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lunedì, febbraio 05, 2007

registri 2

Parlare di fusione, ovvero di soppressione dei registri, è bello, ma è un obiettivo a lungo termine. Vediamo invece i problemi impellenti, le cause e i possibili sistemi per superarli. Molte donne quando iniziano le prime lezioni di canto non posseggono il registro di falsetto/testa. Se intraprendono la strada della lirica è più che logico che debbano sviluppare questo registro, a qualunque classe appartengano (sopr, mezzo o contralto), ma sostengo che anche nel caso siano interessati ad altri generi, come la canzone, il jazz, il rock, ecc., si debba dedicare un po' di tempo alla cura di questo registro, e lo stesso discorso vale per i soprani, dove molte scuole ritengono di tenere "in disparte" il registro di petto. Quest'ultimo caso lo ritengo più serio, più grave, perché omettere la cura e lo sviluppo del registro base della voce può portare a un impoverimento, prima, e a una usura, successivamente, della voce; in ogni caso non curare un registro significa squilibrare la voce e non educare efficacemente il fiato. Nei due registri, infatti, il fiato lavora in modo alquanto diverso. Il registro di petto, in corda spessa, richiede una energia abbastanza limitata, perlomeno nel range della voce parlata, mentre la corda tesa, quindi il falsetto-testa, richiede una maggiore energia e un maggiore appoggio. Molte donne, specie se di voce piccola, tendono a non passare in falsetto-testa, e anche quando alleggeriscono molto e calano di volume, restano sulla corda spessa. Richiede qualche lezione, e molta attenzione dell'insegnante, il provocare il passaggio sulla corda tesa. Per favorire il passaggio in corda sottile è utile l'uso della vocale "U" molto piano (labbra atteggiate a fischio), con cui percorrere la gamma da fa3 a do4, sia sulle singole note, sia per note legate che, ottimo, per note staccate. Per gli uomini la cosa può essere più complessa, perché il passaggio avviene nella zona acuta, dove la voce ha già acquisito notevole spessore, volume. Può capitare, e capita assai sovente, che anche gli uomini non passino naturalmente al registro superiore ma tendano a proseguire di petto. Il petto, se non sostenuto da adeguato sostegno fiato/appoggio, appena superata la nota perno per il passaggio, e talvolta anche prima, se la voce è ancora molto immatura, risulta "aperta", cioè dà una cattiva impressione di fissità, sguaiatezza, sbiancamento. Col tempo si potrà migliorare la qualità anche di questo settore, ma per ora occupiamoci del passaggio. Poniamo di essere con un tenore "classico", e che quindi il passaggio avvenga sul fa3. Come dicevo dianzi, può essere che già il mi o addirittura il mib3 suoni brutto, difficoltoso. In questo caso può essere necessario, per poche lezioni, anticipare il passaggio, ma non è detto che questo avvenga. Il passaggio, infatti, ricordiamo che avviene su una meccanica di corda tesa, quindi più impegnativa da sostenere, e quando si va ad oscurare il suono per ottenere il passaggio (ad es. il vocalizzo do3-re3-mi3-re-do; con una "O", i suoni sarebbero O-O-U-U-U, dove con "U" non intendiamo necessariamente un vera U, che potrebbe risultare troppo scura e "affondata", ma una "O" oscurata), il diaframma può facilmente ribellarsi a questa ulteriore richiesta di impegno, quindi sollevarsi di colpo e impedire una emissione accettabile o addirittura impedirla del tutto. La prima strada da praticare, quindi, è quella di anticipare il passaggio di uno o due semitoni; se si fallisce, indice che il diaframma ha una forza di ribellione istintiva molto accentuata, è necessario ricorrere a esercizi di varia natura, ma principalmente di forza che inducano questo muscolo a moderare la propria reazione. Si può ricorrere ad esempio a esercizi che contengano consonanti di forte stimolo all'appoggio, come ad es. "tro-tro-tro" e/o "bro-bro-bro", senza sostare sulla vocale e senza tentare il passaggio, quindi da fare fino al mi ed eventualmente aggredendo il fa ancora di petto. Con alcune sedute di esercizi di questo tipo e altro di cui discorreremo, si può pensare in tempi rapidi di recuperare il punto di passaggio al registro acuto.

