Translate

domenica, marzo 22, 2020

La "non" respirazione

Si impara persino da sé stessi! Ieri riordinando un po' di file nel pc, ho trovato un mio video di parecchio tempo fa, che non so nemmeno se ho pubblicato, dove parlo, tra l'altro, della respirazione vocale. Non ricordavo di aver prodotto questo video dove dico una cosa piuttosto importante e che non credo di aver scritto o detto successivamente, perlomeno in questi termini. In pratica ciò che ho detto è che quella per cantare non è e non è opportuno definire "respirazione", perché la respirazione è unicamente quella che pratichiamo istintivamente per la nostra vita fisica. Per cantare a noi serve un'ALIMENTAZIONE aerofona. Tre, quindi, possono essere gli utilizzi dell'aria che inspiriamo: scambiatore gassoso, sostegno del busto e torchio addominale, alimentazione vocale. In ognuno di questi atteggiamenti abbiamo diverse conformazioni fisiche e fisiologiche. Naturalmente la prima necessità è prioritaria e non può essere minimamente compromessa; nella seconda questo pericolo non c'è, essendo anche un'esigenza del nostro corpo, pur non prioritaria, nella terza, che è quella che ci interessa maggiormente, invece sì, o perlomeno è ciò che teme il nostro istinto ed è per quello che ci pone difficoltà. In teoria potrebbe essere una normale espirazione, ma essendo coinvolti in modo importante la laringe e vari muscoli respiratori, senza contare il tempo di espirazione, che è molto più lungo di quello comune, l'istinto si allarma e si ribella temendo una commutazione del suo funzionamento per qualcosa che non ha motivi straordinari per richiederla. In ogni modo pur considerando che la respirazione ha luogo regolarmente, quindi nulla del nostro funzionamento vitale viene messo a repentaglio, chi canta deve considerare che il ciclo che mettiamo in movimento è di tipo alimentante, a due fasi: la prima fase è meccanica, e genera la vibrazione delle c.v. e di conseguenza la produzione di un suono (anonimo), la seconda fase riguarda la produzione, mediante questo suono, di un parlato, cioè di una qualificazione articolatoria di un modesto suono. E' questa la fase più difficile, impegnativa da realizzare, perché mentre la produzione del suono è relativamente facile, alla portata di tutti, nessuno può vantare una respirazione evoluta a questo livello se non l'ha conquistata tramite una disciplina mirata. Occorre pensare che ciò che emettiamo quando vogliamo cantare non sia "voce", quindi un prodotto che forse molti reputano materiale o comunque con una densità e uno spessore degni di nota, ma aria, un elemento finissimo, inconsistente, leggerissimo, che può scivolare e correre lontano portando la voce. La voce intesa però nel suo significato completo, cioè suono che si è arricchito immensamente della conoscenza umana tramite la parola. La parola non è solo una conformazione del suono, come forse molti sono indotti a credere, ma è qualcosa che viene filtrata ed elevata dal nostro spirito. Un pezzo di creta che diventa una statuetta, non è più un pezzo di creta, ma si è elevata per l'informazione conoscitiva che vi ha impresso uno scultore; la parola già si innalza di molto rispetto a un suono per il semplice fatto che è diventata parola; se diventa anche canto può vantare un indice conoscitivo enorme, ma quando questo elemento diventa purissimo, cioè trascende (dicendolo alla Husserl) la fisicità, allora potremmo definirla parola sacra, che non si rivolge più solo ai nostri timpani e al normale nostro comprendonio comune, ma parla direttamente col nostro spirito. Questo, fortunatamente o meno, succede anche quando non si raggiungono queste vette, se no non potremmo nemmeno ipotizzarne l'esistenza, ma si tratta sempre di un messaggio tratteggiato, incompleto, balbettante, offuscato.
E' l'aria che vi sta intorno che diventa parola cantata, e voi dovete solo darle l'avvio e il carburante per farla vivere.

Nessun commento:

Posta un commento