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giovedì, novembre 25, 2021

Sull'intonazione

 Diciamo subito che l'intonazione è il vero problema del canto, ovvero il fermare la voce su un suono determinato. La voce parlata naturale raramente si intona su una nota singola e questo perché causa un considerevole aumento di energie da impiegare. Quindi nel momento in cui si passa dal parlato comune a un suono intonato, o anche il parlato intonato, per i nostri apparati e per l'istinto, nasce un problema, cioè l'intenzione di svolgere un'attività non realmente naturale, cioè compresa nella dotazione vitale, ma che esula da essa e può anche mettere in difficoltà le funzioni vitali, in quanto necessita di un diverso impiego della funzione fondamentale, cioè la respirazione. Questo è un motivo per cui iniziare lo studio del canto con vocalizzi non è una scelta del tutto saggia, ma occorrerebbe per prima cosa lavorare sul parlato semplice, giacché è sempre carente rispetto un suo uso evoluto. Però i problemi non si limitano a questo, che è già piuttosto serio. Nel momento in cui si intona una vocale, che è un'attività straordinariamente difficile, nella sua semplicità, se intesa in senso di una emissione perfetta, e si intende cambiare l'intonazione (diciamo passare a un'altra nota o fare un intervallo), per una pulsione istintiva, si mettono di mezzo i muscoli, specie quelli del faringe, e invece di muovere il fiato e la pronuncia, si tende a muovere i muscoli. Purtroppo l'uso del fiato e della pronuncia è qualcosa che sfiora l'astratto. Poche persone si rendono pienamente conto del fatto che la vocale non ha e non deve avere un attacco fisico, cioè nel momento che si emette una qualunque vocale, il punto di attacco non deve essere in nessun luogo fisico all'interno dell'apparato vocale, ma si trova sulla punta del fiato all'esterno della bocca. Figuriamoci l'errore del Garcia, che consiglia di attaccare la "A" mediante un colpo di glottide! Cioè quello che io definisco un "consonantizzare" una vocale. Ma il problema non si esaurisce nell'attacco, ma riguarda soprattutto i movimenti musicali, cioè gli intervalli, soprattutto discendenti. Nel momento in cui si decide di passare da una nota ad un'altra, si iniziano subito delle "manovre" perlopiù muscolari, ma che possono riguardare anche il fiato e la laringe, oltre che il faringe, nonché la mandibola e probabilmente altre parti, sia ossee che cartilaginee che muscolari. Per questo motivo lo studio del canto è così lungo e laborioso! Staccare la voce da tutti questi lacci e lacciuoli fisici è un'opera certosina, che richiede una pazienza biblica. Potrei arrivare a dire che compiendo un intervallo qualsiasi, e mantenendo la stessa vocale, in realtà non dovrebbe muoversi quasi niente, né fiato, né muscoli, né labbra, né lingua, né faringe, né glottide... perlomeno volontariamente. Ma anche involontariamente dovrebbe restare tutto pressoché immobile (ma non rigido, assolutamente). Compirà un movimento solo la laringe, in particolare le corde vocali, e il fiato dovrà disporsi qualitativamente nella condizione di alimentare quel nuovo suono, il che però non consta in un movimento ma in una diversa densità. Questo potrà portare a micromovimenti dell'apparato sovrastante, lingua, velopendulo, faringe, ampiezza orale, ma talmente piccoli e involontari da non essere quasi colti. Ma purtroppo questo è il risultato atteso, non certo quello che la maggior parte degli allievi, anche di lungo corso, avvertono, perché l'attaccarsi ai muscoli sarà sempre la tentazione più forte e più maledettamente difficile da liberare. Nella formulazione delle vocali, nonostante esse si formino anteriormente alla bocca, necessitano di forme oro-faringee proprie. Queste forme di per sé sono naturali e non creano alcun problema di nessun tipo. Quando parliamo scioltamente si formano, si alternano senza alcuna difficoltà. Però nel momento in cui cantiamo, quindi le emettiamo intonate, nascono delle pulsioni interne che ci portano a compiere delle manovre, sia sui suoni singoli che, e soprattutto, nei movimenti intervallari. La "é" e la "i", in particolare, dove la posizione della lingua è particolarmente alta, induce i cantanti a cercare uno spazio anteriore che non c'è, e di conseguenza a premere sulla "gobba" della lingua, schiacciandola verso il basso, alla ricerca di quello spazio. Questo accade soprattutto quando ci si sposta da una nota all'altra, quando per ribadire e/o /ri)pronunciare una vocale, non lo si fa esternamente, come dovrebbe essere, ma non è facile, ma si dà un accento, una "botta", e la vocale la si pronuncia internamente, mettendo in moto vari muscoli. Mi spiego meglio: se faccio una melodia con una serie di "E", quindi un vocalizzo, esse sono tutte uguali, il cambiamento riguarderà la disposizione delle corde vocali e del fiato che le alimenta, ma non dovrebbe riguardare l'apparato articolatorio, o meglio, non riguarderà movimenti volontari e in modo quasi inavvertito le sensazioni di modifica. L'unica sensazione dovrebbe riguardare il flusso, il transito della corrente aerofona tra la lingua e il palato. Ma appena si materializza nella mente la volontà di cambiare nota, ecco che subentra lo stimolo di premere (questo accade con tutte le vocali, ma le conseguenze sono meno evidenti con la A, è, O ed U). Allora ecco l'esortazione ad alleggerire, a non premere, a non dare accenti e a favorire solo il transito dell'aria come se accarezzasse lingua e palato, senza il minimo stimolo a schiacciare verso il basso (che se anche c'è deve essere neutralizzato, cioè non ascoltato). La questione è lunga, quindi mi fermo qui e la riprendo in altro post.

