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mercoledì, aprile 16, 2025

Il fiato che apre

 Forse questo argomento non l'ho mai trattato a fondo. 

La voce in teatro deve possedere una determinata AMPIEZZA per potersi diffondere ed espandere nell'ambiente. Il comune sentire è che si sentono maggiormente le voci POTENTI. La cosa è vera solo in parte. La voce (soltanto) molto forte (per natura) ha poca espansione e poca penetrazione. Inoltre la potenza ha un costo non indifferente se prodotta, come il più delle volte capita, con forza prevalentemente muscolare, che nel tempo può causare problemi fisici e soprattutto di stanchezza. 

La voce artistica è una voce DI FIATO, che si definisce SUL FIATO per giustificare l'appoggio, ma ritengo sia un concetto impreciso. Ciò che determina la vera voce artistica è la mancanza di pressione e forza indotte muscolarmente. Il fiato sapientemente educato in relazione alla voce, esce spontaneamente, almeno per un determinato tempo, e la giusta postura fisica (atteggiamento "nobile" w  quindi respirazione "artistica") consente poi di ottenere il giusto grado di energia anche su tempi lunghi grazie al movimento a "fisarmonica" dei polmoni. 

Non è così facile insegnare a cantare col fiato, soprattutto in relazione ai tempi educativi. Iniziare presto può significare spaventare l'allievo, che si troverà a consumare un mare d'aria, a non riuscire a completare frasi anche di modesta lunghezza, quindi è preferibile aspettare che la voce si trovi già a un buon livello di libertà. Anche in questo caso, però, la possibilità di "traumatizzare" l'allievo è elevata, perché fino a poco tempo prima riusciva a eseguire frasi anche lunghe con un solo fiato, e improvvisamente avverte un dispendio di aria che fa paura, perché non compatibile con il normale fraseggio imparato. L'insegnante deve tranquillizzare il discente e spiegargli che è una fase transitoria e nemmeno molto lunga. Purtroppo molti non riescono a calmarsi e tendono a tornare a un canto più materiale, il che significa retrocedere. 

Per i primi tempi, occorre prendere atto di questo consumo maggiore d'aria, e non solo: bisogna evitare ogni forma di trattenimento, ma incentivare il consumo e le prese d'aria, cioè respirare più spesso, in modo da mantenere LA QUALITà del canto. Se si è in presenza di persone concentrate e determinate, anche solo all'interno di una lezione (di durata non effimera), sarà possibile notare che in poco tempo già si potranno allungare gli intervalli delle prese d'aria. 

Qual è la propedeutica al canto sul fiato? Attenzione, perché ciò che scrivo non è e non deve essere considerato un esercizio da mettere in pratica solitariamente! E' assolutamente necessario che sia il MAESTRO a seguire l'allievo, sempre ESEMPLIFICANDO. L'elemento semplice e fondamentale per iniziare a percepire lo spazio esterno e l'ampiezza vocale, è il SOSPIRO (o sospiro di sollievo), rigorosamente da non confondere con l'H, che è invece assolutamente da evitare. Per un certo tempo ci sarà una condizione anche leggermente erronea nell'esecuzione da parte di chi inizia questo studio, perché tenderà a mescolare fiato e voce. Questo non passerà del tutto fin quando anch'egli non comincerà a percepire distintamente la pronuncia sulla punta del fiato, cioè esterna e a una certa distanza da sé, distaccata completamente dal corpo. Poi, più baderà alla nitida pronuncia, più il fiato si concentrerà sulla produzione vocale, e saranno eliminate tutte le "falle" di fiato insonoro.

Se l'allievo sa ascoltarsi, e si applicherà alla pronuncia esterna, arriverà rapidamente anche a percepire la "gola morta", cioè il totale distacco dalla voce, che invece esternamente prenderà sempre più corpo. Quale altro elemento è indispensabile per proseguire su questo percorso? La RILASSATEZZA. Può sembrare una banalità, ma è una condizione difficile (ai tempi nostri) e che richiede molta concentrazione. Se si seguono bene tutti i passi, la voce sembrerà volare, priva di peso, ma estremamente ricca e risonante nell'ambiente. Questo implica che l'udito sia molto sviluppato, e questo richiede tempo e attenzione. 

