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sabato, agosto 21, 2021

L'espansione

 L'espansione del suono è uno dei parametri fondamentali del far musica; ogni luogo ove si intende farne deve essere attentamente vagliato affinché essa possa nascere. È infatti grazie alle caratteristiche dello spazio se i fenomeni che costituiscono il "materiale" sonoro possono trovare la giusta relazione tra loro e quindi permettere alla coscienza di ciascuno di "ridurli" e trovare la continuità che al termine avrà permesso di unire l'inizio con la fine, quindi chiudere il cerchio e unificare. Questo è l'aspetto musicale sempre da tener presente quando si intende realizzare seriamente un evento musicale. Ma noi abbiamo anche un altro aspetto da vagliare, cioè l'espansione vocale. Un tempo era normale sentir dire non solo dagli esperti ma anche dagli appassionati: "quella voce corre". Oggi non lo dice più nessuno, anche per via del fatto che spesso in teatro ci sono i microfoni e quindi l'acustica è turbata e innaturale. Ma a parte questo, è difficile che le voci si espandano in teatro, per via del fatto che la gran parte degli insegnanti non fa che parlare di aspetti interni: laringe, faringe, corde vocali con tutti gli annessi e connessi, velopendulo, maschera, diaframma, pube, reni, muscolatura addominale ecc. La voce non si libererà mai di tutti questi lacci, rimarrà sempre prigioniera. Le antiche scuole a questi aspetti fisiologici e anatomici guardavano ben poco; la lezione verteva su ciò che si sentiva, su ciò che si creava esteriormente, e che andava corretto. Schipa in un brevissimo spezzone di un film, fa una lezione "laser" di canto ad Alberto Rabagliati, e cosa fa e su cosa insiste? Sulla "U" di una parola, che Schipa ripete diverse volte, ma che il suo alunno non riesce a riprodurre con la stessa esattezza. Poi ovviamente il film deve andare avanti, quindi la lezione finisce lì. Ma l'esempio è significativo. Non serve a niente parlare di cosa succede internamente, o meglio, è fortemente deleterio, una rovina. Però per lavorare sui risultati che si presentano momento dopo momento e correggerne gli aspetti negativi per far nascere quelli positivi, occorrono orecchie finissime e una capacità di introspezione molto acuta. Se la voce, ovvero ogni fonema, ogni vocale e consonante, si forma, chiara, limpida e morbida, esternamente, avrà ogni caratteristica automaticamente esaltata. Sarà nitida nella pronuncia, sarà ricca di armonici e risonanze,  quindi sonora, sarà omogenea, non risentirà di alcuna differenza legata ai cosiddetti registri, sarà modellabile dinamicamente, sarà modellabile cromaticamente; in sostanza sarà del tutto sotto controllo, senza ripercussioni negative e infine, ma non ultima, avrà la caratteristica di espandersi omogenea nell'ambiente, per cui riempirà il luogo , anche se non è una voce potente, ma si sentirà e si capirà. Le voci antiche erano prima di tutto questo; non era fondamentale che fossero bellissime né fortissime, ma sonore sì, chiare nella pronuncia sì, che spandessero sì! L'arte non ha tempo, dunque il fatto che oggi siano cambiate tante cose, non toglie che una voce realmente artistica deve possedere queste caratteristiche. Certo che se poi è anche una voce di velluto e con elevati decibel, non guasta, anzi, anzi, anzi! 