mercoledì, novembre 10, 2021

Le energie "sottili"

 In tempi recenti si fa un gran parlare di energie sottili, cioè differenti da quelle più scientificamente studiate e rilevanti. Sono argomenti che attengono all'esoterismo e alle scienze occulte. Non intendo riferirmi a quelle, perlomeno non direttamente, anche perché le mie conoscenze in merito sono molto superficiali. Più semplicemente voglio riferirmi a energie meno violente, meno materiali. Chi canta e ancor più chi studia canto, si sente impegnato in una dura lotta per emettere la voce, specie quando si entra nell'ambito del registro acuto. Sembra una lotta interna al proprio corpo. Su questo argomento credo che pochi si siano realmente soffermati a meditare. Facciamo un raffronto: se emettiamo dell'aria, cioè espiriamo, che sia un alito o un soffio, ci costa pochissimo, non avvertiamo particolare difficoltà o impegno fisico, a meno di arrivare proprio a fondo fiato, nel qual caso dobbiamo "premere" per svuotare i polmoni. E' anche vero che tale emissione può durare solo pochissimo tempo; anche se abbiamo fatto una inspirazione profonda, l'espirazione non potrà durare che pochissimi secondi. Parliamo di un tubo libero, aperto, che si svuota rapidamente in quanto non trova niente che lo rallenti, nessun ostacolo. Sarebbe la cosiddetta "resistenza". Le corde vocali, quando si adducono perché abbiamo intenzione di cantare o parlare o fare un qualsivoglia suono, rappresentano una resistenza che il fiato deve vincere. Però a questo punto dobbiamo porci delle domande. Se intendiamo parlare o emettere semplici suoni in una zona comoda, anche questa operazione ci costerà pochissimo in termini di impegno e quindi di consumo energetico. Le cose cambiano, e molto, se vogliamo cantare molto più forte e/o in una zona della gamma più acuta. Un dato inoppugnabile è che le corde vocali si tendono e si ispessiscono quando la richiesta va in queste ultime direzioni, e questo indubitabilmente richiede un maggior apporto energetico, in quanto il fiato dovrà assumere maggiore pressione per vincere quella maggior tensione. Ma la domanda è: possibile che ci sia davvero tutta questa differenza tra il quasi niente del parlato e dei suoni centrali, anche piuttosto forti, e gli acuti (aggiungiamo anche il colore oscuro)? A cosa sarebbe dovuta tutta questa differenza?. Le corde vocali sono muscoletti piuttosto ridotti di dimensioni; possono, sì, presentare una resistenza notevole (che può essere accentuata da una chiusura glottica - comprese quindi le false corde - più energica), ma dovute ad azioni non vocali, ma di carattere meccanico, e più precisamente posturale. Quindi dobbiamo considerare che la laringe e l'apparato respiratorio non stanno lì solo per consentirci di parlare e di cantare, ma per altri scopi che dal punto di visto vitale risultano prioritari. Allora non possiamo non considerare che: 1) la voce dal punto di vista della vita animale risulta secondaria rispetto allo scambio gassoso e alle necessità posturali; 2) che è strutturata in due zone, una, quella centrale, solitamente, utilizzata per il parlato e considerata rilevante e contenuta nel nostro DNA, per cui non ostacolata, e una zona decisamente meno considerata, seppur concessa, che possiamo definire di voce gridata, utile per necessità e questioni di vita sociale; 3) che un'emissione canora, su tutta la gamma, non è considerata, in quanto non utile per la vita fisica, dunque non compresa dalla nostra mente "animale", non contenuta nel DNA e quindi non capita e confusa con altre attività. In particolare, quando si sale nella zona acuta, l'istinto confonde l'emissione vocale con gli sforzi