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lunedì, settembre 12, 2022

Le carenze respiratorie e la coscienza

L'assunto fondamentale di ogni scuola di canto che si rispetti è che il canto esemplare, perfetto, non è altro che una sublimazione dell'atto respiratorio, ovvero una sua commutazione, trasformazione, da fiato fisiologico a fiato artistico. Belle parole che tali restano su libri e nella bocca di tanti insegnanti e teorici che realmente non hanno la più pallida idea di cosa significhi rendere il fiato un processo alimentante suoni vocali perfetti. Ho spiegato che per arrivare a questo risultato c'entra poco e niente fare puri esercizi respiratori, che sono relativi solo all'atto fisiologico, dunque inutili alla nostra esigenza vocale. Molti pensano che prendere tanto fiato sia necessario per la durata delle frasi, il che è vero, ma quando si arriverà a cantare un repertorio che avrà quella necessità. Ma noi dobbiamo mettere in atto una evoluzione, una rivoluzione nel sistema respiratorio al fine di consentire che l'aria non solo metta in vibrazione le corde vocali (rozzamente) ma consenta di "suonare" quel delicatissimo e raffinatissimo strumento. Come ho più volte spiegato, tutto l'apprendimento vocale è basato su un problema di fondo, e cioè vedersela con l'istinto, che non comprende e si oppone ferocemente a ogni tentativo di modificare l'azione respiratoria. Perché ciò possa avvenire, noi dobbiamo far sì che si crei un nuovo senso (il senso fonico) che è l'unica garanzia per cui l'istinto riconosca un'esigenza e una funzione utile alla vita. Purtroppo, ahimè, questa possibilità è riservata a una ristrettissima cerchia di persone. Non basta studiare, non basta allenarsi, cercare di comprendere, leggere, ascoltare... ci vuole un'esigenza talmente forte da superare ogni ostacolo. Non si tratta di volontà, ma di una forza interiore che spinga a comprendere le implicazioni gnoseologiche, a esplorare ogni più recondito angolo in cui può nascondersi la verità. Non avrei mai raggiunto la condizione attuale se un giorno non mi fosse presa la necessità interiore di risolvere anche quei minimi dubbi che ancora mi affliggevano. Fu una ricerca che mi occupava giorni e notti, che mi obbligava a leggere, scrivere, meditare a lungo, riflettere... finché ogni nodo fosse sciolto. E questo avvenne, e ogni nodo sciolto si ripercuoteva positivamente sullo stato della voce finché è risultata, come nel motto di questa scuola, un flusso mentale operante.
C'è, o ci sono, peraltro, possibili trappole nel percorso, da non sottovalutare. Se è vero che la respirazione evolve mediante gli opportuni esercizi vocali, e questo è un dato evidente e incontrovertibile, è anche vero che quando si raggiungono eccellenti risultati, se non ci sono le condizioni psico-filosofiche, cioè se non si è raggiunta una adeguata presa di coscienza di quel traguardo, l'istinto può provocare una reazione di notevole intensità. La tolleranza, che è la normale prassi delle scuola di canto "tecniche", qui non entra in gioco, e chi canta bene può improvvisamente trovarsi con un fiato scarso, depotenziato, spento. E' come se qualcuno avesse spento un interruttore! Ed è precisamente ciò che l'istinto fa ogniqualvolta ritiene che si stia spendendo più energia del necessario. Questo è un bel guaio, che va risolto persino ricominciando a fare esercizi elementari per riprendere quanto ci è stato tolto. Il problema però si risolverà realmente solo mediante la presa di coscienza di ciò che stiamo facendo. Se cantiamo in un certo modo solo perché ci si fida del maestro e si ritiene di migliorare... si rischia di non arrivare a risultati consolidati e permanenti. Coscienza ci vuole, quello è il traguardo ultimo e i dubbi sono la rovina dello studio. O sapete ciò che state facendo, in relazione al tempo di studio, o altrimenti siete in balia del vostro istinto, cioè di una forza che si opporrà sempre e vittoriosamente sui vostri progressi.

sabato, settembre 03, 2022

Doti, talenti...

 Il titolo sarebbe un po' più lungo, dovendo considerare anche la passione, la forza interiore, ...

Il punto cruciale per cui scrivo questo post è chiarire bene la questione del talento, su cui si fonda un pesante equivoco, infatti si confonde questo con le doti, i privilegi. Avere una bella voce, una facilità nel canto, musicalità, prontezza nella memorizzazione e altri di questi privilegi, non è da considerare "talento", ma fortuna, una dote che scaturisce da una forza spirituale che ha trovato terreno fertile nell'istinto di un soggetto. E non sempre aiutato da questioni ereditarie o educative particolari. Allora, si dirà, in che cosa consiste il vero talento? Beh, in fondo l'ho spiegato in diversi precedenti post. Come ho già detto più volte, il maestro non può infondere totalmente la propria conoscenza nell'allievo; c'è una percentuale, un ultimo tratto che l'allievo deve percorrere da solo, indiscutibilmente, che prova la raggiunta presa di coscienza di quest'arte, risolvere ogni più piccolo dubbio e avvertire la totale sicurezza. 

