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lunedì, luglio 06, 2020

Cantare "adesso"

Avendo scritto un post improntato all' "adesso", cercherò di chiarire come questo deve improntare il lavoro del cantante e dell'allievo. Nella mia scuola per molto tempo i primi esercizi sono di parlato, puro o intonato, cominciando da una nota, poi allargato a tre note, poi cinque, ecc. In questa fase il controllo presente da parte dell'insegnante, ma anche dell'allievo o del cantante che si prepara, deve essere volto a ciascuna lettera, ciascuna sillaba, ciascuna parola, ciascuna nota, ciascuna frase. Niente di meccanico, fatto tanto per fare, improntato a verificare che sia tutto vero, niente suoni strani, approssimativi, similari, falsi. Le parole devono portare il loro messaggio, esaltato, laddove intonato, dalla melodia musicale. Anche quando una semplice, banale, frase, viene intonata su una sola nota o su una semplice scaletta di due o tre note, si deve raggiungere il miglior risultato espressivo e significativo. E' del tutto possibile, e occorre vivere ogni attimo dell'esecuzione affinché sia raggiunto l'obiettivo. E' del tutto inutile mettersi a fare le filastrocche ripetitive e noiose pensando che l'esercizio sia utile in sé. In questo modo ci si stancherà e basta, e questo modo di fare darà l'illusione di impegnarsi tanto, di essere diligenti, pervicaci... ma se non si sta nel momento presente, quell'attività sarà molto meno significativa di quanto si ritenga. Qualcun altro facendo molto meno potrebbe ottenere risultati migliori. Ma i problemi veri sorgono successivamente. Passando a un vocalizzo su una scaletta o un breve arpeggio, cosa succede, quasi sempre? che il cantante, e soprattutto l'allievo, non sta più nel presente, ma guarda al futuro e al passato, cioè si concentra sulle note più alte, trascurando quelle iniziali e di passaggio, quindi quando si inizia le prime note (ponendo siano le più basse) risultano difettose guardando e cercando di far bene quelle acute, il che spesso non avviene. Dobbiamo porci nella giusta e vera prospettiva: ogni suono è figlio del precedente (se c'è) e artefice del successivo. Se io curo artisticamente il primo suono, preparo implicitamente il secondo, quindi non abbandono il primo, ma lo faccio diventare un tutt'uno con il secondo, quindi non c'è più un passato, ma solo un presente che contempla il primo e secondo suono; questo si andrà a fondere con il terzo, e anche questo diventerà il presente, e così via fin quando l'esercizio è terminato, e quindi quando tutte le note, siano tre, cinque o... cinquecento, diventeranno un uno, cioè un presente, perché ciascuna nota, sillaba, parola... è stata vissuta nel suo adesso, e il tempo musicale si è azzerato; solo chi è fuori da quel contesto, chi non ha vissuto quel processo, contempla il trascorrere del tempo fisico, orario. Questo è l'hic et nunc, il qui e ora. Questo semplice esempio è applicabile... a tutto! Quindi si tratta solo di mettersi sotto e creare unità meravigliose. Cerco di chiarire ancora meglio. Cosa può legare il primo e il secondo suono, questi al terzo, ecc.? la tensione. In un esercizio base, quindi scalette e arpeggi, non c'è un ideale compositivo, è solo un esercizio fatto allo scopo di far emergere eventuali difetti e correggerli. Ciò significa che non vi sono relazioni, che non sono "musica"? Se si pensa che non siano musica, si sta sbagliando pesantemente approccio! Anche un testo inventato, una filastrocca, potrebbero essere insignificanti, ma non deve essere così. Le relazioni si possono sempre individuare, un minimo di tensione, in più o in meno, c'è sempre; si tratta di coglierla e valorizzarla. Se si vuole corrispondere a un progetto artistico, nulla è da considerare insignificante, banale, fine a sé stesso, finalizzato "solo" a mero esercizio, anzi potremmo dire che proprio scoprendo i sottili e tenui legami di un semplice compito, saremo in grado poi di vivere con sicurezza le grandi e complesse relazioni delle opere e delle composizioni più ampie, evitando le "interpretazioni" e le sovrapposizioni, le artefazioni e le sovrastrutture per intervenire laddove non si è capito com'è quel brano e ci si vuol mettere del proprio, laddove si rischia di cancellare proprio il prodotto più genuino e veritiero infuso dall'autore. Quindi ci si concentri proprio sulle piccolissime forme per allenarsi e imparare a vivere l'attimo fuggente, come in ogni vero percorso d'arte. Ne godrete con gran soddisfazione e gioia quando riconoscerete il valore più profondo nelle composizioni più geniali.
Aggiungo un dato, per completezza, che si ricollega a un argomento già più volte trattato, anche recentemente: la memoria! 
Ritenere che la memoria abbia un ruolo nell'apprendimento del canto, è erroneo, proprio in funzione di ciò che abbiamo detto. La memoria è fisica, e ci lega al passato e al futuro: "adesso riesco a fare questa cosa, 'in futuro' non riuscirò più a farla se me la dimentico". Ma la memoria funziona per appropriazioni sensoriali, quindi cosa potrà ricordare di una esecuzione vocale? Movimenti muscolari, sensazioni percettive fisiche. Ma se un'ottima formazione vocale TOGLIE, o vorrebbe togliere, ogni riferimento fisico, cosa c'è da ricordare? Anzi, proprio la smania di voler ricordare e di AVER PAURA di dimenticare, non farà che portare sulla strada della fisicità, senza contare che ci toglie anche dal presente, per vivere illusioni di passato e futuro ("ah, quei bei suoni che avevo fatto l'altra volta e che oggi non riesco a riprodurre!"; "questi suoni vorrei poterli fare anche le prossime volte"). Quest'ansia di dimenticare e di non migliorare, in realtà ci danneggia, perché toglie fiducia nelle nostre capacità evolutive, che invece sono nella specie umana, e che se noi non ostacoliamo (quindi non sto nemmeno a dire "se noi stimoliamo", basta non ostacolarle) sapranno compiere la propria opera. E' sempre questione di libertà!

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