (diciamo almeno degli ultimi 30 anni), due sono le cose che "spaventano": i suoni di petto e i suoni "aperti". Per i primi si ricorre al "giramento", nel secondo caso alla "copertura". Quando sento questi discorsi, a me "girano" parecchio, sono frasi che ormai mi nauseano profondamente. Chi non conosce questa scuola e leggesse per la prima volta queste frasi, potrà rimanere meravigliato, persino indignato, visto che ormai è la consuetudine didattica imperante, ma purtroppo la verità è molto distante da queste sciocchezze che portano al degrado della vocalità.
Già ai tempi di Gigli, quando il problema dei suoni aperti era molto meno sentito, lui stesso in un'intervista cosa dice? Che non insegnava perché avrebbe indotto a fare suoni aperti, che sono "pericolosi". Pensate un po' che contraddizione! Uno dei più grandi cantanti del '900, e lo sapeva, che si rendeva conto di fare suoni aperti, riteneva che non andasse bene farli...! Quindi si considerava un po' un'eccezione, uno che riusciva a non farsi del male commettendo un abuso o una scorrettezza. In un certo senso aveva anche ragione.
Cerchiamo di capire meglio tutta la questione. Comincio però dalla prima questione, anche se non è il tema di questo post: i suoni di petto. Ho dedicato tantissimi post ai registri, quindi rimando ad essi per approfondire l'argomento, però potrei non aver mai dedicato qualche riga al termine "girare" nel caso specifico. Se devo essere sincero, non riesco a cogliere alcun senso di dire "gira" quando si vorrebbe un passaggio dal petto al falsetto. Le mie percezioni quando si dice questo sono di spoggiare il suono, cioè di fare un movimento semicircolare dal basso in avanti, che suggerisce solo di alzare la base del suono e farla girare internamente. Sono immagini pessime, più che inutili, dannose! Il fiato, portatore di suono, deve scorrere, fluire in modo dolce e costante secondo la linea naturale della colonna d'aria, dai polmoni verso la parte elevata del cavo orale fin contro i denti superiori e fuori della bocca. Niente giramenti!
Passiamo invece all'argomento clou. Cos'è il suono aperto, e cosa si intende? Ci possono essere due aspetti da considerare. Intanto preferisco definire meglio, invece di suono aperto, vocalità aperta. A noi del suono interessa poco e niente. A noi interessa la voce articolata, cioè il canto con tutte le vocali e le consonanti definite. La voce aperta è una voce particolarmente ben comprensibile, possiamo dire chiara, sia nel senso del colore, ma soprattutto della nitidezza articolatoria. Ma i "tecnici" perché mettono in guardia da questo tipo di vocalità? E lo stesso Gigli, cosa temeva? Ecco qui (e ci allacciamo anche al tema precedente): la voce ben comprensibile è tipica della voce di petto, perché esso è anche il registro specifico della voce parlata. Chi inizia a cantare e non ha doti speciali (come la maggior parte delle persone), superato un certo limite se prova a procedere cercando di mantenere la buona pronuncia, ha buone probabilità di proseguire in registro di petto laddove diventa inopportuno, anche se possibile e non necessariamente dannoso, almeno per un po'.
Dunque questo è il problema e la soluzione, secondo "loro" è: niente suoni aperti (e magari anche poco pronunciati, così si evita che il suono vada avanti e crei lo "scalino") e "girare", cioè consentire il passaggio, ma in questo modo anche spoggiando! Noi invece sappiamo che il motivo per cui a un certo punto il parlato chiaro diventa difficoltoso è dovuto alla carenza respiratoria, cioè la mancanza di un fiato educato a sostenere quel tipo di vocalità. La soluzione più semplice e intelligente, sta nel disciplinare il fiato a evolversi verso questa opportunità, cioè semitono per semitono, parlando sempre in modo esemplare, creare un'esigenza respiratoria relativa. Assecondare i registri così come sono a livello istintivo, significa rinunciare al canto artistico! Le corde e il fiato sono relative a un uomo che non ha bisogno di due o più ottave di voce omogenea, ma può accontentarsi di avere un tratto di voce per parlare e di un tratto di voce per gridare per necessità. Tutta la porzione di voce tra questi due poli non è previsto che abbia una alimentazione respiratoria adeguata, e quindi quando ci si avventura in questa zona, la voce risulta gridata, gracchiante e persino impossibile. Ma con una sana, intelligente, sensata disciplina, il risultato sarà di avere una voce scolpita su tutta la gamma, senza pericoli, quindi "aperta". Schipa docet. Il grande tenore leccese fu educato a questa vocalità, e il suo canto non risulta mai sgradevole, anche se è aperto su tutta la gamma. La diversità con Gigli è che quest'ultimo, pur magnifico, non arrivò al magistero del primo, quindi su alcune note forzava leggermente e si percepisce il carattere un po' gridato, quindi "aperto", ma in modo improprio. Schipa mai.
Obiezione: ma allora si canta tutto di petto? Alcuni vecchi cantanti e trattatisti, cadevano nella trappola, e spesso dicevano o scrivevano che i cantanti maschi cantavano tutto di petto, il che è errato, specie sapendo quanto molti di essi fossero vocalisti di grande qualità. La verità, molto semplice, è che anche il registro di falsetto/testa permette un canto ben articolato, almeno fino alle ultime note standard della donna, ma non solo: la postura delle corde vocali quando il fiato sarà ben educato, consentirà di utilizzare sia la posizione detta di petto che quella di falsetto-testa per quasi tutta la tessitura, con gradualità, e questo può dare l'impressione di cantare tutto di petto, ma non è vero. Questo invece permetterà quella omogeneità timbrica e di carattere propria di un vero artista del canto, che potrà, poi, utilizzare all'occorrenza un maggior carico della timbrica di petto quando avrà necessità di un carattere maggiormente maschile, o di quella di falsetto-testa per un carattere maggiormente femminile per altri contesti (questo, ovviamente, sia per uomini che per donne). Quindi avere una vocalità aperta è indice di una ottima vocalità, a patto che il cantante abbia disciplinato il proprio fiato in modo esemplare, artistico, in modo da poter mantenere sana la propria voce per tutta la vita.

