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venerdì, dicembre 17, 2021

La tensione della frase

 Come in musica, ogni frase che pronunciamo sottostà a un processo tensivo, che è fondamentale per la vita della frase stessa, ovvero della sua energia comunicativa. Quando voi ascoltate qualcuno che parla, indipendentemente da quanto sia competente nella materia e quanto volonteroso di argomentare, se non è in grado di instillare tensione, che è poi energia, nel suo discorso, ci annoieremo, ci addormenteremo, non seguiremo i suoi ragionamenti. Nella disciplina di apprendimento del canto, noi abbiamo una doppia necessità, cioè quella di infondere tensione sia dal punto di vista musicale che testuale. E' fondamentale perché ogni qualvolta abbandoniamo la frase al proprio destino, l'energia decadrà e risulteranno carenze e difetti. Per es. se noi abbiamo "Ricordi ancora il dì che c'incontrammo", ci sono dei punti, come la I finale di "ricordi", e quella di "il", che essendo punti deboli, si tende a saltarli. Ma ci sono frasi dove gli "angoli bui" sono ancora più nascosti e dove gli aspiranti cantanti tendono a saltare le vocali. Per es. "me lo ha detto", si tende a spianare in "me l'ha detto", oppure quando si incontrano vocali, ad es. "quello è un", si tende a dire: "quell'e un", cioè si evita di rimarcare l'accento del verbo, sopprimendo anche la prima "o". Ma c'è di peggio. Nell'aria "vaga luna" di Bellini, l'esecuzione più corrente è: "Vaga lu-nàà che inaarge--- ènti", vale a dire che si spezza la frase e anche le parole. Intanto è frequente sopprimere il punto di valore di "va-ga", poi non si mette in luce sufficientemente che l'accento tonico di "Luna" va sulla "U", quindi "na" deve essere àtono, senza accento e quindi a diminuire, infine che le "e" di "inargeeenti", dove cade l'accento tonico, devono restare legate e sonore allo stesso livello, mentre in quel punto ne succedono di tutti i colori. Sto facendo esempi a caso, ma il problema di fondo è far sì che ogni frase mantenga la sua vitalità per tutta la sua durata. Per questo è utile prendere le frasi dei brani che si intendono cantare e ridurli a esercizio su una, tre note in terza e in quinta, su arpeggio di quinta e di ottava o su cinque note contigue, affinché le si impari a pronunciare in modo non solo esemplare, ma tensivamente corrette. Poi c'è la questione musicale. In cosa consiste la tensione musicale? Nel testo può essere più semplice perché conoscendo il significato delle singole parole e della frase nel suo insieme, abbiamo più facilità a trovare i punti forti e quelli deboli, ma nella musica non è sempre così facile. Il compositore come riesce a gestire la tensione? con i contrasti. Ci sono contrasti ritmici, melodici, armonici... Un intervallo estraneo all'armonia, un'appoggiatura, un intervallo difficile o meno usuale, un movimento cromatico, un accordo "lontano" dall'armonia di fondo, un cambio di ritmo, ecc., sono tutti accorgimenti per dare il giusto equilibrio tensivo. La tensione infatti non deve sempre e solo crescere, tutt'altro, è un "gioco" di togliere e mettere in un disegno complessivo, che chi studia musica dovrebbe (!!) conoscere e applicare ai brani. Molto spesso infatti capita che i brani apparentemente semplici vengano bollati di faciloneria e noia, il che è vero, ma solo quando sono male eseguiti, come appunto "vaga luna". Lo stesso capita per alcune arie di Tosti e persino in brani di Mozart. Imparare e meditare su dove vanno gli accenti, dove il brano va "a più" e dove "a meno", come vanno orientate le ripetizioni, anche di piccoli gruppi di note.. C'è un mondo da studiare, e un mondo di gioia da vivere quando queste cose le si fanno, le si sanno proporre e si "rianima" il brano. 

