Translate

sabato, marzo 26, 2022

La voce esterna - video

 Ho realizzato, alla buona, un video per trattare anche acusticamente la questione. 



sabato, marzo 12, 2022

Il suono delle consonanti

 Rispondo a un commento con un'annotazione che è da tempo che meditavo. Per la verità è una questione che mi frulla per il capo da tanti anni, ma non ci avevo ancora fatto grosse riflessioni. Ora posso rispondere. Per la verità dovrei fare un video, per dimostrare ciò che espongo, comunque per il momento cerco di descriverlo, poi se è il caso lo illustrerò. 

E' vero, come ho io stesso affermato, che molte consonanti si formano in vari punti all'interno del cavo oro-faringeo, ovvero è in questo spazio che due parti anatomiche, lingua e palato, lingua e faringe, labbra, ecc. si toccano e fanno uno "schiocco". Ciò non significa automaticamente che il suono sarà emesso in quel punto. Mi spiego meglio; come avevo già scritto molti anni fa, la consonante non ha un suo suono, ma esso è legato alla vocale che segue. Se dico "Bacio" o "buono", la B sarà pronunciata in due modi diversi, perché nel primo caso è seguita dalla A e nel secondo dalla U. Allora ciò che noi sentiamo non è propriamente il suono della B, ma della A o della U con un colpetto iniziale, il quale però si trova (o si dovrebbe trovare) già nel luogo ove si formerà la vocale successiva. Da qui discende che se io sono in grado (ovvero il mio fiato) di far nascere la vocale esternamente, già quel "colpetto" della B nascerà nello stesso posto. Questo è un fatto di una certa rilevanza, perché le consonanti difettose possono comportare problemi alla correttezza delle vocali che seguono, e infatti molto spesso devo lavorare con gli allievi su punti particolari di un brano dove sembra inspiegabile perché una certa vocale non viene bene, nonostante la stessa vocale magati sia corretta in un altro punto, anche sulla stessa nota, e questo è spesso dovuto a una consonante diversa, che in un caso è più "fuori" e nell'altro meno. 

venerdì, marzo 11, 2022

Non basta la volontà

 Ascoltavo Di Stefano in Tosca, nel 53, quindi ancora giovane, e sono desolato di sentire che a migliaia di note meravigliose, molto ben pronunciate, ne alterna alcune decine pessime dal punto di vista dell'emissioni, e purtroppo anche "sgangherate" dal punto di vista della dizione. Sicuramente lui le voleva dire perfettamente, ma il suo organismo non glielo consentiva. Non basta la volontà di pronunziare, ci vogliono le condizioni! La prima condizione ineludibile è il fiato giusto. Molti pensano che facendo esercizi respiratori si può arrivare a... quello "giusto". Ma, riflettiamo, come fa il nostro sistema a comprendere che un certo fiato è quello che ci serve per emettere una certa vocale a una certa altezza e con una certa sonorità? Non può se non glielo insegniamo, se non glielo facciamo capire, quindi ci vuole una graduale educazione, che consisterà nell'esercitare le parole e quindi le vocali partendo da dove sono già discrete o buone e salendo e scendendo gradualmente in modo da far sì che il fiato si sviluppi (e poi si evolva) nella direzione da noi voluta. Nel tempo si assisterà "magicamente" al fatto che ogni vocale migliora alle varie altezze e diventa NATURALE anche laddove non parliamo comunemente. Forse sfugge, a molti, che al di fuori di un certo range la pronuncia diventa difficile se non impossibile. Ma questa impossibilità non è "eterna", non è un meccanismo immutabile; il nostro è un organismo biologico e come tale mutevole e adattabile, quindi è possibile far sì che si modifichi nella direzione di un'esigenza che noi avvertiamo. Quello che però è altrettanto fondamentale è non volerlo per e con forza, perché ci facciamo un nemico, molto agguerrito, che non possiamo sconfiggere. Al contrario, è molto bravo a farcelo credere allentando le reazioni, ma poi tornando a toglierci i progressi fatti appena ci voltiamo, cioè ogni volta che smettiamo di allenarci fisicamente. Non è questa la strada. Però la conquista è assolutamente possibile. Volerlo è un buon inizio, ma anche la volontà va coltivata, bisogna sentirlo fin nel midollo e non trascurare niente. Iniziare un percorso che ha come obiettivo la perfezione, può sempre portare a ottimi risultati, ma se non si punta là, non ci si illuda che essa possa arrivare grazie a qualcun altro. Siamo sempre noi in prima persona gli artefici del nostro destino.

venerdì, marzo 04, 2022

Come lo spiego?