3 commenti:

  1. Il grande Schipa arrivava a fatica al si bemolle (o forse si naturale?). In un post, non mi ricordo quale, viene specificato che è questo il limite di estensione del tenore, fatta eccezione dei contraltini che, mi dicevi, hanno corde vocali lunghe e sottili. Probabilmente l'onesta vocale di Schipa, anche questa citata in un post dove si parlava di problemi di Schipa con le note basse (ho sentito un video su YouTube di Schipa jr che diceva che era un problema per lui cantare sotto il mi) gli ha impedito di cantare acuti in puro cassettone, come ha fatto Pavarotti con un fa4 in un'incisione

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  2. Puro falsettone, mannaggia al t9

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  3. Sì, il tenore "classico" ha un'estensione propria molto ridotta, dal mi a sib. Per la verità la nota acuta più bella e propria è il La3; il sib è ancora nota, solitamente, facile e squillante. Il si richiede già un po' di spinta, dunque difficilmente ha la pienezza e bellezza delle precedenti, e men che meno il do. Tutti i grandi tenori del passato hanno avuto problemi con il do, eseguito solo negli anni giovanili, come lo stesso Schipa, Gigli, Pertile, ecc. Molto spesso il problema è anche sulle note basse; non solo Schipa, ma tanti altri, pure baritoni, hanno dovuto modificare qualche nota delle arie per evitare i problemi delle note basse. Questo però è spesso dovuto a carenze didattiche. Quello di Pavarotti non è propriamente falsettone, mentre lo è quello di Gigli nell'aria "mi par d'udire ancora" dai Pescatori di perle.

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