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mercoledì, ottobre 16, 2019

Del gridare

Le corde vocali oppongono un certo grado di resistenza al passaggio del fiato, in relazione alla loro tensione, al grado di accollatura, spessore, ecc. Questa occlusione non è la stessa (o non dovrebbe esserlo) se la motivazione della loro chiusura è di tipo valvolare o relazionale o di altri tipi (e vedremo quali). La laringe è fisiologicamente parlando una valvola, che si relaziona con l'apparato respiratorio per moderare l'afflusso di aria soprattutto in uscita, per gestire la deglutizione, per gestire la pressione pneumofonica, e altre situazioni in cui è coinvolto il fiato.L'area del cervello dedicata, regola la tensione delle c.v. in base alle motivazioni per cui esse sono chiuse. Se la chiusura riguarda uno sforzo che il soggetto sta compiendo o sta per compiere, essa sarà molto energica, i muscoli intrinseci saranno estremamente contratti con l'obiettivo di impedire al massimo livello di far uscire l'aria, in quanto essa serve per creare una forte pressione che si riverbererà sul diaframma e sui polmoni onde creare una sorta di "pallone" che aiuterà la muscolatura del torso a sostenere questo sforzo. E' la condizione più antivocale che possa esistere, anche se purtroppo, per il fatto che c'è un rilevante impegno diaframmatico, alcune scuole lo utilizzano senza rendersi conto di quanto sia pericoloso e contrario a ogni buon senso artistico.
Il tipo relazionale è quello del parlato colloquiale tranquillo, che è la condizione più equilibrata.
Un altro tipo è la situazione dell'alterazione della normalità, che può riguardare: l'essere in pericolo, l'essere irritati, arrabbiati fino all'ira, l'essere in collera, l'essere piangenti addolorati, sofferenti, ecc. In queste situazioni potremmo dire che l'apparato si trova in una condizione intermedia, cioè è prevista dall'istinto, quindi non avversata, ma per produrre un tipo di voce utile allo scopo, è necessario uno sforzo che non riprodurrà propriamente la condizione valvolare, ma ci andrà piuttosto vicino, con una forte adduzione, per cui questa condizione non dovrebbe protrarsi per troppo tempo.
Un altro tipo, che ci interessa più da vicino, è il canto lirico. Come ho scritto decine di volte, il nostro istinto non riconosce il canto come qualcosa di utile alla vita dell'uomo, e non riconosce quindi una condizione da consentire come nel caso del tipo relazionale (parlato), in quanto vi è una richiesta di pressione e di tensione molto elevata (per ottenere suoni forti e di ampia estensione), per cui più facilmente interpreta questa richiesta come valvolare, cioè come per compiere uno sforzo. Ed è ciò che solitamente avviene soprattutto con chi inizia a cantare e lo fa senza troppa cognizione, senza una disciplina di tipo artistico, ma meccanica. Se non si entra in un percorso virtuoso, la vita del cantante sarà sempre angustiata da una lotta tra la propria volontà di cantare e la resistenza del corpo che non arriverà mai a capire, ad acquisire coscienza, di cosa sia il canto artistico, per cui ci sarà un periodo di apparente tregua, in cui si sfrutterà la tolleranza dell'istinto, la gagliardia fisica giovanile, che già richiedono costante allenamento per essere mantenute, dopodiché anche con questo mezzo si dovranno cominciare a praticare compromessi, mettendo sempre più in mostra limiti e difetti. Per altro anche nella fase precedente ci saranno sempre difetti più o meno evidenti perché comunque ci si trova in una situazione di perenne opposizione, che non consente e non può consentire la piena libertà, per non parlare di coscienza, che è un miraggio. Dunque occorre una terza condizione, che chiameremo di "senso vocale artistico", in cui ci si trovi come nella situazione "relazionale", cioè come nel parlato, pur chiedendo prestazioni molto superiori. Questo è ciò che sto cercando di spiegare nei quasi 900 post di questo blog e nelle mie lezioni, e non proseguo qui, se no non arrivo al nocciolo di questo specifico post.
Ho detto all'inizio che le corde vocali si oppongono al passaggio dell'aria in base alla tensione che viene loro comunicata da uno stimolo nervoso in base all'esigenza. Se l'esigenza è parlare, esse si addurranno al minimo, opponendosi quasi per niente al passaggio dell'aria, per cui manterranno un'ampia elasticità e morbidezza. Questa dovrebbe essere la stessa condizione da presentare per cantare. Purtroppo non è per nulla facile, perché il fatto di voler cantare "liricamente", per stereotipia, pone una condizione psicologica particolare (potrei anche dire esaltata), in cui siamo orientati a spingere, ad alzare l'intensità e ad utilizzare frequentemente la parte più acuta della voce. La parte acuta della voce, che istintivamente è divisa dalla parte centrale anche da un punto di vista meccanico, è quella che l'istinto ci riserva per situazioni anomale, come ho descritto poco sopra, cioè quando si è in uno stato di pericolo, quando si è alterati, quando si è in una posizione