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martedì, ottobre 29, 2019

Il tempo fisiologico

C'è una componente temporale in ognuno di noi; in teoria dovrebbe combaciare con quello delle altre persone, ma non è così. Il motivo è di carattere psicofisico, umorale. Il tempo delle persone, in generale, rispetto a una volta, è molto accelerato, perché si è molto alzato il livello dello stress, della fretta, dell'ansia. E' cambiato in funzione del lavoro, delle aspettative delle persone, delle pretese... Anche geograficamente è molto diverso; nei paesi caldi è sempre più lento, pacato, nei paesi freddi molto più rapido. Negli ultimi decenni l'accelerazione sta diventando un fenomeno patologico abbastanza serio. Però non è questo aspetto che noi affrontiamo, bensì quello legato al mondo della musica e del canto. Fattori interiori e fattori esteriori. La percezione interna del tempo influenza, e non poco, anche la percezione del tempo in musica, e quindi (lo avrete già capito), questo è uno dei motivi per cui ultimamente le esecuzioni musicali tendono a essere galoppanti. Dall'altro lato c'è meno comprensione e meno attenzione alle strutture interne, al dipanarsi e al comprendere l'orientamento e quindi la tensione interna dei brani... è difficile capire quanto l'uno sia conseguenza dell'altro o siano due problematiche separate, che però portano allo stesso disastroso risultato. Non si fa più musica. E non si fa più canto. Il canto è doppiamente penalizzato perché c'è la carenza sia dell'aspetto musicale che di quello vocale.
Se il nostro umore, il nostro ritmo vitale, è accelerato, noi faremo fatica ad accettare determinate esecuzioni, perché le percepiremmo lente, e questo perché il nostro stato di tensione è alto; dobbiamo sempre fare cose, sbrigarci, avere e dare risposte e soluzioni. Ma qui sta anche la contraddizione. La tensione ci dovrebbe portare a uno stato di gioia, di entusiasmo, che si dovrebbe raggiungere con lucido controllo (quindi non buttandocisi a rotta di collo), dopodiché dovrebbe subentrare il rilassamento durante il quale si vive ancora per un po' lo stato piacevole procurato. Chi vive in perenne tensione, non può apprezzare un brano musicale, perché mal sopporta i momenti di riflessione, quegli spazi che il compositore deve utilizzare per preparare le "salite" al climax. La tensione interna, il tempo rapido personale, denotano anche stati piuttosto confusi della mente. Occorre riportarsi al proprio tempo fisiologico. Ci sono specifici esercizi per riconquistare, anche in pochi minuti, questo stato, che poi è uno stato piacevole, rilassato, sano. Qualche volta la musica può avere questo potere, ma non è detto; esistono molti brani composti a scopo rilassante. Ad esempio c'è un ampio movimento che da tantissimo tempo chiede l'utilizzo del diapason a 432 hz. Secondo certi studi, questa vibrazione base sarebbe in rapporto con una vibrazione della Terra e quindi anche nostra, perché la situazione più elevata si origina quando cose e persone riescono a vibrare all'unisono. E' un discorso grande e complesso, che non posso affrontare qui, ma invito ad approfondire, che ci si creda o meno, non è da considerare propriamente una sciocchezza.
Dunque c'è tutta una questione legata al tempo interiore. Suggerisco di seguire i video di Mauro Scardovelli, che affronta spesso questo tema anche con pratiche soluzioni per controllarlo.
Ovviamente questo ci interessa anche nel canto sul piano musicale, ma qui subentra maggiormente il problema del tempo esterno, in particolare nello studio. Studiare un brano sembra che consista solo nell'imparare le note. Magari fosse così. Anzi, spesso ho gradito esecuzioni con note sbagliate ma con altri parametri ben esposti. Un'aria, un brano cantato, prima di tutto deve essere un brano COMPRESO! sia dal punto di vista testuale, che musicale. Vuol dire che il testo va letto e compreso lessicalmente. Ricordo che anche io cantavo alcuni brani in assoluta ignoranza e mi è pure capitato di storpiare delle parole (che evidentemente mal comprendevo). Ho letto che il tenore Ferruccio Tagliavini quando impartiva lezioni, prima di ascoltare l'esecuzione voleva che l'allievo recitasse il testo. Ovviamente la maggior parte si bloccava o si impappinava, perché se non c'è la musica quasi nessuno ricorda il testo. Ma anche così è troppo poco! Non c'è solo da sapere il testo, esso va RECITATO! ricordo che nella scala evolutiva vocale la progressione è: parlato, parlato modulato (giusti accenti, ritmo, tempo, registri espressivi...), parlato recitato (attore di teatro), canto. Quindi se si vuole raggiungere un alto livello, non si devono saltare i passaggi! Uno dei punti chiave dei corsi di dizione e recitazione è IL TEMPO. Cioè? Voi provate a far leggere dei ragazzi. In