mercoledì, dicembre 08, 2021

La scala immobile

 Per vari motivi, anche psicologici, quando si esegue una scala ascendente si tende pressoché sempre a incrementare l'intensità. Questa pulsione si sposa quasi sempre, nel caso di suoni legati, a "cucchiaiare", ovvero immaginare di prenderli dal basso e dal retro e ruotarli nella cavità faringea per spedirli da qualche parte, a volte verso la bocca, a volte verso la parte alta del volto, per l'idea della maschera, come scritto nel post precedente. Ovviamente questo è tristemente e gravemente erroneo. E' dovuto principalmente a un grosso equivoco, e cioè assimilare i suoni alle vocali. I suoni si formano interiormente e lì restano; le parole, quindi anche gli elementi costituenti, se fatti con piena intenzione significativa, si formano compiutamente all'esterno. Fanno eccezione le consonanti, ma col tempo si noterà che anche il suono derivante dalla consonante, che è sempre legato alla vocale che segue, potrà nascere e svilupparsi fuori. E' molto evidente il fatto che se eseguiamo una scala con una vocale staccando ogni singola nota, avremo un risultato diverso dall'esecuzione con suoni legati, perlomeno nella maggior parte dei casi. Questo perché legando si ha la tentazione di cucchiaiare, cioè di muovere, ruotare, il suono internamente, soprattutto dal basso verso l'alto e dal posteriore verso l'anteriore. Ma il focus, il termine assoluto di attenzione per l'educazione vocale e il canto deve essere la parola pura e sincera, cioè ricca del suo significato comunicativo. Quando questa condizione si manifesta non si potrà fare a meno di notare che è esterna, autonoma, slegata da ogni muscolo e ogni apparato, che ci sembrerà vuoto, non più coinvolto attivamente nella produzione. E anche noi saremo sempre più distanti, ridotti ad ascoltatori, spettatori di quanto avviene, come se non fossimo noi a cantare. 

Allora riduciamo, come è sempre giusto fare, l'esercizio a pochi elementi semplici. Due note contigue, con la stessa vocale. Facendo le due note staccate tra di loro e pronunciando correttamente, senza schiacciare, spingere, ecc., noi otterremo facilmente due vocali uguali; se le leghiamo ci sono molte probabilità che la seconda venga più forte e diversa dalla prima, per quanto detto prima. Il primo tentativo di correzione consisterà nel fare qualche volta le due note staccate e poi cercare di farle uguali nel legato. Ma spesso il giochino non funziona, perché pronunciare perfettamente mentre si legano i suoni sembrerà quasi impossibile. Allora si passa al rilassamento. Prima di cambiare nota, è bene rilassare tutti i muscoli e diminuire un po' l'intensità del primo, dopodiché pronunciare nuovamente sulla seconda nota (facendola anche più piano della prima). Dovrebbe essere migliorata la situazione. Ci si dovrebbe accorgere, a quel punto, che non si agisce più fisicamente, ma si è come costruito un ponte tra l'interno e l'esterno puramente aereo, senza materia, senza sostanza. E' l'alimentazione della parola, che sta fuori. Da questo e analoghi esercizi, si addiviene a comprendere che non esiste più quel legame psicologico tra altezza tonale e altezza interna dei suoni, per cui al salire delle note sale anche "qualcosa" dentro di noi, e viceversa. La cosa meravigliosa consisterà, a un certo punto, che si perde in gran parte la nozione di nota acuta e nota bassa, tutto si svolgerà solo in una dimensione immobile davanti a noi, come se creassimo una sfera vibrante ma impalpabile, che si dilaterà o si contrarrà in base all'altezza tonale e all'intensità, ma resterà immobile nella sua posizione verticale. L'idea di "gonfiare" e ridurre le dimensioni, il raggio, di questa sfera, è l'unico cambiamento da immaginare. 

domenica, dicembre 05, 2021

L'energia per il fiato alto

Tutte le scuole di canto, o quasi, indirizzano i loro allievi affinché mandino internamente la voce in alto. Questo ha creato grossi equivoci, come la questione della maschera, intendendo far sì che la voce venga inviata nelle cavità superiori del volto: naso, occhi, zigomi... come se la voce fosse un oggetto! Che le cavità e le ossa spugnose della parte superiore e anteriore del cranio abbiano una parte non marginale nell'amplificazione vocale, è indubbio, l'errore. grave,. sta nel ritenere che "la voce" debba essere inviata in quelle zone. Oltre a essere quasi impossibile, se non innescando vari difetti, è sciocco, velleitario, illusorio. Pensare di alzare la voce, ovvero le vocali, le parole, laddove non possono essere articolate, giacché gli organi articolatori sono nella meccanica oro-faringea, è una cosa assurda, così come lo è ritenere che la voce debba salire oltre la fossa nasale, senza contare che si chiede di alzare il velopendulo laddove questa operazione impedisce di fatto alla voce di passare a quello spazio. E senza contare poi che il cercare di salire oltre la bocca significa anche alzare la base del fiato dal diaframma, togliendo appoggio. Ma se voi provate a negare la maschera, vi salteranno addosso come foste eretici, perché ormai è "il verbo". Per la carità, se vogliamo intendere "canto in maschera" come un canto bello, sonoro, ricco, espansivo, ecc., mi sta bene, purché non gli si voglia attribuire una accezione fisica. L'errore sta in quanto dicevo prima, cioè volere alzare la voce oltre il palato, che è in realtà è una presenza fondamentale, è colui il quale, grazie alla sua piega, fornisce alla colonna di fiato-voce, il punto di appoggio superiore che consente il controllo diaframmatico, almeno per un certo periodo, impossibile con altri velleitari metodi. 