 Giorni fa, producendo una vocale in modo particolarmente efficace, mi sono chiesto: ma come faccio a spiegare questo fenomeno? Chi non lo ha mai fatto non lo può immaginare; figuriamoci quegli insegnanti per non dire quei foniatri che vorrebbero spiegare come si canta! L'arte del canto, l'arte vocale, per meglio dire, è qualcosa che non possiamo comprendere razionalmente, attiene alla sfera spirituale e metafisica. Certo, con una disciplina sapientemente elaborata e decine di esempi durante ogni lezione, si può arrivare a far sì che ogni allievo possa conseguire quel risultato strabiliante, ma in quali tempi? Io so che in un tempo accessibile sono riuscito, grazie a un maestro straordinario, unico, ad arrivare al 95% del risultato, ma grazie anche a una passione e una volontà ferrea, con meditazioni ed esercizi giornalieri. Ma quell'ultimo 5% ho dovuto sudarlo con un'applicazione ancor più tenace e meticolosa. Ha voluto dire rileggere centinaia di appunti, focalizzare i punti oscuri o non pienamente compresi, meditarci sopra a lungo, provare e riprovare... poi il "miracolo" è successo da solo, quando il tempo era maturo. Come faccio a spiegare alle persone che hanno sempre attaccato questa scuola mettendone in discussioni le basi e il pensiero, se non hanno mai sentito cosa si può fare con una emissione perfetta? E continuano a imperversare con idee e concetti magari anche interessanti, ma che non sono coerenti, non poggiano su fondamenti granitici e che possono chiudere il cerchio della verità, della coerenza, delle relazioni univoche? Ma a parte questo, di cui tutto sommato non è che mi interessi poi tanto, il problema è come spiegare tutto questo agli allievi, che sono ben consci di quale meraviglia sia la vera arte del canto e siano fortemente motivati a raggiungere il risultato più alto. Ma a un certo punto cominciano a chiedere (o chiedersi): ma quando giungerà? Eh... quando il tempo sarà maturo. E quando sarà maturo? Mah?! chi lo sa... potrebbe anche non arrivare mai? beh, purtroppo sì, perché l'arte non è per tutti, e entrarci vuol dire davvero farlo con tutti noi stessi, e forse non tutti hanno un obiettivo così elevato, non hanno da dedicare tutto quel tempo e quel lavoro delle meningi, del pensiero. Non tutti sono disposti a porsi e porre domande su domande su ogni più piccolo particolare del canto e a voler rivelare a sé stessi tutta la verità che lo circonda e lo rende verità. Non basta ciò che dico, non basta il mio esempio. Non bastano, anzi meno ancora, i quasi mille post di questo blog. L'arte è qualcosa che necessita che il soggetto a un certo punto prenda in mano la situazione (come si dice: prenda il toro per le corna) e si metta in gioco, si ponga la domanda chiave: voglio veramente con ogni mia fibra raggiungere quell'obiettivo? E dunque se è così, non solo mentalmente, ma con verità d'animo, sappia che dovrà completare da sé l'ultimo tratto del percorso, si troverà solo di fronte a quell'ultima, impervia, difficoltà. L'insegnante ci sarà sempre, ma il suo ausilio, a quel punto, potrà essere solo morale. Non dico questo per spaventare, ma per far comprendere che non c'è scuola che possa far raggiungere pienamente la perfezione, se non c'è la totale partecipazione personale. E' la storia del ponte; non può costruirlo tutto un solo artefice da un lato, e non è nemmeno detto che sia solo il cinquanta per cento; come ho detto un buon insegnante può sostenere "quasi" tutta la disciplina che conduce all'arte, ma a entrarci potrà essere solo il soggetto in prima persona. Quindi qualcuno potrebbe ragionevolmente chiedere: "dunque tu non puoi insegnare il 100%; non potrebbe essere un tuo limite?" Al di là dei miei possibili limiti comunicativi e didattici, che possono sempre sussistere, posso dire con certezza che qualunque insegnante non può educare un soggetto al 100% se non c'è una sua predisposizione, perché l'arte non può essere insegnata in modo totale, solo l'allievo può o non può raggiungere quel livello se ha in sé il seme della perfezione artistica in quel determinato campo. Naturalmente raggiungere un 95% è già una conquista che ha del miracoloso, sia ben chiaro, e raggiungere quel livello non significa certo accontentarsi! Ma il maestro che "vede" il 100, lo chiede, lo agogna da tutti i suoi allievi, non accetta niente di meno, quindi si crea un problema relazionale, perché non è lui quello che può "tirar fuori" quell'ultima piccola ma enorme percentuale che manca; stimola e "punzecchia" l'allievo affinché ci metta, davvero, l'anima, ma ognuno può dare solo ciò che il suo spirito è riuscito a esprimere e manifestare, nella lotta con il suo fisico, la sua mente, il suo istinto e il suo ego. E come dice il Maestro al termine della poesia "pallide aurore", "... e pochi, solo pochi, avran capito". 

PS: in cosa consiste concretamente quell'ultimo passo? nella presa di coscienza. La maggior parte delle persone credo che a forza di sentire esempi, seguendo l'opportuna disciplina, potrebbe arrivare a un'emissione di alto livello, ma così si tratterebbe di un'imitazione, di una superficiale conquista, che potrebbe durare qualche tempo, ma non per sempre! Se il cantante non ha coscienza piena di ciò che gli ha permesso di raggiungere quel livello, significa che l'istinto non è superato, non può essersi formato un "nuovo senso", non può essersi avvicinato al limite invalicabile, condizione fondamentale per sublimare il gesto e renderlo parte della nostra esistenza, se questa è la condizione in cui viviamo, se questa è l'esigenza che realmente ci spinge verso quella conquista.