genere corrono come gazzelle, non si capisce niente, e non capiscono niente di quanto leggono. Il brutto è che gli insegnanti si limitano a non far leggere quelli che non sanno leggere (anche perché in genere gli insegnanti non sanno insegnare a leggere, così come quelli che insegnano musica si limitano a non far cantare quelli che ritengono stonati, creando danni enormi a causa della loro incapacità e insensibilità). Quindi la funzione temporale, nella lettura come nella musica, è far sì che chi ascolta riesca a mettere in relazione le varie parti del discorso per riuscire a fare di tutto un'unità. Questa cosa può sembrare persino elementare, ma non si considerano mai le variabili e le infinite implicazioni interne. Se voi doveste leggere un normale articolo di giornale, o un libro di svago, potete farlo anche molto rapidamente... potreste persino saltare delle parole o intere frasi, e la comprensione alla fine è quasi sicuro che ci sarà lo stesso. Viceversa leggere dei testi artistici, delle poesie, richiede un tempo a volte enorme, perché in poche parole possono essere contenuti pensieri profondi e che richiamano altri pensieri, e tutto questo richiede tantissimo tempo per essere sviluppato, e a volte non c'è tempo di lettura che basti; bisogna fermarsi a meditare, rileggere più volte, fino a quando si sarà esaurito il processo cognitivo. Quando sentite un grandissimo attore leggere determinati testi, vi si svelerà proprio quel concetto profondo che voi invano avete cercato. Negli anni ho sentito più volte in televisione affrontare La Divina Commedia. In genere ci sono lunghissime spiegazioni, poi qualcuno che recita. Beh, le spiegazioni possono essere molto interessanti perché ci narrano aspetti storici dei tempi di Dante, però l'arte non può esaurirsi e nemmeno puntare a racconti di un contesto storico, ma devono trasmettere ben altro, come sappiamo, per cui ciò che l'autore scrive di contestuale, è un mezzo, un artificio per far passare qualcosa di molto più sottile e utile al nostro spirito, altrimenti rimarrebbe un esercizio retorico. Ed è in genere ciò che fa la scuola, non consentendo di amare niente, ma addirittura di odiare le cose più belle e gioiose che siano state create. Colui che vuole cantare sul serio, dovrebbe porsi in questo atteggiamento realmente professionale (che non significa avere il libretto dell'enpals), cioè scandagliare il testo, capire dove mettere e dove togliere gli accenti (Gloriàààààà), dove crescere e dove diminuire, con quale tempo affrontare il brano, ecc. ecc. Se si pensa che si abbia tanto da trasmettere, se ci si commuove ogni volta che si affronta un brano perché si è sensibili e si è convinti che questo sia "trasmettere", si è sul binario sbagliato ed è bene saltare rapidamente su quello giusto, che è quello di scegliere il TEMPO GIUSTO. Il tempo giusto esterno è smontare un brano, leggere il testo, comprenderlo, recitarlo fermandosi ogni volta che qualcosa non è chiaro, leggerlo a qualcuno per avere riscontro se è ben comprensibile e piacevole da ascoltare, registrarsi; imparare le note, studiare i passi difficili a pezzettini, non imparare dai dischi, capire la forma del brano, dove aumenta la tensione e dove cala, individuare il punto di massima tensione, verso il quale occorrerà studiare il modo di viverlo e farlo vivere; cantare badando in primo luogo a non perdere i criteri della lettura e della recitazione che si sono evidenziati prima. Questo è uno studio artistico. Cantare per soddisfare il proprio piacere di cantare è un modo dilettantesco, che può andare benissimo se si mira a quello, cioè passare un po' di tempo senza impegnarsi, senza stancarsi, magari avendo in testa di avere del "talento" e quindi che si ha "tanto da dare", e che lo studio alla fin fine è aria fritta. Purtroppo anche questo non è del tutto falso, se si cade in mano a insegnanti che realmente fanno accademia e non hanno neanche le basi elementari di un approccio artistico. Nel prossimo post affronterò ancora aspetti dello studio.

1 commento:

  1. A proposito della prima parte del post: non a caso la musica più seguita nella nostra società è la musica leggera, dove tutto il messaggio è sviluppato in tre minuti e ormai quando un giovane vuole farmi sentire qualcosa dei suoi artisti preferiti, non arriva mai alla fine del brano ma dopo qualche secondo clicca su un altro con mio grande disappunto (io insisto a non voler esprimere un parere su un pezzo, se non lo sento fino in fondo). Anche artisti come Pink Floyd, Genesis e altri che avevano sviluppato il genere del concept album dove l'ampio respiro del disco ricordava la musica sinfonica, sono relegati ad estimatori di nicchia. Musica usa e getta per società usa e getta

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