Cos'è dunque quella sensazione di canto alto, per l'appunto che ha preso il nome di "maschera", sbandierato ai quattro venti? E' la diffusione vibrazionale del suono che si va a infrangere sull'osso mandibolare e nel palato alveolare, giusto dietro ai denti anteriori superiori. Quello è il nostro "ponticello", proprio come negli strumenti a corde. E' tramite la concatenazione delle ossa del volto che gli spazi presenti posteriormente donano il loro contributo amplificatorio, collaborando alla pienezza timbrica e cromatica, nonché di volume e intensità. Ma questa qualità non potrebbe esistere se la voce fosse tenuta interiormente, come pure negli strumenti ad arco; la sintesi del processo vocale può solo esprimersi compiutamente oltre il percorso, all'esterno, non "coprendo" i suoni, che rischiano di andare sempre più verso l'interno, ma in quella condizione apparentemente aperta, che ho definito "tutto petto", dove la voce assume una omogeneità e una possibilità di articolazione perfetta, quindi di una dizione attoriale su tutta la gamma. Ma a cosa è dovuta, e come si raggiunge? 

Il fiato-voce, affinché tutto funzioni a meraviglia, deve scorrere perennemente sfiorando il palato. Questo credo che molti lo sappiano e lo cerchino, ma proprio in questa ricerca sta il difetto, cioè la volontà attiva di voler alzare la voce, che invece crea solo tensione. Non è possibile, ovvero è un errore che causa carenze e difetti. E' il fiato il motore di tutto, quindi deve essere la sua energia a far sì che resti e scorra sempre in quella posizione, e questo, capirete, è un impegno davvero rilevante, che il nostro istinto non accetta di buon grado. 

Due sono le azioni didattiche: gli esercizi per allenare il fiato, che non ha senso allenare da solo, ma sempre in combinazione con la voce, ma non solo con i vocalizzi, che sono una dimensione astratta, poco comprensibile dalla mente, ma con il parlato prioritariamente, il più semplice ma vero possibile, poi con sillabe e infine con vocali tratte dal parlato e contestualizzate nella dimensione emotiva, giacché le vocali sono, nascono, da una manifestazione di emozioni. La seconda cosa è il maggior rilassamento possibile di tutti gli organi superiori: bocca, collo, spalle, petto, nuca. Quindi diciamo testa e torace. Questo non sarà per niente semplice nei primi anni di studio, quando potrà essere invece necessario fare esercizi articolatori e impiegare le labbra nel controllo diaframmatico. Ma appena possibile, occorrerà lasciare ogni impegno e ogni rigidità muscolare e provare a rilassare, lasciare andare tutto e mettersi ad ascoltare la voce fuori di noi, non collaborando attivamente, non facendo pressoché nulla, lasciando che la voce manifesti sé stessa come fosse indipendente da noi, dotata di una capacità autopromozionale. La nostra mente non può comprendere questa possibilità, ci guiderà a contrastare, a voler fare per forza qualcosa, a spingere, premere, alzare o abbassare, tirare, schiacciare in qualche modo, usando i muscoli, le ossa, le articolazioni. Quando si innescherà quel fiato virtuoso in grado di promuovere la voce a gesto artistico compiuto, sarà come aver compiuto una magia. La voce diventerà forte, ricchissima, piena di colori, di volume; non esisterà più l'altezza tonale, tutta fuori e legata indissolubilmente alla parola, che non dovrà mai mancare. 

E' "gratis"? No, non ci costerà niente in termini fisici, si può cantare all'infinito, ma avrà un elevato costo nel fiato, perché quell'energia indispensabile per mantenere l'altezza la si pagherà, almeno per un certo tempo. Allora si potranno comprendere certe frasi di grandi cantanti, tipo "si canta con tutto il corpo", o "si canta tutto in falsettone". E sì, perché l'annullamento dei registri, rende la voce talmente priva di peso muscolare, fisico, da sembrare un falsetto gigantesco, che vive solo di fiato, senza altro sostegno. 

