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domenica, dicembre 29, 2019

Non appoggiare!

Da ormai molto tempo, il tormento degli insegnanti di canto riguarda il far "appoggiare" la voce. Per molti è talmente assillante, che vanno oltre... SCAVARE!! Ormai non ci sono più limiti; premere, allargare, spingere: sugli intestini, sulla schiena, sul pube... non vado oltre, ma questa deriva porta a indicazioni che con la voce non hanno niente a che vedere, mentre molto hanno a che fare con situazioni intestinali ... lassative. Lasciate perdere, siete su una strada assurda, questo è il mio consiglio che posso ampiamente argomentare. Poi... ognuno è libero di fare ciò che vuole, però è consigliabile informarsi attentamente prima di iniziare un percorso che può non avere strade di ritorno.
Detto ciò, vediamo di comprendere in cosa consiste questo argomento.
Si ritiene che la voce per poter avere "spessore", sonorità, proiezione, intensità, timbratura, colore, estensione, debba avere un solido appoggio, e questo appoggio debba puntare sul diaframma. Ho letto che per qualcuno questo appoggio debba insistere invece sulla schiena. Per altri è più in basso ancora, ma queste differenze alla fin fine poco ci interessano. La questione è che per moltissimi insegnanti, quasi la totalità, con l'inizio dello studio del canto si debba praticare un lavoro per sviluppare e aumentare sempre più questo appoggio. Si ritiene, in sostanza, che la voce immatura di chi si accinge a studiare, povera, corta, fissa, sia dovuta allo scarso appoggio. Siccome il diaframma o le altre zone ritenute sede dell'appoggio stanno in basso, ciò che viene imposto agli alunni sia premere giù! Magari qualcuno meno violento non parla di pressione, ma più aulicamente di "sedersi" sulla "pancia", lasciare dunque che la parte superiore del torace si rilassi sopra quella inferiore, in modo che, senza una vera spinta, ci sia comunque questo appoggio. Da qui nasce una vera ossessione per tutto ciò che possa salire. Se la laringe sale: guai!! se la lingua sale, guai, ecc. Qui nasce poi la "dualità" delle scuole: quelle che ritengono che premendo in giù si faccia anche compiere un balzo alla voce che vada automaticamente anche "in maschera", contro quelle che invece ritengono che bisogna "mandare" volontariamente il suono nelle cavità superiori, o comunque verso il palato anteriore. Queste ultime quindi esercitano una doppia pressione: una verso il basso e una verso l'alto, avendo come fulcro la gola (e infatti è proprio lì che si ferma tutto). Purtroppo devo dire che queste metodologie, che hanno una loro logica, non portano ad alcun risultato artistico. Possono in alcuni casi creare voci molto forti, timbri "popolari", ma niente che possa realmente portare a risultati espressivi, musicali, sinceri. Tutto un mondo di artefazione, costruzione, superficialità.
Che la voce artistica debba avere un appoggio è più che corretto, è logico. Ma chi lo dice che la voce "naturale" non sia appoggiata? Dovremmo pensare che nella nostra vita di tutti i giorni ci sia una ragione per cui i polmoni siano "staccati" dal diaframma? o che esso non si distenda ma resti perennemente nella sua posizione rilassata? Certo, quando svolgiamo la nostra vita sedentaria esso parteciperà pochissimo, e idem quando camminiamo lentamente, tranquillamente. Ma quando acceleriamo, facciamo una salita o una scala, se non addirittura sport, esso parteciperà in modo più o meno ampio ed evidente.
Quando andiamo un po' oltre il parlato normale, quindi usiamo la voce in modo più incisivo, quindi utilizziamo anche il fiato in modo più impegnativo, creiamo un "peso" sul diaframma; entro un certo lasso (e questo dipende da una situazione del soggetto che può avere un grande margine di diversità) non avverrà niente di particolare, ma superando questa soglia di tolleranza, il diaframma (ovvero l'istinto) reagirà provocando una risalita più o meno violenta e risoluta del diaframma. E' quello che sinteticamente possiamo definire "spoggio" della voce. Questa è la situazione più temuta e quindi più "nel mirino" da parte degli insegnanti, che per evitare questa "catastrofe" fanno esercitare con l'opposizione. Premi giù! Ora, se il nostro corpo fosse un meccanismo, una costruzione meccanica, la cose potrebbe anche funzionare, ma purtroppo (ma direi fortunatamente) è un organismo biologico cui sottende un complesso apparato nervoso. Se l'istinto ritiene che tentare di forzare l'apparato respiratorio (vitale!) sia un "attentato", cioè un'azione che può mettere in pericolo la nostra vita, modificando - non si sa come - il funzionamento respiratorio, noi ci troveremo vita natural durante con una opposizione: noi che premiamo verso il basso per tenere giù il diaframma (o perlomeno con questa intenzione), lui che continuerà