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martedì, febbraio 11, 2020

Schiavi della mente

In fondo la questione, a ben riflettere, non è così difficile da capire...
Siamo tutti essere umani, la voce, salvo patologie e difetti congeniti, l'abbiamo tutti. Certo, con differenze, come tutto, ma realmente perché alcuni possono cantare a livelli straordinari e altri hanno difficoltà incredibili? Alla fine la soluzione è semplice: è la mente che ci condiziona. Infatti una frase che ripeto spesso è: non pensare! Sembra un paradosso, ma se ci fate caso, molto spesso cantando in modo spontaneo e con nonchalance riusciamo a fare cose migliori. Questo perché la mente in questa attività non ci è d'aiuto, ma anzi è più d'ostacolo che altro. Anche tutto il vocabolario concettuale che accompagna il canto: registri, classi, attacco, passaggi, appoggio, maschera, ecc., sono incasellamenti che non solo non sono utili, ma tendono a farci spezzettare il discorso, e quindi a non raggiungere l'unità che è invece la meta. "Pensa a questo... pensa a quest'altro"... e riteniamo che quella sia la strada per la soluzione, ma è invece la strada per la confusione. Intanto c'è il problema più grande, che è l' "oggettivizzazione" della voce, cioè darle un ruolo concreto, materiale, come fosse un oggetto (tanti anni fa scrivevo tra i primi post: "la voce non è un vaso di fiori!"). La mente non può farne a meno, non concepisce l'astratto, e questo è un enorme problema, perché mentre nel parlato noi non pensiamo a COME parliamo, ma ci affidiamo alla spontaneità, nel canto questo non lo sappiamo fare perché il canto non ci è naturale, ed ecco quindi che siamo portati a pensare, cioè a cercare di capire come fare. Se ci danno una scatola di costruzioni, o un mobile da montare, noi dobbiamo leggere le istruzioni e cercare di capirle, poi un passo alla volta agiamo. E spesso sbagliamo. Ma anche suonando uno strumento, perché noi vediamo, percepiamo con gli occhi e con il corpo ciò che dobbiamo fare. Col canto quel tipo di esperienza non è confrontabile, perché non abbiamo pezzi da mettere insieme, non abbiamo concetti e oggetti con cui confrontarci, non vediamo e percepiamo in modo indiretto. Questo porta gli insegnanti, i teorici, ad attaccarsi a due modalità: l'anatomia e/o le immagini mentali. Negli ultimi anni ha prevalso senz'altro la raffigurazione anatomica, quindi consigliare all'allievo movimenti di parti dell'apparato o posizioni della voce (cosa impossibile) in particolari zone dell'apparato. Altre scuole si rifanno a immagini meno legate all'apparato, e vanno per metafore. Quest'ultima modalità, che ha comunque i suoi lati negativi, è comunque preferibile alla prima. Come si sarà compreso, comunque, la strada ideale è quella di liberarsi dalla schiavitù mentale. Non è come dirlo!! Dobbiamo avvicinarci alla questione un po' alla volta. Rendersi conto, quindi portare a coscienza che la voce, comunque sia, non è un "prodotto" materiale, ma è fiato, cioè una impalpabile, invisibile, immateriale e dinamica proiezione del corpo. Non c'è niente di intellettuale, di razionale, di fisico in questo. Noi tendiamo a confondere la coscienza con la mente, o addirittura con la memoria. Qui non c'è da ricordare, ma di interiorizzare. La voce va come deve andare e noi dobbiamo lasciarla andare, non cercare di guidarla, di intrappolarla, di modificarla. E quindi, come al solito, ripetiamo: come il parlato. Ma sappiamo che già il passaggio dal parlato comune a un parlato intonato crea già qualche imbarazzo. Ed è per questo che occorre farlo molto, fin quando lo facciamo con scioltezza, senza pensare, appunto. Per avvicinarsi meglio al canto dei brani, è sempre bene conoscere bene il testo, perché essere legati alla melodia è di per sé anch'essa una sudditanza che non aiuta. Quindi, conoscere il testo e provare a recitarlo. Conoscere la linea musicale, in modo che quando si va a cantare non si venga colti dalle carenze dell'uno e dall'altro campo. Il testo è bene cantarlo su una "cantilena", su una scaletta, su una nota, su un arpeggio, ecc. La linea musicale è bene studiarla con sillabe e con vocali. Prima di portare il canto alla sua esecuzione definitiva, a meno che non sia particolarmente semplice e di modesta estensione, è meglio studiarlo ed eseguirlo su una tessitura leggermente più bassa. Insomma, passare attraverso tutte le fasi che consentano la minor preoccupazione, i minori problemi possibili, e proseguire con calma, con cautela.

1 commento:

  1. Mi vien da pensare che ci si dovrebbe sempre sforzare di cantare a memoria: la memoria permette di interiorizzare meglio il testo, liberandosi del segno scritto che porta già di per sé a suddividere.

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