In ogni modo le regole sono: non pensare di alzare il suono, lasciarlo scorrere e sentire la pronuncia perfetta sulla punta di esso, esternamente. Piano piano si alzerà da sé mettendo in moto tutto un processo respiratorio in evoluzione energetica. Rilassare, lasciare andare senza intervenire. ... TOGLIETEVI DI MEZZO! Non disturbate il vostro corpo e il vostro spirito, che sanno cosa fare, voi mettete solo i bastoni fra le ruote. Non siate presuntuosi, credendo di saper fare cose che neanche vi potete immaginare. L'umiltà consiste proprio nel lasciare andare. Limitatevi ad ascoltarvi nell'ambiente, e non vi dovete MAI vergognare di sentire una voce semplice, vocali vere e pure, parole significative. Abbiate fede e fiducia in voi stessi, nel vostro fiato e nella vostra possibilità di fare arte. 

venerdì, dicembre 03, 2021

"Tutto petto"

 Alcuni anni fa c'era una simpatica pubblicità, anche se con una punta di cinismo, in cui un (presunto) Babbo Natale veniva scoperto da un bimbo in cucina ad abbuffarsi; però a quel punto il bambino voleva partecipare al banchetto e quindi il Babbo in atto di mettergli qualcosa nel piatto, gli chiedeva: "petto o coscia?", il bambino, come sempre, sorridente gli rispondeva: "Coscia", al ché il dispettoso intruso, con malefico ghigno gli mostrava la padella: "tutto petto", mortificando il povero bambino, che rimaneva all'asciutto. Ovviamente questo non c'entra niente con quanto vado ad esporre riguardante il canto, era solo per introdurre l'argomento con un sorriso e con un riferimento verbale, il petto.

Come è stranoto, il settore centro-grave della voce umana viene storicamente definito "registro di petto", da una antica sensazione di vibrazione delle cavità toraciche attraverso i legamenti della laringe all'osso sternale. La studio anatomico della laringe ha in seguito osservato che i cosiddetti registri sono dovuti ai diversi atteggiamenti delle corde vocali, al coinvolgimento di muscoli intrinseci o estrinseci alla laringe stessa e ai movimenti complessivi delle cartilagini. 

Altra cosa nota è che il parlato comune si esplica nel registro di petto, almeno per la quasi totalità del genere maschile, e poco meno nel genere femminile. Qualche maschio, perlopiù per problemi nel periodo della muta, talvolta resta in quella modalità nota come "falsetto" (inteso della donna). Un tempo molto più donne di oggi parlavano in falsetto, ma questo toglieva autorità, e per volersi adeguare alla figura maschile, anche le donne hanno preso a parlare più diffusamente in registro di petto.

Per contro è successo che in campo femminile, più facilmente in campo sopranile, in tempi recenti si è andata consolidando, per motivi assurdi, la tendenza a evitare il più possibile il ricorso al registro di petto, preferendo anche nelle note centrali, sempre quello di falsetto-testa, adducendo come ridicola spiegazione che quella è la voce "impostata". Conseguenza di simili idiozie è che le voci femminili che vengono indirizzate in tal modo, perdono gran parte della loro pienezza nella zona centrale e si privano di un fondamento per tutta l'educazione vocale. 

Per la verità, due sono le motivazioni sostanziali per questa scelta: la mancanza del "passaggio" e le risonanze "in maschera". Per tutte le voci, da sempre, si è sempre posto il problema del cosiddetto passaggio dal registro di petto a quello di falsetto-testa. Per le donne dotate di un robusto registro centrale, resta spesso il problema di un difficile amalgama con un falsetto che nelle note centrali è alquanto fievole. Renderli continuativi senza scalini e "singhiozzi" è molto difficile (e di questo parlerò tra poco), per cui fare tutto in falsetto è la strada più facile, ma anche la più sbagliata. L'altra questione, nata con tutta la teoria della "maschera", è che il petto sarebbe "basso", cioè non in maschera, mentre lo sarebbe il falsetto-testa. Anche questa è una teoria ridicola. Intanto tutta la questione della maschera è una teoria piuttosto artificiosa e soggettiva, che crea più carenze e difetti che vantaggi, ma che il petto non possa avere le stesse virtù amplificative del falsetto, non sta né in cielo né in terra. E lo stesso dicasi per l'idea della voce "impostata", che crea solo artifici e ingolamenti.