martedì, agosto 17, 2021

La doppia appartenenza

 Un concetto fenomenologico fondamentale della musica, su cui più volte il m° Celibidache è tornato, è quello della "doppia appartenenza", che si attaglia molto bene, oltre che nella sua componente musicale, anche a quella prettamente canora su cui sono intervenuto ultimamente. In cosa consiste questa "doppia appartenenza"? Il suono appartiene al cosmo, però può nascere solo per precisa volontà dell'uomo. Però la musica non è un prodotto della volontà, nel senso che la volontà umana può solo creare e favorire le condizioni affinché la musica nasca, ma non ne è artefice diretto. Il suono sottostà alle leggi relative alla materia e alle sue condizioni di esistenza, quindi è indipendente dall'uomo. Questo è o dovrebbe essere tanto più vero nel canto, ma con maggiori difficoltà. Gli strumenti meccanici hanno caratteristiche maggiormente indipendenti; pensiamo a un pianoforte. L'uomo ha molte possibilità di azione, però di fatto è il suo meccanismo che agisce sulla corda, con una variabilità limitata, rispetto al canto, dove l'azione diretta dell'uomo ha una quantità di possibili azioni molto maggiore. Dunque, come spiego sovente, noi dobbiamo mettere solo un atto di volontà relativo all'attacco, che comunque non deve essere violento, spinto, brutale, ma già in questa fase neutrale, cioè lasciare che si sviluppi autonomamente, in base a acquisizioni legate alle studio. In pratica, se ho studiato un brano con opportuni criteri musicali, so quali caratteristiche ha il brano in termini di dinamica e agogica, pertanto non devo essere io volontariamente a somministrare determinate forze per ottenere quel risultato, ma ormai devo considerarle acquisite, quindi "so" come e quanto dare e devo lasciar fare, anche se la nostra mente fa fatica a non intervenire e a non considerarsi lei artefice e padrona della situazione. Questo è sicuramente uno degli scogli più ardui da superare. E', in fondo, il concetto di semplicità. Ci chiediamo spesso perché le cose più semplici sono così difficili, nonostante siano quelle più appaganti e che ci conducono alla verità. E questo riguarda anche il concetto di naturale. Vorremmo che il canto, come tante altre cose, fossero "naturali", cioè avvenissero in modo automatico, senza impegno e forte volontà. Ecco qua la spiegazione. Determinati fenomeni esistono in natura, ma richiedono l'intervento umano per manifestarsi. Questo intervento però non si vuole limitare al puro accadimento iniziale (cioè toglierlo dall'inerzia in cui si trova) ma condurlo e manovrarlo per tutto il tempo della sua esistenza. Questa condizione vessatoria lo toglie da quella naturale e veritiera e ne fa un prodotto che potremmo definire artificioso e che quindi sfugge alle leggi e ai criteri cui dovremmo sottostare. Quindi lo studio, lungo e molto impegnativo, in fondo consiste nell'eliminare il più possibile l'intervento razionale, possessivo, aggressivo, manipolativo della mente per far sì che restituisca il suono, o la voce nel nostro caso, alla natura cui apparteniamo (per l'uomo è una natura più ampia, comprendendo anche una forte componente spirituale, che è poi quella che ci spinge e ci guida nella creazione). Però se si pensa che possa essere sufficiente il "lasciare agire", non si è ugualmente sulla giusta strada, perché dobbiamo considerare le forze fisiche, che comunque appartengono alla natura, che si oppongono a quelle spirituali in quanto non riconosciute dall'ecosistema. Quindi è necessario il lungo lavoro di acquisizione di uno stadio fisico più evoluto, di un passaggio di una necessità spirituale a vitale, affinché si superino le opposizioni istintive, per poi arrivare alla fase di "abbandono", cioè di acquisizione di quella naturalezza che giustamente ricerchiamo, che ci affascina e ci conquista.

