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venerdì, aprile 24, 2020

Il vero "forte"

Come dovrebbe sapere ogni musicista, la migliore sonorità è quella che scatena la più ampia ricchezza, ovvero che produce e diffonde la più alta percentuale di armonici. Come si ottengono gli armonici? facendo sì che il mezzo che produce il suono (corde, aria in tubi, pelli...) sia libero, una volta che ha prodotto il suono fondamentale, di dividersi e dar vita quindi agli armonici. Cosa succede se chi suona non sa graduare la forza e preme più del dovuto (ad es. "pesta" sul pianoforte; schiaccia l'arco sulle corde di violino, viola, violoncello, contrabbasso; soffia troppo forte nello strumento a fiato, tira mazzate sul timpano)? che si avrà qualcosa di molto forte, ma sgradevole e molto accentrato, cioè la forza si esaurirà in uno spazio limitato. Per motivi acustici, gli armonici hanno la capacità di viaggiare velocemente e di diffondersi in ampi spazi, questo soprattutto perché hanno frequenze elevate. Quindi se il musicista imprime eccessiva forza, il risultato sarà sì un suono forte, ma molto povero di armonici, per cui il suono si diffonderà poco, e quindi a una certa distanza non darà più l'impressione di un suono veramente molto forte, ma in compenso quell'eccesso di pressione o percussione darà luogo a dei rumori concomitanti che renderanno tanto più sgradevoli i suoni quanto maggiore sarà la violenza indotta. Possiamo dire che nella scala dinamica c'è la possibilità di una crescita costante fino a un certo limite, dopodiché si entra in una sorta di "intercapedine" in cui aumenta la forza ma diminuiscono gli armonici e aumenta il "rumore" di fondo, per cui non possiamo più definire il risultato un vero forte, ma un suono sguaiato, fastidioso, amusicale. La situazione nel canto è sostanzialmente la stessa, persino un po' più sensibile. Se il fiato, nell'uscire, preme troppo sulle corde vocali, oltre a non consentire l'emissione di tutti gli armonici potenzialmente possibili, creerà interferenze sonore da parte degli altri componenti la laringe e l'apparato in genere; inoltre, come è noto a chi segue questa scuola e/o questo blog, susciterà reazioni proporzionate da parte del diaframma (istinto) che, sollevandosi o perlomeno esercitando pressione verso l'alto, aumenterà ulteriormente la forza sulla laringe oltre a quella già immessa volontariamente dal cantante. Il risultato sarà una voce gridata (anche nei suoni centrali), monotona, sgradevole o che potrà risultare gradevole a chi si lascia suggestionare dai suoni fini a sé stessi, pletorici e limitati nell'espansione ambientale (dato questo che risulta annullato nelle registrazioni o con l'amplificazione elettronica). Questo aspetto è poco o nulla controllabile se l'emissione resta in gran parte all'interno degli apparati, mentre risulterà meglio risolvibile con un'emissione veramente esterna, dove può trovare sfogo. Però la soluzione nasce dal riuscire a governare il fiato, cioè non spingere e ridurre la reazione diaframmatica/istintiva (che vuol dire in primo luogo "non spingere"!), quindi imparare a cantare piano e pianissimo, cioè lasciare che sia unicamente il fiato a produrre il suono, aggiungendo la pronuncia, esterna, come sulla punta del fiato.
Devo però dire qualcosa anche sul piano. Perché alcuni cantanti riescono a fare filature, piani e pianissimi di grande suggestione, che si sentono benissimo anche in grandi teatri? Ricordo molto bene un finale di Otello da parte di Renata Scotto con alcune note emesse pianissimo di grande sonorità, davvero entusiasmanti. Il problema è sempre lo stesso ma capovolto, cioè lo strumentista, o il cantante, dovranno poter apportare un'energia al mezzo di produzione affinché possa emettere ancora molti armonici (che "corrono") e non rischi di diventare un suono "fisso", inconsistente, poco sonoro. Per il cantante si tratta di FIDARSI del proprio fiato (leggevo che il bravo tenore Cesare Valletti parlava proprio di questo in un'intervista, purtroppo in inglese). Se la produzione avviene in purezza, cioè senza apportare pressioni e spinte fisiche, il minimo suono potrà essere ancora bello e sonoro. Come sanno un po' tutti gli strumentisti, il pianissimo sonoro è "appoggiato", cioè prodotto mediante un peso gravitazionale, rilassato, e non aiutato da spinte e pressioni indebite. In fondo è un po' la stessa cosa per tutti, anche se lo strumentista ha un po' meno preoccupazioni inerenti le reazioni istintive. Nell'uomo, relativamente al canto, l'appoggio è naturale (il fiato o meglio, i polmoni, per semplice forza di gravità poggiano sul diaframma). Produrre ulteriore pressione con l'idea di appoggiare di più, è un grave errore, perché invece di migliorare la situazione, la si compromette sviluppando più reazione, e quindi il cantante passa più tempo a cercare di risolvere i problemi causati proprio da questo (ma ignorandolo) che a raffinare la propria voce e migliorare l'apporto musicale. Nel piano e soprattutto pianissimo il cantante esemplare riesce, anche nei suoni centrali e persino in alcuni centro-gravi, a utilizzare in alta percentuale, la corda sottile, che produce armonici elevati ma una voce più chiara e meno rimbombante (avendo meno risonanze toraciche), ideale quindi per questo tipo di dinamica, ed ecco anche perché per le donne è congeniale, cantando in questa modalità per gran parte della propria gamma, ma, come disse genialmente Antonio Cotogni, anche per gli uomini questa possibilità esiste ed è fondamentale poterla e saperla dominare.

4 commenti:

  1. Scusa se insisto ancora su questo problema del falsetto, ma non mi è ancora chiaro per quanto riguarda una voce maschile da baritono come la mia fin dove è possibile avere la doppia vibrazione, cioè continuerebbe fino al limite (sol primo rigo)?. Io proprio per agevolare la produzione di un suono a doppia vibrazione (chiamiamolo così) mi sto esercitando a cantare la stessa nota nei due registri (fino al do# centrale in alto), ma sotto il la quinto rigo ho grosse difficoltà a cantare in falsetto puro, in misto (chiamiamolo così) posso scendere al fa# ma poi la voce passa a suonare completamente di petto

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  2. Beh, intanto bisogna vedere cosa intendi e come canti in falsetto, perché quello che di solito si intende per falsetto, cioè voce vagamente femminea, non è il vero falsetto. Il vero falsetto nel caso di bassi e baritoni copre quasi l'intera gamma, con esclusione (cioè eccessiva debolezza) delle note gravi sotto il do2, mentre il petto copre l'intera gamma, cioè può salire anche fino al do4, anche se è bene non oltrepassare il fa ma solo occasionalmente in fase di studio (la prima nota di falsetto propria è il mib3 per i baritoni, il fa3 per i tenori e il reb3 per i bassi).

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    1. Allora forse non ho chiaro il falsetto dei baritoni, certo che in alto posso usarlo fino al do4 ma sottintendevo che in quel caso è solo falsetto, già trovo faticoso il re4 cantato in corda spessa. Sapevo che il falsetto proprio era quello che si chiama passaggio che è un tono sotto al passaggio delle donne ma la corda sottile mi suona abbastanza femminea

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