a reagire premendo in su. Succede però che l'istinto non è del tutto cieco, dopo un certo tempo che esercitiamo questa pressione, cederà un poco, poi un altro po', dando fiducia che non vogliamo proprio suicidarci, ma che abbiamo qualcosa da fare, tipo uno sport, che richiede questa manovra. Ma, sappiamo dallo sport, che ogni azione perdurante nel tempo ci offre dei vantaggi: corriamo più forte, saltiamo più in alto, lanciamo più lontano, alziamo pesi maggiori, ecc. ecc., MA a patto che noi quotidianamente o quasi, ci alleniamo. Se non lo facciamo, lentamente perderemo quanto conquistato. Questo perché l'istinto è "economo"; mantenere determinate caratteristiche, costa! in termini energetici, quindi la nostra "bolletta" è cara, e l'istinto spegne i nostri interruttori laddove non c'è continua richiesta di energia. Tradotto in campo canoro, l'istinto si riprende quella "tolleranza" che ci aveva concessa, e torneremo a trovare difficoltà. Questo avverrà comunque, salvo situazioni al limite del miracoloso, quando il corpo comincerà a perdere tonicità, quindi verso la mezz'età. Dunque ogni strada che faccia perno su un'azione muscolare, violenta ma anche solo "di peso", è destinata a un buon margine di fallimento, o comunque a forti limitazioni. Torno da capo: quando parliamo, per quanto insensibilmente, noi abbiamo un buon appoggio. Cioè, detto meglio, non spoggiamo! (a meno che non ci siano cause particolari, che se non sono patologiche, sono facilmente risolvibili). Quindi la realtà dell'apprendimento del canto artistico NON E' e NON DEVE INDIRIZZARE verso un'esaltazione dell'appoggio, perché esso, per quanto minimo, c'è. Si tratta di NON PERDERLO. E, guarda caso, il modo migliore per perderlo è proprio quello di premere verso il basso, perché è questo che origina la reazione dell'istinto e quindi il sollevamento di questo muscolo.
Le antiche scuole di canto ci hanno insegnato con la loro semplicità che è con l'esercizio semplice e graduale, che parte dalla sillabazione, dal parlato, che si sviluppa (noi diciamo EVOLVE) la respirazione artistica.
Adesso arrivo però al fulcro di ciò che volevo dire con questo post. Quando sento voci che sono state educate secondo modalità muscolari, quindi che "appoggiano in giù", avverto fin da subito come l'esistenza di "chiodi", legacci, uno in zona sternale, uno in zona glottica. Non sempre entrambi, e non sempre in modo rigido, fortunatamente. Ma comprendo che per loro a un certo punto questa situazione diventa una necessità. Se sei convinto che se "lasci andare" il diaframma, cioè non lo tieni giù con la forza, esso viene su e la voce si spoggia, non lo lascerai mai andare. Per contro, non avere un "freno" cioè sentire il tubo libero e aperto, come nella respirazione fisiologica, sia impossibile o pericoloso, crea uno stato mentale che irrigidisce e blocca, come se ci si trovasse sull'orlo di un precipizio. Quella fantastica sensazione di far uscire il fiato, non di frenarlo, di sentire tutto libero e aperto, in realtà non è una condizione che accettiamo facilmente e velocemente (a meno che non si studi fin dall'inizio così). Non voglio entrare in questioni psicologiche, ma spesso le persone si sentono più a loro agio in condizioni strette, limitate, imposte, mentre la libertà, l'ampiezza, crea disagio. Sentire SOLO il fiato, cioè non governarlo mediante spinte muscolari, è una condizione che si acquisisce dopo molto tempo, ma è straordinaria. Se fate un alito, un sospiro, voi sentirete che c'è solo il fiato, e lo potete dosare dall'esterno di voi, non internamente. Questo deve succedere anche durante la fonazione. Alla fine della fiera, come la mettiamo con l'appoggio? Prima di tutto, niente spinte, niente "appoggi" sul diaframma, ovvero premendo giù. Lasciare che il fiato esca, e quindi evitare nel modo più assoluto di opporsi alla risalita del fiato, anche se questo può dare la sensazione che il diaframma si alzi. Seconda cosa: quando sarà ora vi renderete conto che un vago senso dell'appoggio, nel senso di ampiezza, risonanza, intensità, ecc., lo potrete esercitare in avanti, cioè ampliando e intensificando... cosa? LA PAROLA!!! Parlate, pronunciate! E fuggite da chiunque vi dica che le "A", o le I o qualunque altra vocale non si devono pronunciare. Sono dei ciarlatani, non sanno NIENTE!

2 commenti:

  1. Non c'entra direttamente col post… Attonito, sento echi "patrussiani" (mi si passi il termine) in questo antico lacerto fonografico… https://www.youtube.com/watch?v=k1qs2T4eJcY

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  2. Che meraviglia!!! Per essere proprio extra-pignolo, posso dire peccato per qualche "u" un po' allargata e qualche "e" troppo stretta. Ma questo è veramente il paradiso del canto!!

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