Come si riconosce il possesso di un talento? Ho avuto, in oltre 30 anni di insegnamento, molti allievi. Riferendomi solo agli allievi "lirici", devo dire che la maggior parte di essi, pur mostrando passione, a un buon approfondimento, evidenziavano di non aver mai visto un'opera in teatro (o una o due al massimo), di non conoscere più d'un'opera intera ma solo alcune arie della propria corda o della corda verso cui sono maggiormente attratti. Pur entusiasti delle prime lezioni, non rimanevano attaccati a quei primi insegnamenti, tale per cui alla lezione successiva mi avrebbero dovuto riempire di domande, fare riferimenti, osservazioni. Solo pochissimi hanno mostrato sin dall'inizio un enorme interesse non solo al canto, nel senso di poter e voler cantare, ma conoscendo una gran quantità di cantanti, di tutte le classi vocali, recenti e antiche, di aver letto libri, recensioni, di conoscere trattatisti e critici, di avere opinioni, ecc. e curiosità e forte interesse verso l'arte vocale e questa scuola, anche in riferimento ad altre. Questa non è solo passione, ma è quella forza interiore che sarà determinante al momento giusto per raggiungere la grande méta, accompagnati magari dal maestro, ma con le proprie gambe. 

E chi non ha il talento? Beh, c'è una "graduatoria" da fare; chi ha doni, doti, privilegi, è probabile che faccia successo, anzi, diciamo che oltre il 90% sono gli unici che oggi cantano; gli altri difficilmente, molto difficilmente, perché non trovano gli insegnanti che li portino fino a quell'ultimo kilometro. Questi soggetti sono spesso dei disperati, perché hanno una tale necessità di trovare un grande insegnante che sono pronti a grandi sacrifici, ma spesso non hanno fortuna. All'inizio del 900, e probabilmente ancor più precedentemente, erano più i veri talentuosi, quelli veramente "affamati" di arte, e quindi pronti a ogni sacrificio, a fare successo più che non i privilegiati. E anche i dotati, persino "superdotati", come Gigli, pur potendo cantare anche senza una grande scuola, si sottoponevano a lunghi e seri studi. Comunque, chi non ha particolari doti (e talento), pur trovando buoni insegnanti potrà raggiungere solo modesti obiettivi.

Il talento può mostrarsi tardivamente? Questo è possibile, ma ci vuole una sveglia davvero potente, una motivazione fortissima che è molto difficile potersi dare da soli. Uno stimolo esterno è più probabile che faccia effetto, unito a una maturazione personale e magari a un cambio nello stile di vita. 

 Veniamo a un altro punto dolente. Le fissità nel cercare di cantare. Cosa intendo dire? Quando ci si mette nella disposizione di voler cantare, si comincia a provare e a imitare, in qualche modo, qualche modello che si è ascoltato. Poi si arriva da un insegnante, il quale comincerà a fissare dei punti, dei metodi, degli esercizi e a fare riferimenti anatomici. Questo porterà l'allievo a concentrarsi molto soprattutto su quest'ultima cosa, perché la nostra mente è prettamente, se non unicamente, fisica. Solo poche persone contestano e trovano inappropriati questi riferimenti e lasciano presto questi insegnanti. Facilmente sono destinati a un eterno pellegrinaggio. Coloro che sostano a lungo in queste scuole, fissano, memorizzano, posizioni e movimenti anatomici molto difficili da sradicare. Coloro che ingolano, nasalizzano, affondano, solo in una scuola eccellente riusciranno a uscire da queste abitudini. Ma non è detto, perché poi ci sono i problemi di "estetica personale". Come dicevo poco fa, ognuno si fa, spesso, una propria idea del canto e della voce, e molto difficilmente uscirà da quella condizione. Concepisce il canto come una attività fuori dalla normalità, per cui sarà sempre portato a "fare qualcosa", perché il non fare niente, che predichiamo in questa scuola, sarà sempre considerata una cosa impossibile. Anche obiettivi raggiunti potranno essere rimossi perché una sorta di istinto si opporrà a quella naturalezza che è l'obiettivo vero da raggiungere. Per loro rimarrà sempre una vocalità tecnica e quindi difettosa. Ma non c'è da preoccuparsi troppo, praticamente tutti cantano con i difetti e al pubblico, ai direttori, al pubblico, va benissimo così. Perché andarsi a cercare delle grane, rompersi la testa per raggiungere un traguardo che spesso non è riconosciuto e che appaga solo pochi e magari in tempi lunghi?