Ovviamente più si va verso le note acute, più fiato necessiterà. La tentazione di trattenere si farà sempre più forte, e non si vorrà più spendere troppo continuando ad alimentare, e questo potrà causare la rottura della voce, magari su note che fino a poco tempo prima si eseguivano con assoluta facilità. Sì, perché uno degli effetti collaterali è la minor facilità a salire. Ma, ripeto e confermo per esperienza, se ci si affida con fiducia a questo modo di affrontare la vocalità, in poco tempo si otterranno risultati notevoli. 

In particolare, ed eccoci al punto chiave, il fiato privato di ogni ostacolo e "gettato" lontano con distacco, ci darà la sensazione di un'apertura (e di qui l'ampiezza) straordinaria. E' questo che fa paura, perché per la nostra mente risulterà impossibile pensare di salire agli acuti con la sensazione di aprire (confondendo il suono aperto con il canto aperto, che è tutt'altra cosa). 

Un altro problema da affrontare è il "movimento" delle note. Bisogna sempre considerare che ciascuno di noi è guidato dalla mente, che non percepisce l'astrazione e ci spinge a utilizzare i nostri strumenti fisici, cioè muscoli, tendini, cartilagini, ecc. Se già è un problema fare una nota col solo fiato, risultarà poi misterioso comprendere come muovere le varie note di una melodia, oltretutto su sillabe e vocali diverse. Questo perché questi movimenti intervallari non richiedono alcuna azione muscolare, ma esclusivamente un semplice intervento respiratorio, legato al pensiero che sa che nota e che sillaba emettere. 

Vi invito calorosamente a NON provare autonomamente a produrre suoni col fiato, a meno proprio di pochissime note nel centro, ma non insistete se non avete un maestro in grado di seguirvi su questo cammino. Però vi invito a riflettere ed eventualmente a porre osservazioni e domande in merito.

martedì, aprile 01, 2025

ANNUNCIO

 Buongiorno a tutti i lettori di questo blog. 

Ho un importante annuncio da fare. Ho deciso di istituire delle borse di studio. Come prima mossa, ne istituisco due, una legata al campo del canto, cioè dei miei allievi di canto, un'altra la dedico agli allievi di direzione d'orchestra e fenomenologia che seguono i corsi dell'Associazione "Celibidache" italiana, ovvero tra gli allievi del m° Raffaele Napoli.

Attualmente entrambe le borse saranno di 2.500 €. ripetibili fino a tre volte. Non hanno una cadenza preordinata, quindi altre ne potranno sorgere nel tempo.

La borsa servirà per pagare lezioni, trasporti, vitto e alloggio presso i propri maestri di riferimento, ma anche per frequentare corsi, concorsi e lezioni di insegnanti che abbiano avuto l'approvazione dei propri maestri principali. 

Istituisco anche delle borse "minori", cioè la possibilità di cancellare le quote di partecipazione alla scuola.

Naturalmente esiste una lista di criteri a cui attenersi per poterne usufruire. L'assidua partecipazione, la collaborazione, lo stato lavorativo, l'età, la partecipazione positiva a audizioni, concerti, i progressi, la pazienza.

Tra alcuni giorni svelerò il nominativo dell'allievo di canto che riceverà la prima borsa di studio della mia scuola, cui seguirà a breve distanza quella della scuola del m° Napoli. Entrambe con le adeguate motivazioni. Al termine del periodo indicato, dovrà essere consegnata una sintetica relazione con la rendicontazione delle spese sostenute.