posturali, un meccanismo che aiuta il corpo a mantenere o ritrovare la posizione eretta nonché ad assorbire gli sforzi, in sinergia con gli apparati muscolari esterni. In fondo è tutto qui. Tra "noi", intesi come coscienza propria, e il nostro corpo, che funziona principalmente con un "programma" fisico di natura animale, c'è un'incomprensione, anzi possiamo dire ce ne siano parecchie, perché tutto ciò che noi vorremmo fare che esula dai semplici principi esistenziali, non viene compreso e di conseguenza ostacolato dal nostro corpo/istinto. Quindi il difficile compito dell'insegnamento del canto, consiste(rebbe) nel far annettere il canto nel quadro delle azioni "comprese", cioè consentite e capite dal nostro corpo come tutto ciò che lo è esistenzialmente, a cominciare dal parlato, che non necessita di allenamento. Arriviamo al punto: quando affrontiamo note acute, forti e o scure, noi siamo portati a investire un elevato grado di energia, ma non siamo "noi" che facciamo volontariamente questo, noi siamo indotti a ciò dal nostro istinto che, non capendo, crede che vogliamo affrontare uno sforzo o riprendere una corretta postura eretta (per questo è molto importante stare sempre ben diritti quando si studia). Per questo motivo egli "ordina" al nostro diaframma di contrarsi e alla glottide di chiudersi. Quindi si crea una situazione in cui è come se "qualcuno" tentasse di chiudere una porta da cui vogliamo uscire e noi la tirassimo a nostra volta per tenerla aperta. Si crea una lotta o una vera guerra tra "noi" e il nostro istinto. Più la lotta è cruenta, meno abbiamo possibilità di vittoria, anzi, le possibilità di vittoria sono nulle, perché le risorse vitali avranno sempre ragione. Però l'istinto ha anche una propria intelligenza, e dei termini di tolleranza, per cui cederà entro margini di sicurezza. Quindi si riuscirà a cantare in ogni caso anche con tecniche violente o comunque impositive, grazie alla "bontà" dell'istinto, che però non cessa e non cesserà mai di cercare di riprendere ciò che ha concesso, e questo determinerà la necessità di un allenamento costante. Qual è invece la strada da percorrere? Intanto quello della presa di coscienza. Se noi non conosciamo come stanno le cose, non potremo mai mettere in moto le condizioni utili al nostro caso. In secondo luogo, eccoci al titolo, il rapporto con le energie. Dobbiamo renderci conto che se noi affrontiamo il canto impiegando molta energia, diciamo pure forza, non faremo altro che stimolare l'istinto a reagire, e infatti è proprio questo che succede ogniqualvolta non riusciamo a fare un acuto o una vocale appropriatamente. E' difficile, davvero, immaginare che anche gli acuti e le note forti richiedano energie "sottili", cioè minime, come quelle del parlato semplice, perché la mente non riconosce questa possibilità fin quando non l'avremo provata e assimilata come possibile. Ed è anche per questa ragione che è una buona pratica passare attraverso falsetti, falsettini, voci sospirate, mormorate, ecc. dove, guarda caso, non riceviamo particolari ostacoli e resistenze dal corpo in quanto manca quella "provocazione" nei riguardi del diaframma, che poi noi vorremmo combattere con forze contrarie e che chiamiamo appoggio, se non addirittura affondo. L'energia sottile che ci riguarda è il consumo costante, non frenato e trattenuto, del fiato, atto a pronunciare infallibilmente vocali, parole, frasi. Questo è il legame indissolubile che già esiste in noi e che dobbiamo ampliare a tutta la gamma, senza utilizzare la forza. La parola d'ordine, lo ricordo, deve diventare un mantra, è TOGLIERE! In questo caso togliere forza, energia meccanica.