autoritaria, ecc. (si pensi al classico caporale militare che addestra la truppa). Però bisogna specificare meglio: il grido si può originare in diverse parti della gamma voce. Se il grido è legato a una richiesta di aiuto, oppure se si lanciano gemiti di dolore, più facilmente si utilizzerà la parte più acuta della gamma, che è molto penetrante e viaggia più lontana, quella che suol definirsi falsetto-testa, più o meno intensamente. Viceversa se il grido è autoritario, se si vuole spaventare un avversario o umiliarlo, ridurlo all'impotenza, o situazioni analoghe in cui si vuole esercitare una condizione di superiorità, si utilizzerà più facilmente il registro detto di petto, sempre in una zona molto acuta, ma decisamente impropria, però efficace, che può arrivare a danneggiare l'apparato stesso, se protratto per molto tempo. Questo perché la pressione sottoglottica è decisamente squilibrata. Dunque, cerco di illustrare al meglio la situazione: quando il fiato ha la forza (o pressione) minima per mettere in vibrazione le c.v., esse produrranno un SUONO vocale. Con i veri suoni, si può perfettamente intonare, quindi si può cantare, e si possono articolare fonemi, quindi pronunciare, parlare con o senza intonazione. Questo è più facile nella zona centrale della voce, dove si parla abitualmente, ma molto più difficile quando si sale, dove non siamo abituati a parlare ma a gridare. Pertanto siamo portati a spingere e quindi a entrare nella condizione grido. Quando la pressione dell'aria (attenzione: non la quantità, ma la qualità dell'aria, cioè la spinta o pressione!) supera quella giusto necessaria alla vibrazione delle c.v. in relazione all'altezza della nota e al suo colore e intensità, quindi non è rapportata, si entra nella condizione grido. Cosa succede, ancor più esattamente? che perdendosi questo rapporto, si avrà un quantitativo d'aria con una elevata pressione che preme sotto le corde (p. sottoglottica). Questa pressione che investe tutta la laringe impedisce alle c.v. di vibrare in modo perfetto, per cui non possiamo più parlare realmente di suono vocale, perché l'eccesso di vibrazione produce in realtà un RUMORE, che in parte genererà un suono, non perfettamente relazionato, in parte farà "sbattere" le corde producendo rumore o diversi rumori, a seconda di quanto si è fuori dal rapporto. Il grido non permette facilmente di articolare le parole ed è per questo che negli acuti solitamente, specie in campo femminile, dove si è un'ottava sopra rispetto ai maschi, non si comprende niente della pronuncia. Purtroppo però possiamo dire che oggi in una percentuale molto elevata di cantanti in carriera, in quasi tutta la gamma vocale si tende a gridare, ed è per questo che non si capisce più niente della pronuncia. Pertanto ribadisco che la strada più corretta riguarda proprio la volontà di parlare. Se si cerca di articolare e di dire con intenzione, con sincerità e contestualizzando ciò che si vuole (o deve), l'istinto si orienterà nella condizione del primo tipo, cioè in quella relazionale, per cui le c.v. si disporranno in una posizione elastica, morbida, non oppositiva, e relazionandosi con un fiato di modesta pressione (e quindi ecco il prezioso consiglio di cantare piano, pianissimo, in falsetto e falsettino, sussurrando, ecc.). Seguendo questa strada, ci si indirizzerà verso una sempre maggiore fluidità del fiato.
Il grido, per sua natura, è brutto, aspro, irritante, ed è giusto che sia così perché deve richiamare l'attenzione, incutere fastidio, quindi in nessun tipo di canto artistico, esclusi occasionali necessità espressive, sempre da usarsi con il massimo della parsimonia, vi si deve far ricorso. Purtroppo invece io sento cantanti che non sanno utilizzare il registro acuto se non urlando. Tutti dovrebbero rendersi conto di quando un cantante grida, e invece oggi le grida piacciono a molti, anche presunti competenti e insegnanti.
Ancora una cosa: se si impara a non spingere, quindi a lasciare fluire il fiato e far sì che le c.v. si trovino in uno stato di elasticità, morbidezza e "sottigliezza", la gamma possibile di ogni sfumatura, colore, dinamica è enorme; se si entra nella logica della spinta, anche minima, cioè in quella condizione per cui c'è più fiato di quanto le corde richiedano, quindi del grido, la laringe e le c.v. in particolare dovranno adeguarsi a contenere questa spinta, quindi si svilupperà una muscolatura di contenimento. Questo significa che perderanno proporzionalmente elasticità, sottigliezza e morbidezza. Quanti utilizzano una situazione da sforzo, avranno corde da "culturisti", ammesso che la loro condizione fisica lo permetta, cioè che non ceda prima di raggiungere quella condizione, e questo è antivocale. E' come se su un violino si volessero montare corde da contrabbasso per poter reggere una pressione dell'arco molte volte superiore a quella necessaria ordinariamente per suonare le normali corde da violino; spero di aver compiutamente spiegato la situazione.

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