Il tecnico della lavatrice

 E' vero che i capaci tecnici (della lavatrice, ma anche del televisore, della caldaia, ecc. ecc.), possono essere dei geni, che arrivano, stringono due viti, sistemano un cavo, sostituiscono una valvolina, e voilà, tutto come prima. Il m° di canto non è quella roba lì! Sa come operare, sa dove operare, conosce i motivi per cui non si canta bene, conosce i principi del buon canto e sa come farti arrivare, al di là dell'ultimo... "km", che è una questione che riguarda solo voi, la vostra consapevolezza, la vostra coscienza. Per il resto è sempre disponibile a dare consigli, sollecitazioni, soluzioni, a spiegare perché dice quello che dice, perché determinate cose non funzionano bene, perché tizio canta bene e voi no... e via dicendo... a lungo.

Il canto, il corpo umano, l'arte... non sono meccanismi, non ci sono meccanicismi. Ci sono auomatismi e abitudini, ma sono tutte da estirpare, per lo meno in campo strettamente vocale. Ripetere una sequenza pensando che si radicherà in noi è sciocco, banale, pensare che così "lo ricorderò" è altrettanto velleitario. Ciò che funziona è la concentrazione, è l'ascolto dei fondamenti del canto da parte del maestro e soprattutto l'ascolto più che concentrato dei suoi esempi. Il m° Antonietti raggiunse il suo stato massimo ascoltando reiterate volte gli esempi che elargiva a tutti i suoi allievi, maschi e femmine, bassi, tenori, soprani e mezzi il suo ultimo insegnante: Giuseppe Giorgi. Il quale i fondamenti non li conosceva, ma aveva un'esperienza e aveva avuto una brava insegnante, la figlia del tenore Domenico Donzelli, di cui ripeteva alcuni consigli. Nel canto non ci sono viti da stringere, bulloni, cavi, ecc., non ci sono manuali da consultare e soprattutto non è pensabile di poter sostituire dei pezzi, se non per gravi motivi di salute, che non sono compatibili col canto. 

Quindi, quando ci si rivolge a un maestro di canto, non chiedetegli "ma come faccio a fare quell'acuto, quella vocale, quella nota senza stonare", e via dicendo. Affidatevi a lui, che sa riconoscere subito i problemi e conosce la strada per portarvi in salvo. Non pensate, non giudicate, soprattutto voi stessi. Lasciate andare e cercate solo di bearvi dei risultati via via migliori. Come disse il m° Celibidache al termine di una preziosa trasmissione televisiva della Svizzera italiana, presente su Youtube ("idee sulla musica"), "non credete a Celibidache, ma realizzate voi stessi". Dovete seguire l'evoluzione della vostra condizione vocale e quindi considerare questi progressi NON come la bravura del m° ad "aggiustarvi" come foste una lavatrice, ma la sua capacità di recepire le VOSTRE qualità e capacità e farvele tirare fuori. Se migliorate e perché in voi ci sono le risorse del miglioramento. Mi permetto di suggerire anche la lettura del libro o di pagine di questo blog (frequentemente). Non l'ho scritto per lasciare una traccia di me, per vantarmi di aver scritto un libro (ne avevo già scritti tre) o altre vanità e narcisismi. L'ho scritto principalmente per i miei allievi e per i possibili allievi e maestri di domani. Molti mi hanno detto "è difficile" (altri non l'hanno detto ma è evidente che lo pensano). La risposta è nel libro stesso: il paragrafo: "evolversi o ripetere". O vi impegnate, vi concentrate e riflettete e vi mettete nelle condizioni di evolvere, oppure state buttando via il vostrto tempo e la vostra vita, e, seguendo un principio buddista, dovrete ripetere (come la bocciatura a scuola) e così via finché non avrete capito che sta in voi questo progresso, non nel maestro, che se avete avuto la fortuna di incontrare; dovrete assimilare da lui tutto il possibile, ma che comunque non è voi, ma la soluzione è in voi, non fuori di voi. Ricordate che l'arte... non serve a niente! Quindi se state cercando con determinazione di cantare non è per ilposto di lavoro, ma perché in voi c'è la fiamma dell'evoluzione. Però la dovete alimentare, se no rischia di spegnersi.