Tutta la materia dei registri è, tanto per cambiare, legata alle carenze respiratorie, non intese in senso quantitativo, ma qualitativo, ovvero energetico. Il nostro sistema corporeo individua gli aspetti e i tratti ove è necessaria energia, e naturalmente la sottrae laddove non è necessaria. Necessario inteso in senso vitale. La voce parlata comune, essendo compresa nel nostro DNA, è considerata se non primaria, comunque rilevante, Viceversa, per tutto il resto della gamma, l'energia respiratoria non è più considerata necessaria, e quindi è carente per le nostre necessità vocali canore. I più ritengono che la respirazione sia carente sotto l'aspetto quantitativo e quindi fanno molti esercizi per aumentarla, ma questo, pur non essendo negativo, a meno di compiere errori di irrigidimento, non contribuisce al miglioramento vocale. Quello che poco è compreso è che la respirazione deve essere ABBINATA alla voce se si vuole che si sviluppi e cresce in senso qualitativo energetico. 

Il settore cruciale per le donne è soprattutto quello centrale, per gli uomini l'acuto (poi anche per le donne, ma in misura minore). 

Esercitando il parlato femminile in zona di falsetto (fa3-do#4), i problemi si presentano in modo evidente. La maggior parte delle donne ha nette difficoltà a pronunciare in modo convincente, ma molte lo fanno proseguendo in registro di petto, il che è possibile, ma con diversità soggettive in base al tipo di voce. Le voci molto leggere sono in grado di salire anche fino e oltre il do4 con un petto brillante, non particolarmente urlato, e talvolta anche gradevole. Sono le voci che perlopiù si dedicano a generi come il pop, il jazz, il blues, il rock... difficilmente sono voci che possono dedicarsi alla lirica, ma ci sono diverse eccezioni. Altre voci hanno nette difficoltà a salire di petto oltre il sol-la, e se ci provano vanno incontro a rotture improvvise. Inoltre anche quando ci provano, gridano in modo esacerbato e inopportuno. 

Come ho scritto e divulgato in tutti i modi possibili, mediante i giusti esercizi, si può provocare una EVOLUZIONE respiratoria in senso vocale, per cui piano piano si genera una condizione del fiato tale per cui accanto alla attività fisiologica esso svolge una funzione di ALIMENTAZIONE perfetta della strumento vocale. Quando ciò viene raggiunto, noi subiamo anche una modificazione fisio-anatomica per cui durante il canto non incontriamo più le due condizioni dette registri, ma restiamo su tutta la gamma in un unico atteggiamento che possiamo definire "corda unica", dove le corde vocali graduano gli atteggiamenti che definiamo registri, che restano quasi sempre entrambi presenti, tranne proprio nelle sezioni estreme. 

Ma torniamo alla base. La cosa più interessante, evidente e meravigliosa, è che salendo dalle note più basse a quelle centrali, dove prima c'era lo scalino e la persona si sentiva quasi rassicurata nel sentire che era entrata nel registro di falsetto, ora si prosegue sentendo che si può parlare in modo franco, sincero, recitante, diretto. Questo all'inizio spaventa, perché si ha il dubbio di essere ancora nel petto (la qual cosa dovrà essere rilevata, eventualmente, dall'esperto maestro). Ma se così non è, ecco la meraviglia: si parla davvero intonando, senza alcuna diversità, senza scalini e cambi di colore. Un obiettivo tanto straordinario quanto di lungo e paziente raggiungimento. Purtroppo anche la psicologia qui ha un ruolo. La cosa ancor più meravigliosa è che la conquista di questo livello di perfezionamento non solo permette la recitazione infallibile del testo, rendendo artisticamente molto più avanzata l'esecuzione sul piano espressivo e musicale, ma permette alla voce una espansione acustica, sonora, nell'ambiente incredibilmente maggiore. E' il raggiungimento del Nuovo Senso Fonico, cioè del superamento di ogni ostacolo istintivo. Non si tratta di crederci o di convincersi, si tratta di avere la fiducia nel proprio fiato, nella pazienza, nella volontà di dedicarcisi con abnegazione e nel concentrarsi sul tutto. Quando si pronuncia una frase, non c'è sillaba, congiunzione, o parola che possa essere sottostimata. Tutto ciò che concorre a esplicitare una frase deve essere perfetto, niente escluso. Ogni vocale o consonante ignorata si "vendicherà" togliendo significato e facendo venir meno l'unità complessiva. Ascoltate più che pensare, che serve a poco. Lasciate che la musica che è in voi possa esprimersi attraverso voi. Gustate le parole di ciò che cantate, senza spingere, senza premere, senza appoggiare, senza girare, senza alzare, senza tirare, senza schiacciare. Parlare e basta, con la semplicità e la scioltezza con cui parlate regolarmente. Questo, ovviamente, quando il vostro fiato ve lo permetterà.