giovedì, agosto 05, 2021

Parola libera per libero canto

 La nostra parola è una delle cose più libere che possediamo. Vocalmente, non riusciamo, spontaneamente, a cantare con lo stesso grado di libertà, anche se qualcuno ci va vicino, ma è impossibile per tutta l'estensione, e se anche qualcuno, chiamiamolo superfortunato, ha questa peculiarità, l'avrà solo per un tempo breve, perché non può possedere il grado di evoluzione del resto del corpo, quindi il corpo stesso lo osteggerà e in un tempo più o meno breve, lo ridurrà in pessime condizioni. Potrei fare molti esempi, da Di Stefano alla Souliotis, a tanti altri, anche sconosciuti, che hanno cantato per pochi anni, meravigliando, ma dovendo poi interrompere la carriera, ammesso che siano riusciti a entrarci, perché quel magnifico rendimento iniziale si è affievolito, sono iniziati i problemi e poi sono aumentati fino a "mangiarsi" tutto il bello. Il dato di fatto è che quella libertà non possiamo averla nel canto, se non creiamo le condizioni, i fondamenti, per poterla sostenere per tutto il resto della vita. Le condizioni, i fondamenti, sono l'arte del respiro, che non si guadagna facendo esercizi di respirazione, ma gli esercizi della parola perfetta, che può essere tale solo se ha sviluppato il relativo fiato perfetto. L'una, la parola, agisce come esigenza, e l'altro, il fiato, si sviluppa e si evolve, se l'esigenza è sufficientemente forte. La parola evoluta in sé, si porta poi avanti nella sua componente meno fisica e più artistico-spirituale, cioè con l'intonazione, ma sempre mettendo la pronuncia davanti a tutto. Affinché la parola sia davvero libera, non deve risentire di alcun impedimento, quindi non può che essere fuori, come la parola spontanea, anche perché la pronuncia impeccabile è impossibile internamente. Non deve essere spinta, schiacciata, forzata, "martellata", ecc. E si deve sentire, nella estrema semplicità, il grado di libertà. Purtroppo il canto lirico porta, per pessima imitazione, a essere distorto, modificato, deformato, per dargli una connotazione "lirica" in tempi insufficienti a far sì che la voce possa esprimere tutta la bellezza e il potenziale che possiede. La fretta è nemica dell'arte, ma i pessimi insegnanti si autopubblicizzano proprio puntando sulla velocità con cui promettono di sviluppare una voce. E invece creano difetti, spesso incorreggibili. La semplicità è sempre la strada maestra per l'arte.

mercoledì, agosto 04, 2021

Resistenza e persistenza

 Un aforisma del filosofo Joung recita "ciò a cui opponi resistenza, persiste". Nella sua semplicità, è molto vero. Si attaglia molto alle "battaglie" che vengono intraprese dai cantanti, ma anche dagli studenti, perlopiù inconsapevolmente. La voce trova resistenza nel prodursi e la resistenza aumenta quanto più il soggetto preme, spinge, cerca in ogni modo di infondere volume, potenza, forza, estensione. Potrei dire una reazione uguale e contraria!! Più si schiaccia, si preme, si spinge, in qualunque direzione, più si suscita reazione da parte del nostro corpo. Lasciar scorrere, lasciar transitare il fiato-voce nel modo più semplice possibile, è la soluzione primaria. Ciò che ci frega è la fretta, la voglia spasmodica di sentire una voce rimbombante, piena, squillante, "lirica", assordante, tonante, estesissima, meravigliante. Dobbiamo colpire il prossimo con i nostri attributi vocali; se la nostra voce ci sembra semplice, piccola, banale, pensiamo subito di essere nella scuola sbagliata. Meglio il tipo che ci fa schiacciare, premere, allargare, alzare, affondare, tirare, ecc., e che in poche lezioni ci dà (l'illusione di avere) una gran voce. Pazienza se poi si passerà il resto del tempo a cercare (inutilmente) di porre rimedio ai danni che questi sistemi provocano. Si tratta di obiettivi da raggiungere: si vuole cercare di poter sfruttare il prima possibile le potenzialità, anche se molto probabilmente si andrà incontro a problemi e forse a una fine prematura della (eventuale) carriera o si vuole aderire a un progetto artistico, cioè cantare bene, cantare "vero", ma con molte incognite (sarò all'altezza, l'accetterò e sarò accettato, avrò pazienza...)? Si tratta di scelte di coscienza molto difficili e forse la prima scelta, alla fine, è comprensibile che sia quella preferita e preferibile.