registri

I registri. Il problema dei registri si porrà non immediatamente per le voci maschili, mentre risulterà piuttosto impellente in quelle femminili. Si intende con registro una serie di suoni omogenei prodotti con una medesima meccanica vocale. Noi riteniamo che i veri registri della voce siano due, che definiamo: registro di voce parlata e registro di voce gridata. Corrispondono, nella vecchia accezione, al registro di petto e al registo di falsetto/testa. Quest'ultimo viene definito con un doppio nome in quanto è costituito da una prima gamma (detto falsetto) e da una seconda gamma (detto testa) che si susseguono senza sovrapporsi. I registri veri di petto e falsetto, al contrario, si sovrappongono. Cosa significa? che per una certa parte della gamma vocale si possono eseguire le medesime note in uno o nell'altro registro. Come due corde della chitarra o del violino, posseggono note proprie, uniche, e note che appartengono anche alla corda sovrastante o sottostante. La ricchezza di questa possibilità consiste nel poter dare alle stesse note un diverso "carattere" e un diverso colore. I registri non sono di per sè una particolarità dello strumento vocale, ma rappresentano, invece, una "atrofizzazione" di questo, che la scuola di canto dovrà restituire all'arte. Per essere più chiari: nella voce umana, per esigenze esistenziali, non occorre uno strumento interamente formato, ma sono sufficienti due tratti: uno che ci consenta di parlare, per relazionarsi, e uno per urlare in caso di difesa o di offesa. Questi due tratti rimangono, così, separati, e tra i due si crea una frattura. Naturalmente questa diversità e questa divisione tra i due registri non è egualmente evidente e marcata nello stesso modo in tutte le persone. Alcune (rare) addirittura posseggono il dono preziosissimo di riuscire a cantare tutte le note della propria gamma senza alcuna particolare diversità di timbro, colore. Ad es. il giovanissimo Giuseppe Di Stefano, nei primi dischi che incise col nome di Nino Florio, aveva una voce pressoché identica in tutta l'estensione. Ma il più delle volte questo squilibrio c'è ed è evidente e difficile da "ricucire". Il percorso tecnico della maggior parte delle scuole di canto ha come obiettivo quello di passare dal registro di petto a quello di falsetto-testa nel modo più corretto possibile. Alcune scuole definiscono "fusione" questo passaggio, ed è una accezione condivisibile, perché 'fondere' rende l'idea di una mancanza di discontinuità tra due elementi. Il nostro obiettivo è ancora più avanzato, e consiste nell'eliminare ogni frattura tra le due gamme, e ricreare una sorta di corda unica, o registro unico, dalle note più basse alle più acute senza alcun scalino o "tecnica" che in modo evidente risolva il problema. In altri termini lo scopo è creare uno strumento musicale laddove esiste un sistema fisiologico respiratorio. Quando quest'atto è compiuto avremo finalmente le "Corde vocali" dove l'anatomia ci dice esistere le "labbra della glottide". Tutto ciò, si badi bene, è un compito che dovrà risolvere sommamente l'educazione del fiato, perché è lui che di fatto non è in condizioni di alimentare uno strumento vocale, avendo nel proprio DNA la respirazione fisiologica. Noi dobbiamo, e possiamo, mutare questo suo atteggiamento, a patto di avere una fortissima volontà e condizioni esistenziali adeguate al raggiungimento di questo obiettivo, cioè un desiderio di ricerca, la convinzione che quell'obiettivo è raggiungibile, possibilmente un bagaglio vocale perlomeno discreto, un maestro che sappia condurci a quell'obiettivo oppure una così forte esigenza di raggiungimento di un traguardo artistico tale da mettere in moto capacità di analisi e rielaborazione mentale così da poter raggiungere autonomamente quel traguardo. ... segue ...

vocalizzi

Il vocalizzo. La stragrande maggioranza delle scuole di canto, quasi il 100%, èduca la voce pressoché esclusivamente con vocalizzi, cioè con esercizi eseguiti con sole vocali. Ho già spiegato che l'educazione della voce, almeno nei primi tempi, e quasi sempre all'inizio di una lezione o di una giornata di lavoro vocale, si sviluppa preferibilmente con il parlato, che costituisce una sorta di passaporto alla reazione dell'istinto. Il vocalizzo risulta più difficile in quanto il peso del suono è subito notevole, e l'istinto, non percependo alcuna esigenza nell'emissione di un suono, avrà maggiore stimolo reattivo. Comunque dopo poche lezioni, a meno che la voce si trovi in una situazione particolarmente... sfortunata, sarà bene iniziare a esercitarsi anche con vocalizzi. Il primo impegno sarà quello di impostare la giusta "forma" delle vocali, e questo sarà bene farlo senza voce, o con una voce poco impegnativa. Infatti si noterà (e l'allievo farà bene anche ad osservarsi mediante uno specchio) che quando si andrà a mettere la voce piena, risulterà piuttosto difficile mantenere quella forma. La spinta del diaframma stimolata dall'istinto, infatti, indurrà la mandibola a sollevarsi, e quindi a rendere "stretta", inadatta, l'emissione della A, della O e della U, nonché la E aperta. Risulta assolutamente indispensabile, in questa fase, esercitare su poche, pochissime note, nella zona più comoda della propria gamma, le varie vocali controllando che per ognuna di esse venga impostata e mantenuta la forma idonea. Sia chiaro che queste forme non rimarranno indispensabili per sempre, ma nei primi tempi dovrà essere imprescindibile il ricorso a questo metodo, che "insegnerà" al fiato ad alimentare la forma ideale di ciascuna vocale. Qui non si possono illustrare, ma in quasi tutti i libri di dizione e di fonologia, nonché in decine di siti internet, potrete trovare foto e disegni che illustrano la corretta postura delle vocali. Mettere la giusta forma non è assolutamente indice di emettere correttamente la voce, però è propedeutico a questo obiettivo. Se si prova ad emettere una "O", ad es. nella giusta posizione, oppure lasciando che la mandibola si rialzi, oppure lasciando che le labbra si rilascino, si noteranno differenze sostanziali nella qualità e nella precisione del suono. Le labbra e la giusta ampiezza orale daranno alla "O" la definizione della pronuncia e il giusto colore. Ora si provi ad emettere una "O" semplice, prolungandola per qualche secondo. Poi si riprovi dicendo "BO", e prolungando sempre la vocale per qualche secondo. C'è qualche differenza? Si riprovi qualche volta analizzando, come si diceva nel post precedente, i diversi suoni e apprendendo le differenze. La "B" esplosiva iniziale, infatti, imprimerà alla vocale un "punto" di attacco del suono molto avanzato e un flusso sonoro rapido, per cui sarà più difficile ingolare o dare al suono inflessioni perniciose. La cosa cui prestare attenzione è che le labbra, durante l'emissione, non si aprano. La spinta del diaframma, per poter liberare il maggiore quantitativo d'aria possibile, stimolerà l'apertura eccessiva delle labbra, verso la "A", la qual cosa è accuratamente da evitare: questo controllo costituisce una delle strade che portano a quello, ben più importante, del diaframma.