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mercoledì, giugno 10, 2020

Trascendere

Trascendere, trascendenza, sono termini che si trovano in ambito musicale, non sempre opportunamente adoperati. Liszt scrisse gli "studi trascendentali", ad es.; cosa significa? Sono studi che pianisti molto preparati sono in grado di eseguire, e forse c'è anche qualcosa di più complesso nella letteratura pianistica. Quindi si usa il termine trascendere per indicare una difficoltà molto elevata, ma in ogni modo abbordabile, anche se non da molti. Celibidache utilizza il termine in senso fenomenologico, derivato da Husserl. Cosa intendono? Il passaggio da uno stato prettamente fisico a uno stato più spirituale. In senso religioso, e non solo, la trascendenza sarebbe uno stato esclusivamente spirituale. Questo non possiamo contemplarlo in senso musicale, perché lo stato fisico è ineliminabile, però possiamo arrivare a quella condizione in cui lo stato spirituale si libera, si svincola del tutto da quello fisico, e può raggiungere pienamente gli ascoltatori. Il significato supera il significante. Ma per far questo noi possiamo agire solo sul significante. Nel canto questa operazione è ancora più importante e vera che in qualunque altra arte, perché coinvolge solo noi, senza alcuna intermediazione. Ci siamo noi, il nostro fiato, il nostro corpo e la nostra spiritualità. Quest'ultima è quella che ci sprona, ci induce a liberarla per potersi collegare con le altre spiritualità. Ma liberarla significa togliere i vincoli, gli ostacoli, gli attriti che il corpo in parte ha, in parte crea. Il corpo è anche governato da istinti, che in determinati momenti sono più rapidi della nostra volontà, e non sono sempre così facilmente riconoscibili, ma soprattutto dominabili. Anzi, possiamo dire che non lo sono affatto, essendo preposti alla nostra vita, per cui la disciplina per liberare lo spirito dal corpo, che è l'arte, richiede una riflessione e un impegno non comuni. Allora se ci muoviamo in questa ottica, possiamo entrare nell'idea che (fenomenologicamente) anche col canto possiamo trascendere la fisicità, cioè superarla (non, ovviamente, eliminarla), e qui abbiamo un riscontro diretto e palpabile che in nessun altro strumento è raggiungibile, cioè la voce fuori, completamente, staccata dal corpo, come il parlato, su tutta la gamma. La leggerezza, il sospirato, il falsettino, oltre che il parlato semplice, sono le strade che più ci accostano e ci fanno comprendere come può essere il canto artistico, perché per questi tipi di emissioni il contributo fisico è minimale, quasi nullo, e quella sarà la condizione anche nel canto a, cosiddetta, voce piena. C'è da dire che molte persone, per vari motivi, spingono e danno forza anche in questi tipi di vocalità, quindi bisogna lavorarci intensamente perché se non riesce con queste emissioni leggere, sarà ancor più difficile raggiungere l'obiettivo in voce piena. La questione uomini-donne in questo senso può essere diversa per la diversa collocazione dei registri rispetto all'estensione. Sui maschi si può lavorare su salti d'ottava (falsetto-petto), mentre per la donna può già essere abbondante la quinta.
La nota romboidale rappresenta il suono armonico o di falsetto, che si esegue un'ottava sopra (per il tenore ho usato come prassi la scrittura tradizionale un'ottava sopra, ma ho messo il segno dell'8^ sotto per maggior chiarezza. Le voci maschili rispetto a quanto ho segnato posso salire di una quinta, in base alla bontà dell'una e altra nota emessa e possono scendere, sempre rispetto alla nota che ho scritto, di un paio di toni. Le voci femminili possono anche scendere di un tono o due, e possono salire non oltre una quinta. Il nocciolo della questione è far sì che la nota acuta leggerissima sia imitata perfettamente all'ottava o alla quinta sotto. Questo procedimento è molto utile anche per migliorare la qualità di vocali che non vengono bene. Solitamente fatte in falsettino sono molto migliori, quindi esercitandosi passando da uno all'altro, le cose migliorano. Questo deve far capire, come ci insegnavano gli antichi, che il canto dovrà impegnarci alla stregua del falsetto piccolo, cioè pochissimo, quasi niente.  

3 commenti:

  1. Ciao Fabio. Un bel post. Mi dispiace non poter parlare bene l'italiano per spiegarmi bene. Spero di si. Son pienamente d'accordo. La leggereza, il parlato semplice, il piccolo falsettino, come dici voi,sono tutte le cose che ci aiutano a non fare delle schiochezze e fare il vocione lirico e anche a distaccarci della fisicità del canto e cosí arrivare o per lo meno cercare di arrivare alla spiritualità nel canto. Ieri parlavo con un caro amico e gli diceva di pensare a cantare come se fossi "canticchiando", e sopra questa strada pratticare di emettere il suono, anche quando mettiamo "la voce piena". Parlavamo il per ché ci sono tanti cantanti,- noi compressi- che stoniamo. Io gli ho detto a mio parere che forse questa era la ragione: pensiamo di fare il canto diverso quando diamo "voce". Invece no, non c'è bisogno. Dobbiamo seguire la stessa strada del parlato semplice e del falsettino. PS: seguo sempre i vostri post. Gli trovo molti interessanti e mi aiutano molto a chiarire tante cose.

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  2. Ciao, Luis; scrivi molto bene in italiano; sono contento che segui questo blog e ti piacciano i post che pubblico. E' importante che tu abbia compreso che l'ego è un ostacolo, e quindi penso che tu abbia fatto dei bei progressi, anche leggendo quello che scrivi. Mi piacerebbe aiutarti nel tuo percorso. Se vuoi puoi mandarmi alla mail info@artedelcanto.net qualche aria o esercizio e sarò felice di dare un parere (disinteressto). A presto. Fabio

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  3. Ma certo di si. Ti ringrazio molto per questo aiuto che mi offri. Son molto contento .Ti manderò il pezzo il più presto possibile... A presto!

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